domenica 11 agosto 2013

Storie di ordinaria ingiustizia

TRIESTE - Riceviamo, e volentieri pubblichiamo
A.S. è una persona normale, un padre di famiglia, lavoratore. Mai un problema con la giustizia, mai un’intemperanza, mai una lira di tasse non pagata. Una vita da italiano medio, verrebbe da dire, nell’accezione buona del termine. Una sera d’inverno di quattro anni fa, dopo una cena con gli amici, sta tornando a casa. In pizzeria, ha bevuto un boccale di birra, lo standard di sempre.
La strada è bagnata, ha piovuto da poco. La velocità è nei limiti, ci sono curve in serie e anche a volere non si può correre. La macchina è a posto, la guida esperta, ma le insidie sono sempre in agguato. Succede ai piloti di Formula Un o come ai guidatori normali, basta mettere una ruota su una
striscia di segnaletica a terra umida e l’aderenza va a farsi benedire.
E’ un attimo, A.S. perde il controllo del mezzo e prima di recuperarlo va a sbattere contro un cartello di segnaletica stradale. Per fortuna va piano ed è abbastanza lucido, come può esserlo una persona dopo una giornata di lavoro che ha bevuto una birra al pasto. Il cartello stradale è l’unica vittima dell’incidente, oltre al davanti della sua autovettura, semidistrutto (perché con le vetture di oggi basta appoggiarsi con una mano e si lascia l’impronta).
Una signora che abita nei paraggi, credendo di far bene, chiama i vigili pensando che A.S. abbia bisogno di soccorso. Non sa, non immagina che lo sta condannando a un calvario senza fine. Siamo in Italia, la normativa stradale è diventata molto rigida, come quella dei film americani che abbiamo visto per una vita. Siamo in Italia, e se si ha la disgrazia di essere italiani cittadini registrati, per di più persone normali senza “amicizie” o “conoscenze” quella normativa ce la vediamo applicare fino alle estreme conseguenze, e - come vedremo - anche oltre.
I vigili arrivano subito. A.S. deve sottoporsi agli accertamenti di rito, tra cui la prova dell’etilometro. La normativa prevede una soglia di 0,5 g/l (grammi/litro) per la concentrazione alcolemica nel sangue. Al di sopra (e un boccale di birra ci va ampiamente) si è colpevoli. Ritiro immediato della patente con sospensione per un anno, sanzione amministrativa da determinarsi a cura del Tribunale a cui A.S. dovrà presentarsi al termine di quell’anno, con possibilità di erogazione di sanzioni accessorie, obbligo di frequenza di strutture sanitarie preposte alla prevenzione dell’alcoolismo, sequestro giudiziario del mezzo, che resta sotto la sua responsabilità di custodia a disposizione dell’autorità giudiziaria fino a sentenza definitiva, e relativo obbligo di pagamento di bollo.
Se avesse ammazzato qualcuno, A.S. sarebbe conciato meno peggio. A quest’ora ne sarebbe fuori. Se fosse uno dei clandestini che guidano senza patente sulle nostre strade (anche facendo vittime) non ne parliamo. A quest’ora avrebbe fatto fuori qualche altro cartello, e sicuramente non avrebbe speso una lira di quelle che invece A.S. deve cacciare fuori. A parte l’avvocato, perché in Italia non è possibile difendersi da soli (ammesso di capirci qualcosa nel groviglio di leggi che abbiamo sopra la testa), c’è da pagare la sanzione amministrativa che arriva puntuale dopo un anno, 2.000 euro circa (per un cartello stradale), ci sono da pagare le spese di giudizio, c’è da trovare il modo di andare a lavorare per un anno (non proprio dietro casa), c’è da conservare il mezzo incidentato fino a dopo la sentenza. 
Già, perché se al trasporto di se stesso A.S. fa fronte grazie al buon cuore degli amici, per far fronte alla seconda esigenza la legge stessa gli mette non poco i bastoni tra le ruote. Il suo posto macchina dal 2010 è occupato dal mezzo incidentato, ormai un ammasso di lamiera rugginosa, con buona pace del condominio che comincia a risentirsi. E meno male, perché un posto in un garage o nella depositeria comunale sarebbe costato dio solo sa quanto. La macchina nuova, quando A.S. può ricomprarsela, se ne sta in compenso nel mezzo di strada.
Ma non è finita. Arriva la sentenza, va in giudicato perché A.S. non fa ricorso, frequenta gli alcoolisti anonimi, paga tutto da bravo cittadino e... scopre che c’è stato un errore nel dispositivo, il processo è nullo di diritto, la macchina non può essere rottamata proprio perché un nuovo processo deve essere celebrato, ma non subito, bensì con i tempi della giustizia italiana. Cioè con tutta calma. Il giudice che ha fatto l’errore, in forza di un referendum che il popolo italiano votò tanti anni fa, sarebbe responsabile anche in solido dei danni causati, ma come diceva il sommo poeta Dante Alighieri: “le leggi son, ma chi pon mano ad elle?
Manca una legge attuativa che richiami un magistrato cialtrone alle sue responsabilità, come qualsiasi altra categoria professionale. Manca una norma procedurale che ovvii in via breve a simili situazioni. Si riparte da capo. A.S si riprende un avvocato (a sue spese) e si ripete il tutto, abbiamo scherzato. Questa è la storia. Non è quella di Berlusconi, che comunque le risorse per difendersi bene o male le ha avute e le ha. A una persona normale, la nostra giustizia può rovinare la vita per niente. E almeno in questo è veramente uguale per tutti.

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