sabato 26 aprile 2014

Guernica

FIRENZE -  "È lei che ha fatto questo orrore?" chiese l'ambasciatore tedesco Otto Abetz. "No, è opera vostra" rispose Picasso. La scena era quella dell’Esposizione Mondiale di Parigi del 1937, per la precisione il padiglione spagnolo dove il grande pittore esponeva quella che era destinata a diventare probabilmente la sua opera più celebre.
Picasso era nato nel 1881 e si era trasferito a vivere nella capitale francese fin dal 1900. All’epoca dell’Expo era già famoso per essere il più grande pittore iberico e uno dei più grandi in assoluto della sua epoca, se non di sempre. Il governo repubblicano spagnolo gli chiese espressamente di decorare il suo padiglione parigino con un quadro che lui aveva dipinto in soli due mesi, sull’onda dell’emozione suscitata da un grave fatto di guerra successo nella sua patria.
Il 26 aprile 1937 la città di Guernica, nei Paesi Baschi spagnoli (Gernika Lumo è il nome originario in lingua basca) fu praticamente rasa al suolo dal bombardamento a tappeto condotto dagli aerei della cosiddetta Legione Condor, un distaccamento della Luftwaffe che Hitler aveva mandato in supporto dell’esercito golpista di Franco, che da un anno si era sollevato contro il legittimo governo repubblicano nelle mani del Fronte Popolare social-comunista vincitore alle elezioni del 1936.
La Condor era stata costituita ed inviata in Spagna espressamente per l’occasione. Con essa il dittatore nazista, a cui un Mussolini già formalmente suo alleato nel Patto Tripartito aveva affiancato apparecchi dell’Aviazione Legionaria Fascista d’Italia, aveva inteso cogliere al volo l’occasione irripetibile di “testare” sul campo di battaglia le tattiche ed il potenziale bellico della forza aerea germanica, in vista di un futuro non lontano conflitto generale.
L’esperimento, dal punto di vista tedesco, fu un successo totale. La città santa dei Baschi andò molto vicina ad essere cancellata dalla carta geografica. L’episodio destò scalpore e preoccupazione nell’opinione pubblica di tutto il mondo, perché dimostrò – almeno a chi aveva occhi e orecchie attente – le vere intenzioni della Germania nazista e la potenza devastante che essa era in grado di dispiegare sul piano militare, nonché la sua totale assenza di scrupoli nell’usarla. Fu anche il segnale più eclatante delle mutate sorti della guerra civile spagnola, poiché a partire dalla primavera di quel 1937 le truppe insurrezionaliste di Franco avrebbero preso lentamente ma inesorabilmente il sopravvento sui legittimisti.
Pablo Picasso era stato fortemente colpito dal bombardamento e dai suoi effetti, nonché dalla sorte della democrazia e della libertà nel suo paese. Il quadro fu terminato a tempo di record e – in ossequio alla volontà del governo repubblicano di Madrid dalla cui parte il pittore era chiaramente schierato – offerto al mondo in occasione dell’esposizione. Al termine della quale, secondo gli accordi, il dipinto doveva andare in Spagna. Ma Picasso, resosi conto che il governo frontista aveva i giorni contati, negò il suo assenso all’ultimo momento. Il quadro finì al Museum of Modern Arts di New York, dove rimase fino al 1981.
All’epoca in cui Guernica lasciò il MOMA per arrivare finalmente nella sua patria ideale, Pablo Picasso era morto da otto anni, Francisco Franco da sei, e da quattro anni Re Juan Carlos di Borbone aveva assunto la corona spagnola ristabilendo democrazia e libertà nella penisola iberica. Da allora il quadro si trova al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.
L’orrore a cui si riferiva l’ambasciatore nazista Abetz era quello del cubismo di Picasso applicato ad una rappresentazione allegorica e volutamente deformata del presepio. La madre stravolta con il neonato in braccio è contornata da un toro e da un cavallo, in luogo dei tradizionali bue ed asinello. Il toro rappresenta la brutalità, l’oscurità calante sulla Spagna ad opera delle armate delle tenebre scatenate dai dittatori trionfanti, l’orrore a cui invece si era riferito Picasso. Il cavallo, agonizzante al suolo, è il popolo spagnolo messo in ginocchio dalla devastazione causata da una guerra senza quartiere. Come tutte le guerre, pensava l’autore, ma in questo caso anche di più.
Picasso rimase coraggiosamente nella Parigi occupata dai nazisti per tutta la durata della guerra mondiale, ma ovviamente non poté fare ritorno nel suo paese per tutta la sua vita, perché il franchismo gli sopravvisse di due anni. La sua opera immortale invece gli sopravvive per l’eternità.

Nel corridoio che si trova davanti alla sala del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. a New York si trova un arazzo che riproduce fedelmente il suo quadro più famoso. Guernica viene inquadrata alle spalle dei relatori ogni qual volta escono a fare dichiarazioni per la stampa. Unica eccezione, la votazione in occasione dell’intervento in Iraq nel 1991. All’atto di scatenare una guerra che metteva in campo la più ingente coalizione dai tempi della Seconda Guerra Mondiale non parve opportuno al Consiglio di Sicurezza che l’opera che incarna da 80 anni il simbolo del pacifismo facesse da sfondo all’avvio di Desert Storm. E l’arazzo fu coperto opportunamente con un panno blu.

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