mercoledì 2 ottobre 2013

L'ultima cavalcata di Ringo

L’ultima cavalcata di Ringo non si è conclusa a Tucson, Dodge City, Laredo o in qualche altra località di quelle rese immortali dal Western all’italiana. Il suo cavallo l’ha disarcionato a Cerveteri in provincia di Roma, dove viveva con la moglie, la giornalista RAI Baba Richerme e due figlie. Giuliano gemma è morto ieri all’ospedale di Civitavecchia dove era giunto in fin di vita a seguito di un grave incidente stradale occorsogli presso la cittadina laziale. Nell’incidente sono rimaste coinvolte altre due persone, le cui condizioni non sono gravi.
L’attore aveva 75 anni, era nato a Roma il 2 settembre 1938. Al cinema aveva cominciato giovanissimo. Pur desiderando diventare uno sportivo, in realtà la sua carriera aveva preso le mosse da Cinecittà, la Hollywood sul Tevere degli anni cinquanta, dove Giuliano spesso era stato impiegato come stunt-man, e a volte come comparsa, nei kolossal storici in voga in quegli anni, i cosiddetti “peplum”, o volgarmente “sandaloni”, i film in costume. La comparsata da centurione in Ben Hur di William Wyler aveva segnato il suo debutto nella recitazione. Il suo primo personaggio da protagonista era stato poi l’eroe epico Maciste.
Sul set di uno di questi sandaloni incontrò Duccio Tessari, regista destinato a fama e successo, che lo lanciò definitivamente nel film Arrivano i Titani. Lì fu notato anche da Luchino Visconti che lo volle nel suo Gattopardo, nel ruolo del generale garibaldino amico di Tancredi interpretato da Alain Delon. Dopo la serie di Angelica, tratta dai romanzi dei coniugi Golon, arrivò la consacrazione definitiva con gli spaghetti western. Duccio Tessari, Sergio Corbucci, Tonino Valerii lo consegnarono alla leggenda del cinema italiano ed internazionale dapprima con il nome d’arte di Montgomery Wood e poi con il suo proprio. Giuliano Gemma resterà sempre nell’immaginario collettivo come Ringo, il cavaliere solitario di Un dollaro bucato e di tante altre avventure nel Far West del nostro immaginario.
Negli anni settanta arrivò anche la consacrazione in un cinema più impegnato. Nel 1976 Valerio Zurlini lo volle nel ruolo del fanatico Maggiore Matis nell’adattamento del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati. Seguirono altri film di grande spessore come Un uomo in ginocchio di Damiano damiani ed Il Prefetto di ferro di Pasquale Squitieri, probabilmente la sua interpretazione più forte e suggestiva.
Negli anni 80, dopo Tenebre di Dario Argento, altri due capisaldi della sua carriera: la divertentissima commedia di Mario Monicelli Speriamo che sia femmina, in cui interpreta il ruolo di Guido Nardoni, il fattore/amante di Elena/Liv Ullmann (“chi vende, unn’è più suo!”), e poi il ritorno al vecchio amore, il western, nei panni dell’eroe per antonomasia, il ranger Tex Willer in Tex ed il Signore degli Abissi.
Dopo Tex, dopo l’apoteosi conseguita interpretando finalmente un personaggio inseguito per 30 anni, fu come se al cinema avesse dato tutto e dal cinema tutto avesse ricevuto, e si era dedicato soprattutto alle fiction televisive. Nella sua bacheca faceva bella mostra un David di Donatello, un Globo d’oro ed un Nastro d’argento alla carriera (oltre 100 film interpretati) e tre Premi de Sica. A 75 anni conservava un aspetto estremamente giovanile. Al Giffoni Film Festival, nel luglio scorso, gli avevano chiesto qual era il suo segreto per non invecchiare mai. La sua risposta era stata “l’entusiasmo per la vita, l’interesse per tante cose (aveva l’hobby della scultura, n.d.r.) e soprattutto la passione, una grande passione”.

I lunghi giorni della vendetta sono ormai finiti, riposa in pace Ringo. Sei stato un grande personaggio, e soprattutto una bella persona.

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