lunedì 21 aprile 2014

Common sense (Senso comune)

19 agosto 2011

Diceva Thomas Paine che “il governo, nella migliore ipotesi, non è che un male necessario; nella peggiore, un male intollerabile."
Singolare figura quella di Tom Paine. Durante la Rivoluzione Americana, a cui prese parte attiva combattendo nella Milizia Continentale di George Washington, fu l’ideologo dei ribelli contro l’Inghilterra. Con i suoi scritti dette forma organizzata e chiara al pensiero degli americani che non volevano più pagare le tasse ad un re lontano e dispotico, che le pretendeva in spregio al principio, valido in Madrepatria ma non nelle Colonie, del “no taxation without rappresentation”. Niente tasse, se non decise da un parlamento eletto liberamente dal popolo.
Tom Paine era un radicale, per i suoi tempi. Le sue idee erano viste come estreme, perfino dai più accesi rivoluzionari francesi. Dopo la vittoria definitiva sugli inglesi a Yorktown infatti, nonostante egli fosse un glorioso veterano della Rivoluzione, il nuovo governo americano di Washington e Adams, desideroso di normalizzazione cosiddetta "borghese", gli rese la vita difficile spingendolo ad emigrare in Francia, dove nel frattempo il popolo aveva dato l’assalto alla Bastiglia. Ma i Giacobini alla lunga non trattarono l'anticonformista americano meglio di quanto avessero fatto i suoi compatrioti, e solo la caduta di Robespierre lo salvò da un destino molto triste.
Quest’uomo era membro di società rispettabili come la Constitutional, che si richiamava alla Rivoluzione Inglese del 1688, la “Gloriosa” rivoluzione liberale che aveva posto fine per sempre all’assolutismo nell’isola. I suoi scritti avevano titoli rassicuranti:  i “Diritti dell’Uomo”, “L’Età della Ragione”, “Senso Comune”. E tuttavia perfino i più arrabbiati Giacobini si spaventavano di fronte alle sue posizioni politiche e religiose. Del Governo, appunto, parlava come di un male che andava dal “necessario” all’ “intollerabile”. Di Re e nobili parlava come di usurpatori dei diritti naturali dei propri simili. Della religione parlava come di una mistificazione inutile, se non a coloro a cui dava potere: "la parola di Dio è la creazione che guardiamo, Dio stesso è verità morale e non mistero o oscurità. Nostro compito è compiere la giustizia, amare la misericordia e cercare di rendere felici i nostri simili".
Parole che all’epoca spaventavano un mondo che lottava per uscire dall’arbitrio per “diritto divino”, e che oggi  invece sono il “senso comune” di ogni persona e ogni popolo che si ispira, o pretende di ispirarsi, alle grandi rivoluzioni anglosassoni e francesi. O almeno dovrebbero esserlo.
Ci sono paesi, infatti, che sono rimasti al di fuori delle grandi Riforme religiose e delle grandi Rivoluzioni politiche. L’Italia, ci piaccia o no, è uno di questi. Ancor oggi, in questi paesi, uno come Tom Paine rischierebbe di essere bruciato o ghigliottinato per predicare pubblicamente idee come quelle sopra dette. O forse, ci penserebbero la Mafia, o qualche "servizio" più o meno deviato, a farlo sparire in silenzio.
Qui il Governo, che sia o meno rappresentativo, può mettere in testa al popolo tutte le tasse che vuole. Dai tempi di Franceschiello di Borbone, non c’è più stata in Italia nemmeno una rivolta del pane. I terroristi erano stipendiati del Ministero dell’Interno. La gente si incavola saltuariamente e realmente soltanto quando la squadra di calcio del cuore subisce dei torti, o se ci sono problemi lungo la strada che porta al mare. Nient’altro ci tocca. Ogni italiano si sente più furbo dei suoi concittadini, altro che diritti naturali comuni.
Qui il Governo può mentire spudoratamente, il singolo parlamentare non si sente minimamente vincolato dalle promesse fatte al suo collegio elettorale. E’ visto come segno di furbizia e di grandi capacità politiche. Si prendono in giro gli americani perché hanno silurato Clinton, a sua volta considerato uno che non ha saputo gestire le sue “storielle”. E non si capisce perché una bugia come la sua, se detta a Washington porti a una sfiducia complessiva, se detta a Roma invece, come ai tempi di Mussolini, porti a una strizzatina d’occhi, a una gomitata nelle costole, e a battute più o meno grevi. Abbiamo un Presidente del Consiglio che avrebbe fatto atterrire Monica Lewinsky. E una ex consorte dello stesso che merita forse anche più considerazione della signora Clinton, non foss’altro per il coraggio. Ma il punto della questione ci sfugge, e ci sfuggerà sempre: chi mente una volta e su una questione, lo farà di nuovo e anche su altre, più importanti. Ma a noi che ci frega……nel nostro piccolo non è quello che facciamo tutti i giorni?
Oriana Fallaci detestava Alberto Sordi, il nostro più grande attore, proprio per la sua bravura nel dare vita perfettamente all’italiano medio in tutte le sue sfaccettature, tutte ugualmente odiose.
Negli Stati Uniti, le rivoluzioni le fanno i Roosevelt e i Kennedy. In Italia le fanno (o fanno finta di farle) i Mussolini e i Berlusconi.
Ma non è tutto. Qui da noi Tom Paine poteva sperare di sopravvivere ai Partiti, di destra e di sinistra, alle Mafie, alle P2, P3 e P4, perfino ai tifosi inferociti di Roma e Lazio, Juve e Inter. Ma non sarebbe mai sopravvissuto alla Chiesa Cattolica. Non ce l’ha mai fatta nessuno. Non qui.
Qui una Chiesa altrettanto al passo con i tempi e utile al benessere dei cittadini quanto lo è quella degli Ayatollah iraniani da Khomeini in poi, può pensare di prosperare all’infinito.
Di tutti i periodi storici che mi affascinavano quando studiavo, quello seguente alla Presa di Porta Pia è uno dei più incredibili. Il coraggio di quella classe politica contemporanea di Cavour e Garibaldi, che chiuse il Papa nelle Mura Vaticane e rimase sorda a qualsiasi invocazione o “fatwa” proveniente da Castel Sant’Angelo o dalle sedi delle tante – anche allora – organizzazioni cattoliche che boicottavano la vita politica nazionale, fu sicuramente degno di ammirazione. Purtroppo durò poco e fu proprio il Fascismo, nonostante la sua retorica patria, a dare ad una borghesia ignorante e incapace fin da allora a curare anche soltanto i propri interessi il sostegno interessato dell’unica organizzazione che in Italia funzionava e funziona bene da sempre, quella ecclesiastica.
Il Vaticano ringrazia, da allora, e dice sempre la sua su ogni cosa, tranne quando si tratta di dare veramente una parola o di fare un gesto di conforto a chi soffre davvero su questa terra, per disgrazie occasionali o croniche. Dio ne guardi dal versare un Euro, o prima ancora una Lira, per dare il proprio sostegno a singoli o comunità in difficoltà. Con le tasse derivanti soltanto dalle proprietà immobiliari nella singola Roma io credo che si farebbero quattro o cinque manovre come quelle di Tremonti. Che non sa chi gli paga l’affitto di casa propria, poveraccio, ma sa benissimo quanto rendono gli affitti riscossi dal più grande padrone di casa della Capitale e del Mondo: il Papa.
Povero Tom Paine, sopravvissuto alle Giubbe Rosse di Cornwallis e ai Giacobini di Robespierre…. Qui sarebbe bastato un Formigoni o un D'Alema a ridurti al silenzio. Gli italiani di giornali ne leggono pochi, ma la voce del padrone la sentono, eccome.
Se cade Berlusconi, è soltanto perché qualche "potere forte" nel suo palazzo ne ha già individuato il suo successore. E il Papa l’I.C.I. non la pagherà mai. Per gli italiani, in compenso, è più divertente occuparsi di Calciomercato. Altrettanto inutile, ma sicuramente più divertente. E poi è Ferragosto….
Common Sense……

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