lunedì 6 agosto 2012

Enola Gay

Il 6 agosto 1945 un bombardiere B-29 Superfortress decollò dalla base americana di Tinian nelle Filippine diretto verso la città di Hiroshima, al limitare sud dell’isola principale dell’arcipelago giapponese. Quell’aereo era stato battezzato il giorno prima dal suo comandante, il colonnello Paul Tibbets, con il nome di Enola Gay, in onore della propria madre secondo un’usanza molto in voga nell’esercito americano.
A bordo dell’Enola Gay, c’era un carico dal nome altrettanto amichevole, frivolo se si vuole: Little Boy. L’aereo in realtà trasportava la più micidiale arma di distruzione mai messa a punto dall’uomo in tutta la sua storia: Little Boy infatti altro non era che la prima bomba atomica, messa a punto negli ultimi mesi della guerra dagli scienziati riuniti a Los Alamos nel Nuovo Messico dal governo americano nel tentativo spasmodico di arrivare a possedere l’arma risolutiva prima della Germania di Hitler.
L’impresa, definita Progetto Manhattan, aveva avuto successo, e a Potsdam dove era riunito in conferenza con i suoi alleati dalla metà di luglio, il presidente americano Truman aveva proposto l’impiego della bomba atomica quale mezzo per ottenere la rapida capitolazione dell’ultima potenza dell’Asse ancora belligerante, il Giappone, e “risparmiare” in questo modo vite umane. Gli Alleati, Churchill e Stalin, avevano acconsentito, e così Enola Gay e il suo Little Boy erano stati spostati nelle Filippine. Fu lì che ricevettero l’ordine esecutivo di decollo.
La missione fu definita nei verbali dell’aviazione USA “un successo impeccabile”. La bomba, sganciata sulla città che fino a quel momento era stata risparmiata dai bombardamenti americani, esplose ad un'altitudine di 576 metri con una potenza pari a 12.500 tonnellate di TNT. Il ragazzino provocò circa 130.000 morti immediate, mentre altre 180 000 persone morirono negli anni successivi a causa delle radiazioni. Si calcola che nel 2002 gli hibakusha (i colpiti dalle radiazioni del fallout nucleare), nonostante i 57 anni trascorsi, fossero ancora 285.000.
La vista del primo fungo atomico della storia e la presa di coscienza delle sue devastanti conseguenze ebbero un impatto enorme sul mondo, facendo comprendere a tutti che era finita per sempre l’era delle guerre convenzionali e cominciata invece una nuova era di terrore tecnologico. Il Giappone, prostrato dalla bomba di Hiroshima e da quella sganciata poi tre giorni dopo su Nagasaki, mise da parte ogni velleità di resistenza ad oltranza e chiese la resa.
Le grandi potenze vincitrici della seconda guerra mondiale si gettarono quindi a capofitto nella preparazione del conflitto successivo, la Guerra Fredda, e di quella che sarebbe stata la sua arma principale. Di lì a poco si sarebbe sviluppata una nuova dottrina politica, basata sul cosiddetto “equilibrio del terrore”. Una dottrina destinata a durare a tempo indeterminato.
Enola Gay andò in pensione poco dopo la fine delle ostilità, divenendo proprietà dello Smithsonian Institute, il più importante museo americano. Il suo comandante, quel Paul Tibbets che si dice avesse esclamato la fatidica frase “Mio dio, cosa abbiamo fatto!” subito dopo lo sgancio della bomba, continuò una brillante carriera nell’Air Force americana, ma fu fatto oggetto di odio nella società civile un po’ in tutto il mondo, a causa di quello che ormai rappresentava, per tutto il resto della sua vita.

L’uomo che aveva dato il nome della madre all’aereo che portava il più spaventoso carico di morte della storia riposa adesso in una tomba, a Columbus, Ohio, che non ha nome.

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