mercoledì 20 maggio 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: L'UOMO NERO

L’illusione della Curva Fiesole dura giusto lo spazio dell’afoso pomeriggio che precede Fiorentina – Parma. Poi, prima ancora che le squadre scendano in campo, arriva la risposta di Andrea Della Valle. Secca. “Chi attacca Cognigni, attacca la famiglia Della Valle”.
Quando le cose a Firenze, calcisticamente parlando, non vanno bene, il tifo più o meno organizzato rispolvera il vecchio cavallo di battaglia: vogliamo la testa di Mario Cognigni. E’ il capro espiatorio prediletto di chi concentra l’attenzione sulla parte mezza vuota del bicchiere viola. Per la verità, in questa stagione sembrava che il bicchiere potesse riempirsi quasi fino all’orlo. Poi sono arrivate le sconfitte casalinghe con Juventus e Siviglia, a spazzar via altrettante illusioni di poter alzare finalmente un trofeo, il primo della gestione Della Valle.
Di colpo, il Re è apparso più nudo di quanto le magie di Salah e le parate di Neto avevano mostrato per tutto il girone di ritorno del campionato. Per parafrasare l’inno viola, dall’ora di vittoria siamo passati a quella di sconforto nel giro di un mese scarso. La Fiorentina ha aperto l’Uovo di Pasqua e ci ha trovato la consapevolezza di non essere ancora all’altezza delle squadre a cui bisogna disputare quel benedetto trofeo. Manca meno che in passato, ma manca ancora qualcosa. Qualcosa che ci si era illusi di aver già in casa e che invece si è rivelato insufficiente. Ed è di nuovo caccia alle responsabilità, tra i vertici di una società le cui braccia appaiono di nuovo “corte”.
Ma il Re sarà anche nudo, però non si tocca. Il 2002 a Firenze è stato uno spartiacque, un Anno Zero i cui effetti soprattutto psicologici sulla tifoseria dureranno a lungo. La quale tifoseria è spaccata in due come non mai. Da una parte i cosiddetti rosiconi, quelli che già dalla fine del ciclo di Prandelli vorrebbero un avvicendamento alla proprietà della squadra del cuore (fatto salvo il fatto che è dai tempi di Ugolino Ugolini che non si fa avanti un imprenditore fiorentino realmente verace a rilevare la Fiorentina, e a quelli di “fuoriporta” c’è da stare molto attenti, perché girano personaggi non meglio definiti e i tanto favoleggiati arabi per ora si tengono ben alla larga da un Belpaese in cui investire capitali è più problematico che mai).
Poi ci sono tutti gli altri, coloro che in varie gradazioni non mettono in discussione il padrone. Perché, come recita un “mantra” di grande successo: se vanno via questi, chi ci piglia? La paura di tornare a Gubbio a spalare la neve è evidentemente per molti un trauma insuperabile. Oppure, per altri, c’è semplicemente la considerazione che Firenze, come potenzialità economiche, non è Roma o Milano, per non parlare di Londra, Parigi, Madrid, Barcellona o Monaco di Baviera. E come ha ricordato il buon Montella recentissimamente, questa di adesso se non è la nostra dimensione, il nostro kharma, poco ci manca.
E dunque, se i della Valle non si toccano, e non si tocca nemmeno Montella (al massimo gli si scrivono lettere aperte che è lecito aver qualche dubbio che egli leggerà mai), su chi si va a sfogare la rabbia per la figuraccia nella notte del “si pole fare”, l’ennesima delusione a un passo dall’agognato trofeo (la finale UEFA sarebbe stata contro il Dnipro già barcocchiato andata e ritorno l’anno scorso) e la presa d’atto che ancora una volta – al momento critico della stagione – i giocatori difettano di carattere e i dirigenti difettano di “braccino”?
Suona dunque di nuovo l’ora di Mario Cognigni, l’uomo più detestato dai tifosi viola, senza se e senza ma. Da quando nell’800 fu inventata la monarchia costituzionale, i Re d’Europa tirarono un sospiro di sollievo. Al loro potere diminuito soltanto in apparenza corrispondeva la perdita di responsabilità. Se c’era da linciare qualcuno la folla inferocita andava a prendere a casa il primo Ministro, e non assaltava più Palazzo Reale. Il Re – nudo o vestito – era comunque salvo.
Hai voglia a tentare di spiegare al tifoso medio che se da nove anni circa Mario Cognigni tiene ben stretti i cordoni di una borsa che in fin dei conti non è sua ci sarà un motivo. Diego e Andrea Della Valle saranno anche pesci fuor d’acqua in un mondo del calcio sempre più complicato, ma non si può negare loro di essere capitani di industria (ed amministratori) di notevole successo. Tutto quello che hanno toccato finora si è trasformato in oro. Tutto meno la Fiorentina. O per meglio dire, è d’oro anche la Fiorentina, una delle poche società italiane con i bilanci a posto ed in attivo, gli stipendi regolarmente pagati ed un corretto rapporto con il fisco. Se però si guarda alla “ricchezza” della bacheca…..
Dal settembre 2006 Diego ed Andrea Della Valle affidano ricchezze e fortune viola a quest’uomo, praticamente sconosciuto ai più al momento di assumere la carica di vicepresidente all’avvio del campionato della rimonta da -15. Adesso lo conoscono, e lo detestano, tutti. Quando sbarcò a Firenze, il ragionier Cognigni dottore commercialista ed in scienze politiche era già da vent’anni il fiduciario dei fratelli Della Valle nella gestione economica di tutte le loro imprese. Passata la fase “eroica” dell’impianto della nuova società, della risalita dalla C2 e dell’impatto con un campionato di serie A ed una Lega Calcio che guardavano ai nuovi arrivati come corpi pericolosamente estranei, ai fratelli marchigiani parve opportuno – non potendo trascorrere molto tempo nella città di cui avevano acquistato la squadra – coprirsi spalle ed investimenti affidando il tutto all’uomo ed al professionista di cui si fidavano di più.
Mario Cognigni era il principe dei loro amministratori fin dal 1985, da quando i ragazzi Della Valle avevano affiancato il padre in Ditta e avevano stretto amicizia con questo giovane fiscalista di Civitanova Marche, con lo studio a due passi dalla natia Casette d’Ete. Quest’uomo, ha raccontato chi ha lavorato in Fiorentina, trasmette poca o nessuna comunicativa ed altrettanta simpatia personale. Trasmette però esattamente le direttive dei suoi padroni. Sicuramente quelle di Diego, il quale a sua volta – sempre a detta di chi ha lavorato con lui – lascia poco spazio ai sentimenti quando si tratta di rapporti di lavoro.
Da quando la borsa viola è passata in mano sua, alla Fiorentina non si sono più acquistate nemmeno le risme di carta per la fotocopiatrice senza il suo avallo personale (o dell’amministratore delegato Sandro Mencucci con cui ha stretto sodalizio fin dal principio, in virtù delle affinità caratteriali e di formazione professionale). Non c’è stata compravendita di giocatore che non abbia dovuto sottostare al vaglio del suo esame. Tutti gli altri collaboratori dei Della Valle sono finiti o prima o dopo in discussione. Lui mai, né nell’ora di sconforto né tantomeno in quella di vittoria.
Corvino, le cui plusvalenze ancora impreziosiscono i bilanci viola e consentono la conclusione di affari record al calciomercato europeo, fu immolato alla folla che chiedeva una testa per lavare via l’onta del 5-0 casalingo subito dalla Juventus, al termine di due anni nei quali invece del promesso scudetto era arrivata una quasi retrocessione. Fu proprio Cognigni a comunicare a Silvia Berti, mentre squadra e pubblico festeggiavano la qualificazione alla seconda Champion’s League consecutiva, che dal lunedi successivo poteva fare a meno di ripresentarsi al lavoro. Fu ancora lui a prendere in disparte un Prandelli reduce dalla prestigiosa vittoria di Anfield Road contro il leggendario Liverpool (che valeva la qualificazione agli ottavi di Champion’s) ed a suggerirgli che “poteva trovarsi un’altra squadra”.
Di coloro che hanno iniziato il cammino in viola con Diego ed Andrea Della Valle, sopravvivono solo Mencucci (che nel frattempo ha abbandonato la carica di amministratore delegato) e Cognigni, che dal 2009 – dopo la clamorosa abdicazione di Andrea Della Valle – è stato promosso a presidente. Nel frattempo sono volati schiaffi, illusioni, delusioni, ancora illusioni ed ancora delusioni. Altre due volte la Juve è venuta a passeggiare al Franchi, o quasi. E i titoli sono sempre zero. Periodicamente il popolo viola sfoga una rabbia malcelata da risultati parziali contro il massimo che può (o sente di potere) permettersi. Il Re non si tocca, allora vogliamo la testa di Cognigni.
Chi ha conosciuto un po’ di cose della Fiorentina di questi ultimi anni non si è meravigliato alle parole di Andrea Della Valle prima del match con il Parma. Mario Cognigni non sarà mai messo in discussione dalla proprietà, e pazienza se ispira nei tifosi fiducia e simpatia più o meno come quell’Uomo Nero delle favole che ci raccontavano da piccini, per farci stare buoni.

Chi tocca Cognigni torna a Gubbio a spalare neve. Andrea non ha detto così, ma il senso più o meno è quello.

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