mercoledì 30 settembre 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: Lassù nessuno ci ama



“Lassù in vetta ci fa un gran freddo, per resistere bisogna essere ben coperti ed attrezzati”. L’aforisma era di Giovanni Trapattoni, l’ultimo allenatore della Fiorentina a ritrovarsi in vetta alla classifica prima di Paulo Sousa. Era il 1998, anche allora un giorno di settembre Firenze si risvegliò capolista, e scoprì subito che la cosa più difficile da quel momento in poi non era affrontare gli avversari, ma gestire le intense, travolgenti emozioni che questo fatto di per sé scatenava.
La Fiorentina del Trap peraltro non sopravvisse ai rigori di quell’inverno in cui tentò la fuga solitaria e di cui aveva pur vinto il titolo di campione. All’entusiasmo della sua gente non corrispose un adeguato supporto economico da parte della proprietà di allora. Al mercato di gennaio a disposizione di un mister che aveva già fatto capire di avere giocatori forti, alcuni fortissimi, ma contati, fu messo a disposizione il solo onesto Fabrizio Ficini. Cosicché quando Batistuta si ruppe nello scatto che avrebbe potuto valere un gol forse decisivo nello scontro diretto con il Milan ed Edmundo cominciò a sentir risuonare le prime note del samba provenienti da Rio de Janeiro, al Trap che aveva cercato di tenere Firenze al caldo per tutta la stagione non rimase che una coperta cortissima.
Vecchia storia, ormai. Tanti tifosi non l’hanno nemmeno vissuta, per motivi anagrafici. E giustamente fanno il loro mestiere con entusiasmo sfrenato. Il mestiere di sognare a ruota libera orizzonti di gloria, dopo la quasi “manita” rifilata all’avversario diretto, l’Inter dell’odiatissimo Moratti che qualcuno ha ribattezzato con epiteto geniale quanto divertente la “Juventus a colori”.
Il tifoso è giusto che sogni, dice un mio carissimo amico. Per carità, ci mancherebbe altro. Cosa vai a fare a prenderti acqua, vento, neve, oppure sole più cocente che nella Desert Valley, magari insieme a qualche sganassone da tifosi di altre squadre e qualche lacrimogeno o manganellata da parte della polizia di stato, se non puoi nemmeno sognare allorché se ne presenta finalmente l’occasione?
Il fatto è che il campionato di calcio, in Italia come altrove, non è più un gioco, tantomeno uno sport. E’ una faccenda diventata terribilmente seria nella quale ballano interessi economici spaventosi. Una volta era ritenuto ammissibile – da parte di chi gestisce a vari livelli quegli interessi – che un Verona come quello di Osvaldo Bagnoli, una Sampdoria come quella di Vujadin Boskov, un Cagliari come quello di Manlio Scopigno o anche una Fiorentina come quella di Bruno Pesaola scappassero via in qualche annata in cui le corrazzate di Milano, Torino e Roma erano un po’ in disarmo. Era ammissibile purché non si ripetesse troppo spesso, e addirittura gli stessi padroni del vapore lo accettavano come facente parte della stessa bellezza del calcio. Golia senza Davide alla fine si romperebbe le scatole.
Adesso non più. Adesso gli scudetti e le Champion’s sono quotate in borsa e vengono messe a bilancio. Adesso, se non sei un magnate russo o uno sceicco, guai se non ti arrivano i soldi di Sky o di Premium che spettano ai vincitori o comunque ai primissimi classificati. Ecco perché stare lassù in vetta è diventato ancora più difficile in questi ultimi vent’anni trascorsi da quando il Trap predicava da queste parti. Il freddo adesso è diventato gelo polare.
Il tifoso è giusto che sogni, perché il sogno è l’essenza della sua stessa anima. Ma è bene che lo faccia con moderazione. Est modus in rebus, diceva Plinio il Giovane (che poi però andava a vedere i Giochi del Colosseo come tutti gli Antichi Romani, non meno fanatici dello stadio degli attuali). E’ bene farlo in silenzio, perché come in tempo di guerra, “il nemico ti ascolta”. Da questo momento è bene sapere che alla Fiorentina nessuno regalerà più niente. Già da domenica l’Atalanta verrà a difendersi come a Fort Apache, in casa della capolista. Già da domenica, forse, il Palazzo invierà arbitri – diciamo così – meno benevoli, o anche soltanto meno pronti del pur inquietante Damato a dare alla Viola quello che è della Viola.
Se dovessimo attraversare momenti meno felici di quello attuale, ricordiamoci della profezia del Trap. Che tra l’altro in un’altra occasione egualmente triste per noi, nel 1982, era dall’altra parte della barricata. Era a Catanzaro dove il gol della Juventus venne convalidato, anzi propiziato. Mentre a Cagliari quello di Graziani veniva annullato. E ancora a distanza di più di 30 anni il sig. Mattei di Macerata non ha saputo dire perché. Ma in compenso l’ha fatto capire benissimo.
E’ un’annata strana. L’anno in cui ti scappa un Verona o una Sampdoria. Ad occhio e croce, squadre in senso assoluto più forti della Fiorentina non sembrano esserci. Magari squadre più robuste, più attrezzate sì. La panchina di Paulo Sousa non è lunghissima. L’inverno invece – come si è detto – è molto, molto lungo.
Sembra che il “sacco di San Siro” abbia risvegliato nei nostri patròn di Casette d’Ete emozioni che forse non sapevano nemmeno loro di avere. Bene, anzi benissimo. E’ importante che i giocatori ed i tifosi vedano in tribuna più spesso anche Diego, oltre al sempre presente Andrea Della Valle. E’ importante però che tutti vedano anche altri segnali. Al mercato estivo la famiglia ha fatto una scommessa da brividi. A quello di gennaio sarebbe bene che si andasse sul sicuro, e di livello.
Cari Andrea e Diego, se qualche vostro dirigente vi si presentasse a gennaio con la proposta di prendere un certo Fabrizio Ficini perché è un affare da plusvalenza sicura, date retta ad un vecchio tifoso: lasciate perdere. Meglio non prendere nessuno.
A tutti quanti gli aficionados viola, calma e gesso. Il gatto finché non è nel sacco può essere una belva feroce da catturare. Firmato Giovanni Trapattoni.

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