martedì 30 dicembre 2014

Auf wiedersen, Michael Schumacher. Sei stato il più grande.



 4 ottobre 2012

Mentre a Suzuka Michael Schumacher sta tenendo la conferenza stampa con cui annuncia il suo ritiro definitivo dalle corse alla fine di questa stagione, sono tante le immagini che tornano alla mente. Per chi ha il cuore rosso Ferrari, Schumi è e resterà sempre il più grande, in una galleria di grandissimi.
L’uomo della rinascita, voluto a Maranello personalmente dall’Avvocato Agnelli per riportare alla vittoria nel campionato del mondo di Formula 1 la scuderia del Cavallino dopo vent’anni di amarezze, si presentò ai cancelli di Maranello una mattina dell’inverno 1995. Aveva appena vinto il secondo mondiale consecutivo con la Benetton, allora gestita da Flavio Briatore, un altro che come l’Avvocato di piloti se ne intendeva, e che all’Avvocato non aveva saputo, o voluto dire di no.
Il ragazzo nato e cresciuto a Kerpen, vicino alla frontiera tedesca con il Belgio, dove il padre gestiva un autodromo di kart e dove aveva imparato ad andare più veloce di tutti, aveva vinto nel 1994 di un’incollatura su Damon Hill della Williams, con il quale nell’ultima corsa - sempre a Suzuka - aveva fatto a sportellate mantenendo il vantaggio grazie all’incidente che li mise fuori gara tutti e due (nella migliore tradizione dai tempi di Prost e Senna).
Era l’anno in cui l’automobilismo aveva perso il suo mito, Ayrton Senna, morto a Imola il 1° maggio, ed era disperatamente in cerca di un erede. Lo trovò in questo tedesco di poche parole, che alla prima occasione fece centro, e si ripeté l’anno dopo questa volta con ampio distacco.
Una volta alla Ferrari, Michael si trovò a dover risollevare sia dal punto di vista morale che tecnico una scuderia piegata da anni di batoste. Insieme a lui, altri due fuoriclasse nel loro genere, Jean Todt e Ross Brown, a poco a poco misero a punto una macchina in grado di assecondare un pilota veloce e freddo (quasi sempre) come non se ne vedevano dai tempi di Niki Lauda, anche lui a suo tempo uomo del destino della rossa. La vittoria a Barcellona sul bagnato e poi a Monza, dove i ferraristi soccombevano da anni, portarono subito il campione tedesco nel cuore dei tifosi.
Mancava solo la vittoria mondiale, e dovette aspettare altri quattro anni. Nel 1997, il destino risarcì la famiglia Villeneuve dando a Jacques quello che non era stato concesso a Gilles, vincere e anche sopravvivere per raccontarlo, e in qualche modo i tifosi della Ferrari se ne fecero una ragione. Per quanto avevano voluto bene al padre accettarono la vittoria del figlio, forse ancora di più per una intemperanza di Schumi che all’ultima gara, nel sorpasso decisivo, dimostrò di non essere sempre così freddo come voleva la leggenda.
Negli anni successivi, l’errore di Spa con il tamponamento sul bagnato di un Coulthard già doppiato e l’incidente di Silverstone dove la Ferrari ruppe i freni e Michael ci rimise per fortuna solo una gamba, dettero la vittoria alla McLaren di Hakkinen, che si presentava come un avversario temibile anche nell’anno 2000. Ma a quel punto la macchina rossa ed il campione tedesco erano diventati un tutt’uno. Michael non sbagliò nulla, la Ferrari nemmeno, il mondiale fu vinto a Monza, in casa, con due giornate di anticipo. Ce lo ricordiamo tutti il tedesco (quasi sempre) di ghiaccio con indosso la parrucca rossa a fare baldoria per festeggiare una vittoria attesa vent’anni da tutta l’Italia dei motori.
Per quattro anni, dal 2001 al 2004, fu solo questione poi di capire con quanto anticipo Schumacher avrebbe rivinto il mondiale. Il suo record, sette titoli di cui i 5 con la rossa consecutivi, sarà difficilmente battibile, se non ci riuscirà il suo erede Fernando Alonso, l’uomo che – grazie al solito Briatore, stavolta in Renault – lo spodestò nel 2005 e poi anche nel 2006, grazie anche a un motore Ferrari traditore nella penultima corsa, sempre nella fatale Suzuka. Sazio di vittorie e forse consapevole di avere incontrato un altro se stesso, in quel ragazzo nato molto più a sud, nelle Asturie spagnole, che gli aveva tenuto testa vittoriosamente, Michael fece un figurone, andando a ringraziare comunque i suoi meccanici tutti dal primo all’ultimo e annunciando il suo ritiro alla fine di quella stagione.
Rimase come uomo immagine e consigliere della Ferrari negli anni successivi, il primo vittorioso di Raikkonen e gli altri in cui Felipe Massa cercò la vittoria prima e la guarigione poi da un brutto incidente. Nel 2009, interpellato sulla sua disponibilità a sostituire il brasiliano infortunato, non fu disponibile causa quel mal di schiena che è sempre stato il suo tallone di Achille e il motivo del suo lungo rapporto con il fisioterapista Balbir Singh. Nel frattempo, forse, si era già fatta sentire all’uscio di casa sua anche la Mercedes, decisa a ritornare nel mondo delle corse in proprio e non più in sodalizio con  una chiacchieratissima McLaren.
L’annuncio bomba del ritorno di Michael alle corse nel 2010 alla guida di una monoposto della casa di Stoccarda movimentò il mondo della Formula 1 forse più di quello del passaggio di Fernando Alonso alla Ferrari. I cui tifosi si divisero tra quelli che non potevano ignorare i battiti del loro cuore e quelli che si sentirono traditi. Ma Schumi aveva ignorato il noto proverbio secondo cui gli eroi muoiono giovani (nel suo caso, per fortuna, solo metaforicamente). Sfidare la sorte che gli aveva dato così tanto per tentare un secondo miracolo, far rinascere la Mercedes dopo averlo fatto con la Ferrari, non si dimostrò pagante. In tre anni la Mercedes ha avuto risultati paragonabili a quelli della Toro Rosso e della Force India, e vedere Schumi tamponare come un pivellino il francese Verne a Singapore per colpa di freni che non funzionano è stato un momento molto triste. Forse Schumi ha capito lì che il destino non paga due volte, e che è bene che la gente si ricordi dell’altra sua vita, quella in cui lui era il numero uno.
La conferenza stampa nel frattempo è finita. Michael ha fatto gli auguri al suo successore, quel Lewis Hamilton strappato a sorpresa all’ex partner McLaren che l’aveva cresciuto ma che non lo fa vincere più. In testa al mondiale c’è il tedesco di Spagna Fernando Alonso. E’ ora di godersi la sua splendida famiglia, e i continui ritorni ad un Albo d’Oro – nei prossimi anni – che non sarà modificato tanto presto, almeno per quello che riguarda il vertice.
Auf wiedersen, Michael. Du bist am moisten grossen. Sei stato il più grande. Con Fernando la tua rossa è in buone mani.

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