venerdì 6 dicembre 2013

Addio Madiba


JOHANNESBURG (SUD AFRICA) - Stavolta è vero. L'uomo che era diventato il simbolo della lotta all'Apartheid in Sudafrica ed in generale all'oppressione nel mondo intero, uno degli uomini che avevano dato il loro volto al ventesimo secolo, non c'é più. Il grande cuore di Nelson Rolihlahla Mandela detto Madiba, il cuore dell'Africa nera ha cessato di battere ieri sera a Johannesburg, nella sua casa dove era ritornato a combattere la sua ultima battaglia su questa terra dopo l'ultimo ricovero in ospedale a Pretoria nei giorni del suo novantacinquesimo compleanno, quando già si era diffusa la voce prematura della sua dipartita.
A dare l'annuncio ieri sera, colui che gli era successo nella carica di Presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, il quale – visibilmente commosso - ha sinteticamente espresso il sentimento del suo intero popolo con le parole “profonda gratitudine” e ha ordinato un lutto nazionale che prevedibilmente oggi si estenderà ben al di là dei confini del Sudafrica. Difficile dire oggi a che punto sarebbe la causa della gente di colore nel Continente Nero e non solo senza quei 27 anni trascorsi esemplarmente da Madiba nel carcere di Robben Island, durante i quali rifiutò sempre qualsiasi compromesso con la minoranza bianca segregazionista che guidava il paese e che l'aveva incarcerato in quanto leader dell'ala militare Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione) dell'African National Congress, il partito che sosteneva la causa della libertà dei neri.
Non era stato gandhiano Mandela, aveva creduto anche nella lotta armata come via per il raggiungimento della libertà. Ma una volta liberato dal carcere, l'11 febbraio 1990 allorché Frederick Willem De Klerk – l'ultimo presidente bianco del Sudafrica – cedette alle pressioni internazionali restituendo la libertà al leader nero e di fatto ponendo fine all'Apartheid, la sua azione fu soltanto pacificatrice, riuscendo nel miracolo di guidare il suo paese nella transizione verso l'emancipazione della razza nera e verso l'integrazione delle componenti razziali senza praticamente sconvolgimenti né spargimento di sangue.
E al pari di quel Gandhi che era diventato a suo tempo l'icona della via non violenta alla libertà dei popoli oppressi, l'ex guerrigliero a cui il nonno aveva messo profeticamente il soprannome Rolihlahla (“colui che provoca guai”) era diventato uno dei volti positivi e leggendari del secolo in cui era vissuto, e uno dei modelli per gli anni a venire per chi avrà ancora da lottare contro l'oppressione.

Il Sudafrica osserverà adesso 12 giorni di lutto nazionale, prima dei funerali di Stato a cui è facile prevedere che parteciperà il mondo intero, non solo rappresentato dai capi di governo.

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