giovedì 11 ottobre 2012

APPUNTI DI VIAGGIO: Trieste capitale dalla vela alla cucina

La settimana che precede la famosa e prestigiosa regata velica detta La Barcolana (poiché si svolge nel tratto di mare prospiciente la riviera denominata appunto Barcola) restituisce a Trieste per un breve periodo quella che una volta era la sua dimensione usuale cosmopolita. E’ uno degli eventi in concomitanza del quale vale la pena di organizzare le proprie vacanze in questa città, anche per chi non ama o non si intende di vela, perché è in questa occasione che essa cerca di offrire il meglio di sé.
Negli stand e sulle bancarelle che vengono allestite in questa ed in altre circostanze sulle Rive e lungo il Canal Grande per il Mercato degli Ambulanti d’Europa, si può trovare una varietà di merci provenienti non soltanto dall’area del mediterraneo e del vecchio impero austro – ungarico, ma un po’ da tutto il mondo. Questa settimana, per qualche giorno, fino al colpo di cannone che darà il via alla 44^ Barcolana, Trieste ritorna la capitale del Mare. Nella suggestiva Piazza dell’Unità d’Italia si sta montando il palco su cui verranno ad esibirsi grandi artisti d’ogni genere. Stasera, Elio e le Storie Tese. E chi non è in cartellone questa settimana, probabilmente verrà sotto Natale, quando arriverà il grande tradizionale abete da una località delle Alpi retrostanti (spesso dal Trentino, Trento e Trieste sempre legate nella nostra storia, oppure dalla Carinzia austriaca) e sotto la sua luminaria il grande palco verrà rimontato.
Tra le due feste, chi cerca qualcosa di più tradizionale, ma altrettanto caratteristico di un mondo in via di estinzione, può andare per Osmize nei dintorni di Trieste, sul Carso italiano e sloveno. Le Osmize (nome derivato da una parola slava italianizzata) altro non sono che fattorie dove si vendono e si consumano vini e prodotti tipici (quali uova, prosciutti, salami e formaggi) direttamente nei locali e nella cantine dei contadini che li producono. In determinati periodi dell’autunno, a rotazione secondo un regolamento antichissimo, ciascuna di queste fattorie può vendere direttamente, al dettaglio, i propri prodotti senza pagar dazio, o altra gabella. L’usanza sembra risalire addirittura ala dominazione di Carlo Magno, ma la sua codificazione definitiva avvenne nel 1784 con l’imperatore Giuseppe II, figlio della grande Maria Teresa. La fattoria che vende espone una frasca per tutta la settimana, secondo la tradizione, così da far capire al pubblico che l’Osmizza è aperta.
Per chi invece non vuole lasciare la vecchia Trieste che si rinnova sempre, segnaliamo alcuni locali dove tutto l’anno la buona cucina e il buon bere si sposano ad atmosfere culturali che non hanno perso il loro fascino.
All’Happy Hour, niente di meglio del James Joyce Bar, nello stesso edificio dove lo scrittore abitò durante il suo soggiorno triestino in Piazza del Ponterosso, dove ad una calda atmosfera d’epoca si unisce un ambiente giovane e accattivante e si servono ottimi ed innovativi
aperitivi. Dal Caffè Tommaseo una volta ritrovo degli irredentisti, al Caffè San Marco punto di raccolta di artisti e intellettuali, dove è posibile trovarsi seduti accanto a Claudio Magris che sta lavorando alla stesura del suo ultimo libro, al Caffe’ degli Specchi, da sempre completamento elegante di Piazza dell’Unità, nella zona delle Rive sono tanti i luoghi in cui è possibile perdersi in atmosfere suggestive, in attesa della notte triestina.
La cucina locale è da tempo immemorabile un esempio di fusion food, risultato dell’incrocio di popoli e culture al pari dell’arte cittadina. Dallo strudel austriaco al goulash ungherese ai sardoni in savor e a tutto il pesce cucinato in tutti i modi possibili e raffinati conosciuti nell’Adriatico e nel Mediterraneo, è a tavola che si può misurare il livello di integrazione raggiunto dalle varie etnie che abitano a Trieste, città italiana a cui l’Italia va stretta da sempre. Si può trovare un angolo della Baviera di Ludwig II da Kapuziner dietro Piazza dell’Unità. O della Vienna tra le due guerre alla Birreria Forst in Piazza Oberdan. O gustare dell’ottimo pesce alla Vecchia Lira, locale di nuova apertura ma di buone tradizioni in Piazza Ponterosso.
Se poi si è in cerca dell’eccellenza e di una pausa nella giornata tipicamente triestina, il cosiddetto rebechin (spuntino o merenda a qualsiasi ora del mattino o del pomeriggio), c’è un nome solo: quello di Pepi, che i triestini chiamano S’ciavo (schiavo, appellativo anticamente riservato agli slavi) a sottolineare l’origine slovena dei proprietari. Nello storico locale sito in Piazza della Borsa, a suo tempo recensito addirittura dal New York Times, primo fast food dell’era moderna, si possono assaporare i piatti tipici di carne di maiale cucinati a caldaia: porcina, luganiga de Vienna e luganiga de cragno
Altro nome storico della ristorazione triestina è quello di Masè, presente nel centro città con diversi punti vendita e specialità di carne a caldaia, nonché il delizioso baccalà mantecato e il prosciutto cotto tagliato a mano. Altro santuario della cucina locale è Marascutti in Via Battisti. Il tutto annaffiato da ottima birra viennese, bavarese o addirittura australiana, o da buon vino bianco di uva Tokai o Terrano carsolino. E se a tavola ci siamo andati pesanti, c’è sempre dell’ottimo amaro sloveno Pelinkovac, e una splendida passeggiata sul lungomare, verso la Riva IV Novembre o verso la Riva Nazario Sauro, per godersi lo spettacolo della città e del golfo che le luci notturne rendono se possibile ancora più suggestivi, e delle prime barche da regata o da crociera che attraccano al molo per la Barcolana.

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