martedì 8 luglio 2014

L'enigma di Roswell

L’8 luglio 1947 il Roswell Daily Record, quotidiano dell’omonima cittadina del Nuovo Messico, riportava un comunicato emesso dalla vicina base dell’aeronautica statunitense secondo cui alcuni giorni prima, precisamente nella notte tra il 2 ed il 3 luglio, un oggetto volante non identificato era andato a schiantarsi a circa 120 km a nord-ovest del centro abitato. Uno degli agricoltori della zona, William Ware Mac Brazel aveva trovato sul terreno circostante il suo ranch numerosi rottami lasciati dall’impatto e aveva avvisato lo sceriffo locale, che si era recato in sopralluogo sul posto insieme ad un militare della base.
La notizia del giornale di Roswell era in apparenza una delle tante con cui un quotidiano della provincia dell’Ovest americano cercava di riempire le sue pagine nel bel mezzo di una afosa e noiosa estate in un paese che aveva da poco ritrovato la tranquillità dopo la Seconda Guerra Mondiale e non sapeva ancora che stava per riperderla a causa della Guerra Fredda. In realtà, l’articolo apparso quell’8 di luglio segnò la data in cui il mondo acquisì una nuova consapevolezza, risultandone cambiato per sempre.
L’incendio mediatico suscitato dal ritrovamento dei resti del disco volante presso Roswell divampò subito e in maniera imprevedibile. Il governo americano reagì con tempestività pari a durezza nei giorni successivi negando la provenienza extraterrestre dei manufatti e dei relitti ritrovati, l’esistenza di cadaveri di creature aliene tra quei relitti e qualsiasi attività riconducibile ai cosiddetti Oggetti Volanti Non Identificati (Unidentified Flying Objects, U.F.O.) prima o dopo l’incidente in quella zona ed altrove, vincolando con minacce esplicite alla riservatezza assoluta lo stesso Mac Brazel e chiunque altro – cittadino o dipendente governativo – avesse avuto a che fare con l’episodio.
Ma era comunque troppo tardi, ormai si era scatenata la fantasia di una nazione in cui fin dagli anni 20 e 30 i grandi scrittori di fantascienza e i grandi registi cinematografici avevano sollecitato l’immaginario collettivo verso la credenza che nel cielo sopra di noi c’erano occhi che osservavano continuamente la Terra e che provenivano da mondi lontani, che la Razza Umana non era sola nell’Universo e che gli Alieni, gli extraterrestri erano pronti a sbarcare sul nostro pianeta, se addirittura non erano già “tra noi”.
Il 30 ottobre del 19398 il giovane sceneggiatore e regista Orson Welles aveva scatenato il panico in tutti gli U.S.A. semplicemente leggendo ai microfoni della radio CBS un testo tratto dal romanzo di fantascienza La Guerra dei Mondi di H.G.Wells. Descrivendo cioè in pratica alla perfezione una invasione aliena. L’effetto scatenato dalla sua voce quella notte segnò l’inizio della sua grande carriera e della psicosi americana degli U.F.O. Dieci anni dopo circa, nonostante gli sforzi del governo, non si sa bene quanti furono gli americani disposti a credere alla sua versione, cioè che a schiantarsi al suolo era stato uno speciale Pallone Sonda sperimentato dall’aviazione come arma di difesa contro eventuali missili sovietici, e che i corpi ritrovati erano in realtà quelli di manichini impiegati nell’ambito di analoghi programmi di difesa.
Fu l’inizio della leggenda degli U.F.O., e di molte altre leggende, comprese quelle “nere” inerenti in ultima analisi la fiducia (scarsa) dei cittadini americani e del mondo intero verso quanto i rispettivi governi dicevano loro. Così, dapprima circolò la voce che a Roswell in realtà era caduto un velivolo mandato in missione da Stalin per seminare il panico negli Stati Uniti, con a bordo esseri deformi frutto degli esperimenti nei campi di concentramento nazisti del Dottor Joseph Mengele.
Poi fu la volta delle voci riguardanti la mitica Area 51, la base aeronautica supersegreta in cui da allora il governo USA avrebbe nascosto e conservato tutte le prove della presenza aliena sulla Terra. In un clima di sempre maggiore – paradossalmente – scetticismo misto ad altrettanta creduloneria, si sarebbe passati alle false missioni lunari Apollo (secondo qualcuno create ad arte in uno studio cinematografico dal grande regista Stanley Kubrick, quello di 2001 Odissea nello spazio), alla base aliena segreta sul lato oscuro della Luna ed a quelle altrettanto segrete a chilometri di profondità sul nostro pianeta in joint venture con l’esercito americano.
Dalle piramidi disseminate un po’ in tutti i continenti e ribattezzate come trasmittenti per i dischi volanti extraterrestri, al triangolo delle Bermude, all’estinzione dei dinosauri e perfino secondo qualcuno alla stessa figura di Gesù cristo, tutto sarebbe diventato materiale di consumo in quella zona grigia compresa tra la fine della scienza e l’inizio della fantascienza più sfrenata e meno realistica.
Dopo 66 anni, sono pochi ancor oggi a sapere veramente che cosa successe a Roswell in quella notte di luglio. Ma sono molti di più quelli che, grazie anche alle possibilità di diffusione della conoscenza (o dell’ignoranza) offerte da Internet, ritengono possibili complotti planetari che avrebbero coinvolto fattivamente migliaia di persone, nessuna delle quali (come quelle impiegate nelle missioni Apollo, per esempio) ha mai sentito il bisogno di svelare la grande mistificazione.
E’ un pensiero razionale, e se si vuole anche confortante, pensare che non siamo soli nell’Universo. Sarebbe molto meno confortante pensare che questi Alieni, creature così superiori da raggiungere il nostro pianeta già nel 1947, non avessero in realtà altro interesse che atterrare nelle zone più sperdute del deserto americano (guarda caso i luoghi di tutte le sperimentazioni degli armamenti moderni di quel paese, dalla Bomba Atomica in poi), e lì soltanto.

E soprattutto che si siano fatti loro stessi così condizionare dall’incidente di Roswell da non riprovarci più. Perché c’è tanta gente che sostiene di essere stata a bordo di un disco volante, ma dopo Mac Brazel nessuno ha più potuto toccare con mano la lamiera di un’astronave. Che avesse ragione H.G.Wells, il nostro clima non è congeniale alle specie Aliene?

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