lunedì 21 settembre 2015

DIARIO VIOLA: Aggrappati a Babacar



Eppure bisognerà inventarsi qualcosa per ringraziare questo ragazzo senegalese di 22 anni che ha deciso anche questa partita brutta ai limiti dell’inguardabile ma fondamentale per la classifica della sua squadra. Poteva essere al terzultimo posto la Fiorentina per come ha giocato finora. E’ al terzo posto assoluto, dietro Inter e Torino e davanti a quella Roma che doveva fare sfracelli proprio grazie ad un ex viola, quel Salah che per ora almeno da un punto di vista dei gol segnati Khouma El Babacar non sta facendo affatto rimpiangere.
E’ presto per fare un monumento a questo ragazzo, i monumenti semmai si fanno a fine carriera. E’ il momento semmai piuttosto di dargli fiducia, da parte dell’allenatore e della società. Era stato appena acquistato dal Rail di Thies, la squadra del suo paese e della sua città natale, quando l’allora allenatore viola non usò mezzi termini per definire le sue potenzialità. “Da un punto di vista calcistico ha prospettive illimitate”. Cesare Prandelli non era e non è uno che si prodighi in complimenti del genere. Se lo fece allora per Khouma, c’era un motivo.
Il motivo sta arrivando adesso in tutta la sua chiarezza. Sei dei nove punti che issano la Fiorentina a vertici che il suo gioco e la sua caratura tecnica attuale sembravano rendere impossibili sono praticamente merito di questo ragazzo, che magari sembra caracollare isolato e inutile in cima all’attacco viola per intere partite e che però quando le avare trame del centrocampo alle sue spalle gli offrono una qualche mezza occasione la butta sempre dentro, cavando dal fuoco castagne difficilissime al suo allenatore.
Il turno di campionato metteva la Fiorentina di fronte ad una prova non trascendentale, a pochi giorni dalla debacle casalinga in Coppa contro il Basilea. Serviva vincere, e possibilmente convincere. Quale migliore occasione di questa neopromossa prodotta dal distretto tessile dell’Emilia, a due passi dalla Lombardia e da quella Maranello che ieri era finalmente di nuovo in festa per il trionfo a Singapore della Nazionale Rossa?
La Fiorentina aveva già regolato il Carpi in una delle tante amichevoli estive che avevano dato lustro a questa banda Sousa chiamata a non far rimpiangere (con meno risorse) la banda Montella. Era l’unico precedente tra le due squadre. L’altro risaliva alla preistoria. Era il 24 ottobre 1926, la squadra denominata A.C. Fiorentina era appena nata dalla fusione di Libertas e Club Sportivo Firenze. Nella quarta giornata del campionato di Prima Divisione dopo tre buone prestazioni iniziali fu proprio il Carpi ad infliggere ai biancorossi di Firenze (il viola sarebbe arrivato tre anni dopo) la prima sconfitta ufficiale della loro storia.
Queste suggestioni che avrebbero fatto la gioia di Giovan Battista Vico e dei suoi “corsi e ricorsi della storia” erano però lontane dalle menti di addetti ai lavori e tifosi viola, sia di quelli spintisi fino a Modena (il Carpi non avendo impianto adeguato alla serie A gioca all’Alberto Braglia stadio del capoluogo provinciale, come il Sassuolo gioca a Reggio Emilia: nella provincia emiliana l’economia corre più veloce delle sue istituzioni) sia di quelli rimasti a casa a metabolizzare sul proprio divano con l’aiuto di Sky il momento interlocutorio di questa squadra.
Se c’è una costante tra la Fiorentina di campionato e quella di coppa, è che questa squadra regge i ritmi richiesti soltanto per un tempo, il primo, durante il quale cerca di dimenticare Montella ed il suo tiki taka e di mettere in pratica gli insegnamenti del pragmatico Sousa, che vorrebbe una squadra tutta pressing e ripartenze. Appariva assai frustrato, quasi sconfortato ieri il mister portoghese nel vedere i suoi ragazzi trotterellare sia nel primo che nel secondo tempo, mantenendo difetti e ripetendo ancor più a fatica pregi delle precedenti apparizioni.
Nel primo tempo, la Fiorentina ha pur fatto vedere di essere di una categoria superiore rispetto agli avversari, pur guardandosi bene dal fare cose trascendentali. I viola sono sembrati in controllo del match, ma più incapaci del solito di imbastire trame offensive efficaci. Al loro posto, laboriose azioni che producevano sporadici tiracci di Bernardeschi (ieri apparso più volenteroso di esprimersi ai suoi livelli abituali ma ancora alle prese forse con una condizione non ottimale e/o una posizione in campo non congeniale), Giuseppe Rossi (alle prese con il lungo viaggio di ritorno verso la sua classe immensa) e Babacar (servito più o meno come veniva servito Gomez l’anno scorso, poco e male).
Finché ecco arrivare al ragazzo del Senegal la mezza palla giocabile ed eccolo tirarne fuori, pur stretto tra portiere e marcatore, una serie di batti e ribatti acrobatici, con l’ultimo tiro quasi in caduta che risulta quello buono. Quello che buca la porta di Benussi e metterebbe la Fiorentina in condizione di gestire la partita come meglio crede.
Nella ripresa invece, ecco la solita Fiorentina di questo inizio stagione. Un pallone sgonfiato, vuoi per mancanza di fiato vuoi per carenza di attitudine mentale. Sousa sempre più avvilito assiste impotente ai minuti iniziali che vedono i suoi ragazzi messi sotto dal Carpi, con Letizia che sembra Cristiano Ronaldo, Borriello che sembra diventato Karl Heinz Rummenigge ed il “nostro” Ryder Matos anche lui quasi inmarcabile da Tomovic o Roncaglia, che ad ogni intervento in area o subito fuori fanno venire i sudori freddi ai supporters ed ai compagni.
Tatarusanu deve guadagnarsi lo stipendio in almeno un paio di occasioni, la seconda delle quali coadiuvato da un Gonzalo prontamente riabilitatosi dall’infortunio di giovedi scorso. Poi, quando è lecito cominciare a “vedere le streghe” di un’altra beffa, ecco venire fuori un Borja Valero che si riavvicina al modello originale del primo anno, un Bernardeschi che se non compie giocate stratosferiche almeno tiene impegnata intelligentemente la retroguardia carpigiana, un Kalinic (entrato al posto dell’esausto Rossi) che se non vede sempre la porta almeno vede di far girare le scatole a chi lo deve marcare.
Nella fase centrale del secondo tempo, pur rimanendo al di sotto dei limiti di decenza nel gioco, la Fiorentina torna ad impegnare il Carpi nella sua metà campo. Non dura molto, ma quanto basta per spegnere le residue energie dei padroni di casa. Negli ultimi minuti, il loro forcing per pareggiare è vanificato da un Borriello boccheggiante come un pesce persico e dai limiti tecnici di squadra, più che da una capace gestione del risultato da parte dei viola. Che puntualmente infatti regalano l’occasione per far male agli avversari anche stavolta all’ultimo minuto (il novantaquattresimo), con boiata finale di quel Mario Suarez che per ora non giustifica neppure la probabile plusvalenza per la quale è stato acquistato.
Finisce bene, perché fosse finita male ieri bisognava mettersi davvero d’impegno. Quattro giornate, cinque gol fatti, altrettanti non subiti grazie al portiere, tre subiti, nove punti, terzo posto solitario in classifica. Montella al terzo posto non c’era mai salito, Prandelli forse un paio di domeniche in cinque anni. E’ proprio vero che la palla è rotonda. Avanti popolo viola.

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