venerdì 8 luglio 2016

Prove tecniche di guerra civile



Tentare di far ragionare un popolo che ormai ha perso – volontariamente o involontariamente, consapevolmente o in consapevolmente – tutti gli strumenti per una critica della ragione pura, gli assi cartesiani della propria coscienza nazionale e sociale, è una impresa disperata. La si fa a proprio rischio e pericolo, tra l’altro. Ma va fatta.
Emmanuel Chidi Namdi e la sua compagna Chinyery
Premessa. Morire a Fermo dopo essere sfuggiti a Boko Haram è una beffa del destino, prima ancora che una tragedia assurda. Un’altra tragedia, comunque, consegue sempre al parlare e schierarsi prima di avere appreso e compreso i fatti. Come si sono svolti, non come ci piace pensare che si siano svolti. Nei giorni della sentenza sul caso Bossetti, la sindrome di Girolimoni è sempre in agguato, sia che la pancia italiana si riempia di brandelli di Corriere della Sera o di Novella Tremila.
Altra premessa. E’ certo, è ovvio che l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi da parte di Amedeo Mancini ha connotazioni razziste. Direi che possiamo escludere senz’altro motivazioni calcistiche, di corna o di estorsione. Se uno ti dà della scimmia nera, supporre intenti razzisti è lapalissiano. Non c’è bisogno della grancassa mediatica del partito democratico né di una perizia condotta da quotati criminologi per acclarare questo connotato. Passare una intera giornata come hanno fatto ieri quasi tutti i mezzi – chiamiamoli così – di informazione a porsi, e porci, l’atroce dilemma non è, appunto, fare informazione. E’ rendere un servizio alla disinformazione. Che poi è proprio ciò di cui ha bisogno quel partito democratico che al momento governa. O sgoverna, che dir si voglia.
Sui fatti di Fermo farà luce, a Dio piacendo e magari per una volta nella vita, l’autorità inquirente. Su quello che ne segue o vi ruota intorno può tentare di fare luce chiunque di noi. Applicando magari le ultime briciole di tecnica di ragionamento che ci sopravvivono dai tempi di Kant, Cartesio e altri i cui nomi e le cui referenze sui media non si trovano citati.
L'arresto di Amedeo Mancini
A pensar male, diceva Andreotti…… uno che di pensieri maligni a suo tempo ne ha alimentati parecchi, a torto o a ragione. Sarà un caso, ma in questo paese quando un governo va in crisi, va sotto, rischia quello che sta rischiando il governo delle larghe intese messoci in testa dagli ultimi due presidenti della repubblica (che poi è diventato un governo PD a collo torto, più Alfano, più Verdini, una splendida intesa), puntualmente succede qualcosa di tragico che ricompatta il paese attorno ai buoni sentimenti.
Il prototipo di questo modus operandi fu brevettato ai tempi del delitto Moro. Mutatis mutandis e fatte le debite proporzioni, nella seconda repubblica e seguenti il giochino – se di giochino si può parlare – viene ripetuto ad ogni pié sospinto al manifestarsi di grandi e piccole difficoltà governative.
Nel 2011 ci voleva una delle crisi economiche più assurde e fittizie della storia d’Europa perché l’Europa stessa ci chiedesse di privarci di un governo democraticamente e liberamente eletto sostituendolo con un altro presieduto e composto da personaggi usciti dal più fosco episodio della Saga di Harry Potter e con nessun’altro fondamento legale che il volere di un anziano signore che al pari del vecchio re d’Italia non avevamo e non abbiamo strumenti per detronizzare, in casi come questo.
Nel 2013, il traballante governo Letta uscito da elezioni che nessuno aveva vinto ma che PD e PDL si misero d’accordo per far perdere ai Cinque Stelle,  fu accompagnato al voto a Montecitorio dagli spari che il folle Preiti indirizzò verso due poveracci di agenti delle forze dell’ordine (si badi bene, non due parlamentari, di cui la piazza era piena appressandosi il voto alla Camera, ma due semplici agenti). Qualcuno ne ha saputo più niente? Né di lui né delle sue vittime?
Anno domini 2016. Matteo Renzi si è mangiato tutto il consenso che a torto o a ragione  gli era stato destinato due anni fa, addirittura creando all’interno del suo partito qualcosa che non era mai esistito: una minoranza ufficiale e apertamente in dissenso. Perde le elezioni amministrative con un margine storico negativo per ritrovare il quale bisogna forse risalire al 1919, e le perde addirittura in più comuni – a suo dire – di quelli che risultano presenti sul territorio italiano, se non abbiamo studiato male geografia.
O con me o contro di me, dice l’ex ragazzo di Rignano, e trasforma il referendum costituzionale del prossimo ottobre in un plebiscito contro se stesso ed il proprio regime. Sembra Honecker negli ultimi giorni della D.D.R., nel 1989. Lo stesso PD sembra il PCUS sovietico negli ultimi tempi di Gorbaciov, vorrebbe tanto liberarsi del leader ma non sa a che santo votarsi, perché le vecchie alternative sono inguardabili. Nel frattempo, è chiaro che se si vota, il PD sparisce.
Serve qualcosa. Serve – di qui a ottobre – o l’attentatuni o comunque la disgrazia che ricompatti il paese. La Brexit è stata un fuoco di paglia, l’Inghilterra si è già ripresa e ha mostrato a tutti che fuori dall’Europa la vita continua, c’è ossigeno e vita animale e vegetale. Tocca fare la direzione PD, e prendersi gli annunciati schiaffoni. Il NO alla riforma costituzionale passa in vantaggio, perfino per i sondaggisti di regime, come quelli dei telegiornali delle 20,00.
Bossetti è andato in galera a vita, il rotocalco giudiziario è finito. Il colpevole di cui non è stata provata la colpevolezza va incontro al suo destino, e comunque la gente si è già stufata. L’Italia nel frattempo è fuori dagli Europei di calcio. Serve qualcos’altro. La strage di Dacca potrebbe fare al caso, ma se da un lato tocca le corde emotive giuste, dall’altro va a toccare equilibri di politica internazionale che il PD delle cooperative ONLUS e della ricerca spasmodica di una futura base elettorale alternativa non si può permettere di toccare. E poi, diciamoci la verità, Sergio Mattarella è improbabile come testimonial della lotta al terrorismo, non ha il phisique du role, non ha il carisma, e chissà se ha il background, malgrado le sviolinate che gli pervengono dai soliti mezzi di stampa pronti a creare eroi dove non ve ne sono.
E allora? A Fermo un bianco e un nero se le danno. C’è di mezzo il disagio sociale consapevolmente alimentato in questi anni da una sinistra di sgoverno tra le più irresponsabili della storia. C’è di mezzo la storia personale dei due rissaioli, che questo e nient’altro erano prima che la loro vicenda finisse nelle mani dei media. C’è di mezzo anche il razzismo, sì, cari signori. Non viviamo in un mondo perfetto, e abbiamo preteso di andare a toccare con faciloneria equilibri psico-sociali delicatissimi.
Ricordo un amico americano in visita, che quarant’anni fa circa mi diceva, a proposito della questione nera e del razzismo (erano i tempi di ClayAlì che lottava per riavere la corona dei massimi toltagli per il Vietnam, di Rubin Carter Hurricane in galera per un delitto che non aveva commesso e che avrebbe potuto diventare il campione del mondo, come cantava Bob Dylan): «voi non avete idea, non la potete avere e non l’avrete mai finché non toccherà anche a voi confrontarvi con i rapporti tra le razze».
Proteste della popolazione di colore a Minneapolis contro la polizia
Adesso ci siamo. E francamente gli indignados del partito democratico che da ieri battono sulla grancassa del razzismo, dando dell’assassino non solo a Mancini (che lo è) ma anche a tutta quella parte civile e politica che non la pesa come loro, gettano più benzina sul fuoco dell’odio razziale di coloro che intenderebbero stigmatizzare. Ad esempio quella Lega Nord, che a loro dire è un partito che incita normalmente a sparare o malmenare le persone di colore,  e che invece cerca soltanto di richiamare l’attenzione di una opinione pubblica emotivamente infantile e sempre più disattenta su un problema, quello dell’immigrazione, che sta travolgendo il nostro paese. Tra poco senza più possibilità di ritorno.
Nelle stesse ore, a proposito di America, giunge la notizia che nel Minnesota la polizia durante un controllo stradale ha fatto due vittime, due persone di colore. Gli indignados di sinistra, il cui antiamericanismo affonda da sempre le radici nel post-fascismo ed è sempre pronto a rianimarsi, per una volta tacciono, troppo presi come sono dall’indignarsi per Fermo, e per tutti i boia che a loro dire hanno armato la mano di Mancini.
Il Minnesota è uno degli stati più a nord dei cinquanta dell’Unione. E’ quasi Canada. Minneapolis non è la Louisiana, non si può invocare il famigerato razzismo sudista. La realtà è che di tutti i mestieri quello che non vorremmo fare è il poliziotto in una qualunque città americana, tutte allo stesso modo ormai socialmente degenerate. Chi si infila la mano in tasca, non sai mai se é per tirarti fuori il portafoglio o la pistola. Se va in crisi la polizia, va in crisi l’ordine pubblico, va in crisi la società, lo stato di diritto, la convivenza, tutto quanto.
Ci stiamo arrivando anche noi. Fermo ormai è Minneapolis, e poco importa – con tutto il dovuto cordoglio per la vita stroncata di Emmanuel Chidi Namdi – come sia andata, da questo punto di vista. Ci siamo arrivati. Il partito democratico ha avuto il suo morto da gettare sul tavolo dell’indignazione, e ne farà l’uso che l’establishment italiano fa sempre in questi casi di queste vittime. L’immigrazione continuerà selvaggia, e a costi economici e sociali altissimi. Guai a chi ne discute ragioni e metodi. Al parti della Lega Nord, sarà rubricato come fascista, razzista ed assassino.
Il governo Renzi continuerà. Basta guardare la faccia di Bersani riempire lo schermo televisivo per capire che non ha alternative, anche se non ha più base di consenso. Ma siccome se si vota a ottobre rischia di sparire, e con lui tutto il PD, per ottobre bisogna inventarsi qualcosa. Un povero morto a Fermo forse non basta a riempire l’estate.
L’attentatuni?

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