venerdì 10 febbraio 2017

Il Giorno del Ricordo secondo Laura Boldrini

Questa volta, Sergio Mattarella fa sapere per tempo che non ci sarà. Precedenti e superiori impegni. Lo Stato italiano, alla commemorazione dei Martiri delle Foibe, non ci sarà. La prima carica di quello Stato ha di meglio da fare. Del resto, dopo nove anni di presidenza del comunista Napolitano, ci siamo in qualche modo abituati: i morti giuliani e istriani della metà degli anni Quaranta sono morti di serie B.
Recupero di cadaveri alla Foiba di Vines
Sapevamo di dovercelo aspettare dall’uomo che aveva cominciato la sua carriera inneggiando ai carri armati sovietici a Budapest nel 1956, e che l’ha conclusa dando una robusta spallata alla democrazia nel suo paese, nel 2011. Non sapevamo ancora bene cosa aspettarci dal suo successore, il democristiano Mattarella. Adesso è chiaro, stessa retorica a vuoto, stesso assenteismo istituzionale, quando non peggio.
La seconda carica del medesimo Stato, il presidente del Senato Pietro Grasso, si accoda volentieri, come suo solito. Non ci sarà nemmeno lui. Da Grasso, sapevamo di dovercelo aspettare, punto e basta.
Con la terza carica, la presidentessa della Camera Laura Boldrini, non siamo così fortunati, è il caso di dire. La donna che si è fatta un dovere di insultare quasi quotidianamente il popolo che rappresenta (e per di più, a sue spese) ha tirato fuori dal cilindro l’ennesimo coniglio prodigioso. Ecco dunque invitata a tenere una conferenza stampa alla Camera dei Deputati la storica (si fa per dire) negazionista Alessandra Kersevan, le cui tesi sono riassunte esaurientemente in questo estratto: Commemorare i morti nelle Foibe significa sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e collaborazionisti del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei conti o vendette personali, c’è il 2 novembre.
Non c’è che dire, sostituire il Giorno del Ricordo (stabilito con legge della Repubblica 30 marzo 2004 n. 92, che recita tra l’altro:  al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale) con il Giorno dell’Insulto rappresenta veramente l’ultima frontiera per l’ineffabile presidentessa della Camera, che veramente non si pone più limiti.
La donna che vorrebbe mettere sotto controllo tutto il web non riesce più a tenere sotto controllo la propria brama distruttiva del sentimento nazionale e dei valori fondanti di questo paese, affermatisi tra l’altro nel bagno di sangue che questo paese stesso come il resto del mondo affrontò negli anni tra il 1940 ed il 1945.
Quello che salta agli occhi, oltre al già ricordato silenzio delle istituzioni, è il parallelo silenzio della comunità civile, eccezion fatta per i sopravvissuti ed i discendenti di quei poveri martiri di cui la signora Kersevan ha così brillantemente concionato nelle stanze di Montecitorio. Quando si fa avanti il negazionismo dell’Olocausto del popolo ebraico, le comunità e le istituzioni interessate si fanno subito sentire, stigmatizzando giustamente questa pratica incentivata dall’analfabetismo popolare di ritorno, non soltanto sul piano storico. Per gli istriani ed i giuliani non si fa sentire nessuno, se non quei pochi che hanno avuto la ventura di conoscere la loro tragica vicenda, o per retaggio familiare o per fortunosa acquisizione sui banchi di una scuola che è sempre stata vergognosamente acquiescente alle ragioni della parte comunista e di chi con essa voleva più o meno storicamente compromettersi, nelle varie epoche fino al 1992.
L’Istria è persa ormai per la nostra comunità nazionale, e nessuno vi andrà mai a scavare per riportare alla luce quelle fosse comuni, quelle foibe piene di cadaveri giustiziati in modo atroce, bestiale, che smentirebbero in cinque minuti la cialtroneria storica della signora Kersevan e svergognerebbero i motivi non meno abbietti di chi l’ha ospitata a tenere la sua vergognosa conferenza. Ma Trieste è tornata all’Italia, nel 1954, dopo i 40 giorni di terrore assoluto vissuti sotto la scorribanda e la razzia dell’esercito del popolo di Tito nel 1945 e dopo i quasi dieci anni di purgatorio sotto l’amministrazione e la (provvidenziale) difesa dei Blue Devils americani installati nel Castello di Miramare. A Trieste chiunque può raccontare la verità storica sulle Foibe, e basta fare pochi chilometri e salire sull’altopiano carsico, dove il Sacrario di Basovizza parla più di qualsiasi parola.
Un altro Giorno del Ricordo trascorrerà nel doloroso silenzio a cui le vittime sono abituate da settant’anni, così come i superstiti. Lo Stato italiano ha dimenticato, quando non ha sbeffeggiato come stavolta. Il popolo italiano, per il suo stesso bene, è il caso però che non dimentichi.

Il sangue dei giuliani, degli istriani, degli italiani del nord-est riposi in pace, finalmente, se può.

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