mercoledì 20 novembre 2013

Corso Salani torna a Firenze

20 novembre 2013


La 50 Giorni di Cinema Internazionale a Firenze, la manifestazione che con il patrocinio di Mediateca Regionale e Comune di Firenze è stata creata per raccordare tra loro tutti i festival cinematografici internazionali che si svolgono in autunno in riva all’Arno, ha proposto quest’anno l’evento “Per-Corso, tra i nostri autori”. La giornata di ieri 19 novembre è stata dedicata alla rievocazione di Corso Salani, il regista fiorentino prematuramente scomparso più di tre anni fa.
E’ la seconda volta che succede, dopo la retrospettiva dedicatagli “a caldo” nel 2010. Stavolta si è scelto di celebrarlo attraverso quella che possiamo definire la sua eredità, raccolta e curata in primis dall’Associazione che porta il suo nome e formalizzata nel Premio cinematografico parimenti a lui intitolato e che viene da quattro anni a questa parte assegnato alla migliore tra le opere cinematografiche indipendenti e low budget, che si avvicinano appunto alla sua visione del mondo e del cinema.
Il Premio viene attribuito nella manifestazione che da 25 anni a questa parte è assurta al rango di vero e proprio festival del cinema indipendente italiano, una sorta di Sundance nostrano, il Trieste Film Festival, che nella prossima edizione avrà luogo nel capoluogo giuliano dal 17 al 22 gennaio 2014. L’antipasto di ieri del festival fiorentino ha fornito intanto un significativo “dietro le quinte”, attraverso l’incontro con i membri della giuria che ha valutato le opere in concorso nel Premio ed i loro autori, con visione in sequenza di alcuni di questi film. Interessantissima in particolare l’anteprima assoluta italiana de Il seminarista, film realizzato grazie al sostegno del Fondo Cinema della Regione Toscana che il regista Gabriele Cecconi ha dedicato all’amico Salani.

Anche chi scrive ha avuto la fortuna e il privilegio di avere avuto Corso Salani come amico fin dagli anni della adolescenza. Corso era un po’ come Firenze, la città dov’era nato nel 1961 (oggi avrebbe avuto 52 anni). Un mix originalissimo di talento artistico e di umanità capace di rinnovarsi ogni giorno e capace di mostrare sempre nuovi aspetti di sé nei momenti più impensati anche a chi ci aveva fatta l’abitudine per la lunga consuetudine.
Corso Salani poteva essere estroverso e timido nello stesso tempo, con un universo di cose da esprimere dentro di sé e la capacità di esprimerle in mille modi diversi, e tuttavia mai soddisfatto di quelli più comuni, tradizionali, sempre alla ricerca di forme espressive sue, particolari, che prendevano di sorpresa anche chi le aveva viste nascere fin dai primi scherzi tra amici.
Di quegli amici di vecchia data, nessuno si era sorpreso quando Corso aveva comunicato la sua intenzione di intraprendere la carriera artistica nella Decima Arte, il Cinema. Quello era il suo mondo e il suo destino, lo sapevamo tutti. Neppure sorprese la sua scelta di dedicarsi al cinema indipendente, dopo alcune prove d’attore non indifferenti come quel Rocco Ferrante che costituisce lo splendido alter ego del giornalista Andrea Purgatori nel Muro di Gomma di Marco Risi, 1991. Alzi la mano chi non si è commosso dal profondo del cuore quando nelle scene finali Corso-Rocco-Andrea detta il suo pezzo dal telefono fuori del tribunale dove il muro di gomma è stato per la prima volta sfondato.
Il cinema che interessava a Corso, che era nelle sue corde, era tuttavia un altro. Era il cinema indipendente, estremamente personalizzato, intravisto già nella sua opera prima Voci d’Europa, del 1989. Era quella commistione tra documentario e fiction, tra osservazione della realtà e sua rappresentazione poetica che avrebbe pervaso la sua opera fino ai suoi ultimi giorni, trovando la consacrazione nei Confini d’Europa, quei corto-mediometraggi in cui aveva riversato la sua celebrazione delle land’s end del nostro continente come luoghi limite dello stesso spirito umano, di incontro delle diverse incomunicabilità e del proprio sentirsi comunque fuori posto, spaesati. O nel poetico road movie Mirna, riproiettato ieri sera in streaming da Mymovies in collaborazione con la 50 giorni.
Non c’è mai differenza tra l’amore che si legge in un fotogramma e quello che si sente nel cuore”, diceva lui. “Non credo che ci sia molta differenza tra quello che filmo e quello che vivo”. Era vero. Aveva davvero un gran cuore Corso Salani, anche se fu proprio il cuore a tradirlo, lasciandolo a terra quella sera di metà giugno sul lungomare di Ostia. Per chi l’ha conosciuto come uomo ci sono i ricordi di una vita terminata per lui troppo presto. Per chi vuole ricordarlo come regista e ha perso l’appuntamento di ieri, c’è la Fondazione che porta il suo nome e per tutti appuntamento a Trieste a gennaio prossimo.




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