venerdì 25 luglio 2014

L’ultimo viaggio della Concordia

24 luglio 2014

«Ce l’abbiamo fatta, è quasi incredibile», esclama uno dei tanti tecnici sbarcati a terra per l’ultima volta al Giglio dalla Concordia. Sono le 11:00 della mattina del 23 luglio quando la nave dell’inchino salpa per il suo ultimo viaggio. L’aveva detto Franco Gabrielli, direttore della Protezione Civile italiana, «neanche un meteorite può fermarci». Contro una simile determinazione, anche la natura si è arresa, regalando qualche giorno di tregua in una delle estati più funestate dal maltempo che si ricordino a memoria d’uomo.
Sull’isola che all’improvviso ritrova di colpo il suo naturale landscape, regnano una commozione, un groviglio di sentimenti che riassumono sinteticamente tutta questa vicenda. Le parole delle conferenze stampa, che come le onde del mare si accavallano senza posa, servono meno delle espressioni dei volti dei presenti, addetti ai lavori e semplici spettatori. Su di essi si legge di tutto, dall’inevitabile e giusto raccoglimento per le vittime (di cui una, il cameriere Russell Rebello, manca tuttora all’appello), al ricordo della sciagura causata da un qualcosa su cui indagano e indagheranno chissà ancora per quanto le Autorità inquirenti (ma che si può sicuramente rubricare – senza tema di offendere nessuno – come faciloneria umana, resta da stabilire semmai in capo a quanti, dal singolo ai più), all’orgoglio per un’impresa che fino ad ora si credeva possibile soltanto nei film di James Cameron o di Wolfgang Petersen, fino allo stato d’animo contrastante di chi abita su questo lembo di terra in mezzo al mar Tirreno.
L’isola infatti sta tornando quella che è sempre stata dall’alba dei tempi e dalla comparsa della razza umana sulle sue coste fino a Schettino. C’è compiacimento nel vedere il mostro che lascia le sue coste per sempre, ma – inutile negarlo – c’è anche la consapevolezza che se ne sta andando un formidabile polo di attrazione turistica. Diceva un operatore del luogo giorni addietro: «Pare brutto da dire se si pensa a quante vittime ci sono là sotto, ma questa nave ha portato anche soldi».
E’ una vicenda controversa, una delle storie di mare che sarebbe piaciuta tanto a Joseph Conrad. Una storia di vigliaccheria e di riscatto umano. Di grandi capacità tecniche e di contraddittorie attitudini al comando, a tutti i livelli. Dal disaster manager Nick Sloane all’ultimo dei tecnici messi in campo dalla Costa Crociere per il recupero del relitto di questo Poseidon in salsa nostrana, tutti possono vantarsi giustamente di aver realizzato un qualcosa che resterà nella storia. Dopo due anni e mezzo di mortificazione, la compagnia di navigazione ligure torna a rialzare la testa, pur trattenendo il respiro per tutto il tempo che durerà la problematica traversata della Concordia dall’Arcipelago Toscano al porto di Genova, alla fine prescelto per la tumulazione del mostro marino.
Sono ore di giustificata euforia e di malcelata apprensione, quindi. C’è ancora qualcosa che può andare storto, che può turbare l’happy ending malgrado tutto riscritto per questa tragedia del mare ormai vecchia di due anni e passa. Ma se si spostano i riflettori dal livello tecnico a quello di governo, le cose cambiano. E’ una vicenda questa in cui, nei vari livelli della pubblica amministrazione, molti hanno rincorso il Comandante Schettino. Tanto che viene da chiedersi chi c’è a bordo in questo momento sulla plancia di comando e perché.
Qualcuno dovrebbe infatti spiegare il senso dei 130 milioni di euro concessi dal governo italiano un anno fa al porto di Piombino per una ristrutturazione che – a meno di non avere in previsione nei prossimi anni tutta una serie di disastri navali in successione – aveva l’unica ragion d’essere nel dare estremo riposo alla nave ferita a morte e naufragata – tra l’altro – a poca distanza dallo scalo toscano.
Su questa scelta strategica implicita negli atti del governo Letta in carica al momento della concessione dell’ingente finanziamento, il governatore della Toscana Enrico Rossi aveva scommesso il futuro della popolazione piombinese, oltre che il proprio personale. La cittadina marittima ha visto stilare di recente il certificato di morte della Lucchini, l’acciaieria che per generazioni aveva dato lavoro direttamente o con l’indotto a buona parte della gente del posto e per la quale la nuova proprietà russa ha deciso da tempo la dislocazione. La ristrutturazione del porto, finalizzata allo stoccaggio della Concordia, prometteva posti di lavoro ai piombinesi e voti al governatore. Che adesso probabilmente svaniranno nel nulla, in entrambi i casi.
L’attuale governo nazionale, a guida di Matteo Renzi, non ha grande sintonia con quello della regione d’origine del Presidente del Consiglio, non è una novità. Non c’è da meravigliarsi allora se quando Franco Gabrielli ha comunicato il proprio avallo – a prova di meteorite – alla decisione abbastanza sorprendente di spostare la nave verso la più lontana Genova ed in piena stagione balneare nessuno a Roma ha battuto ciglio o mosso un dito. Il governo romano ha lasciato che quello fiorentino andasse incontro al proprio destino, incassando l’ultima di una serie di sconfitte.
Maggior vitalità ha sicuramente dimostrato il governo francese, che per bocca del ministro dell’ambiente Ségolène Royal non ha mancato di esprimere vive preoccupazioni circa la possibilità che dal fianco squarciato della nave in lenta risalita del Tirreno (in questo momento sta passando al largo delle coste della Corsica) fuoriescano tutta una serie di inquinanti che finora erano rimasti gelosamente custoditi al suo interno. Dice la Protezione Civile che non c’è nulla da temere al riguardo, le acque nella scia della Concordia sono pulite. Le migliaia di persone in questo momento malgrado la stagione a bagno nelle acque delle coste toscane non possono far altro che crederci.

E allora non resta che seguire mediaticamente questo trasporto funebre via mare, combattuti in modo analogo a chi era al Giglio ieri mattina tra orgoglio, entusiasmo, preoccupazione e tristezza. Il Poseidon è stato raddrizzato, il Titanic è stato recuperato. Sabato sapremo se il lieto fine è assicurato, al più tardi domenica con l’entrata nel Porto di Genova e l’ultima salva di sirene. Restano nell’ordine 32 vittime, un processo che durerà verosimilmente quanto durano i processi in Italia, e 130 milioni di soldi pubblici. Che hanno fatto la fine che fanno i soldi pubblici in Italia.

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