venerdì 9 settembre 2016

CONTROCORRENTE: Il Movimento vede le stelle

7 settembre 2016



Non mi piace. Il Movimento Cinque Stelle mostra i muscoli, e già questo non va bene, perché doveva mostrare soltanto di essere in grado di "fare meglio". La durezza, l'arroganza, la strafottenza la sapevano fornire in quantità quelli del PD, insieme all'incapacità. Non c'era bisogno di un nuovo movimento fotocopia.
E invece. La mascella indurita di Di Battista ricorda quella di Domenici, il Sindaco di Firenze che disse ai cittadini "io fo come cazzo mi pare". Gli occhietti strizzati e la reticenza a rispondere alle interviste di Di Maio ricordano il suo conterraneo Ciriaco De Mita, quacosa che non volevamo francamente vedere (e sentire) mai più. Le urla di Grillo altrettanto francamente hanno rotto le scatole. Come arruffapopolo non vale D'Annunzio, come urlatore non vale Vanna Marchi, anche se disturba i timpani allo stesso modo. Della maestrina dalla penna rossa Raggi non dico nulla, visto che le difficoltà in cui si trova meritano attenuanti, ma se non si sbriga a combinare qualcosa assomiglierà alla Serracchiani, ed é il peggior insulto che si possa fare ad un essere umano femmina.
No, non mi piacciono. L'istinto purtroppo non mentiva. Ho tanta paura che abbiamo messo in casa l'ennesimo movimentaccio, partitaccio, di cui poi liberarsi è difficile. Anche perché sono tutti uguali, e tutti uguali a noi italiani che ce li meritiamo.


8 settembre

A PROPOSITO DEL MIO POST DI IERI SUI CINQUE STELLE

Allora, fa chiarezza la Raggi, vedrò di farla anch’io.
Caro Stefano, le tue contestazioni meritano una risposta articolata e circostanziata. Anzitutto, da che parte sto? Da nessuna, Stefano. Da quella dell’Italia, come dovrebbe stare ogni cittadino. Sono trent’anni che, quando voto, lo faccio per chi penso che mi garantisca il programma migliore per affrontare l’immediato futuro (al sole dell’avvenire credo che abbiamo smesso tutti di credere da tempo, almeno spero).
Conseguentemente a questa mia impostazione, nel 2013 decisi di dare una chance al M5S. Non perché gli urlacci di Grillo avessero fatto presa sui miei nervi scossi dalle malversazioni della Prima e della Seconda Repubblica. Ma perché pensavo che questi ragazzi erano appunto fuori da schemi che in qualche modo bisognava rompere.
Non solo detti loro il voto, ma partecipai a tre o quattro riunioni della loro sezione locale di Vaglia, dove all’epoca abitavo. Mal me ne incolse, a tutti i livelli. A livello nazionale, il mio voto servì come quello di tutti gli altri, a Beppe Grillo per mettere su quella indegna sceneggiata che favorì l’ultimo inciucio tra “destra” e “sinistra” che ha avuto come prodotto finale il governo Renzi. E non aggiungo altro. A livello locale, dopo aver passato tre o quattro serate a sentirmi ripetere “dobbiamo sentire il vertice” su ogni cosa che veniva proposta da me o da altri intervenuti, decisi che di Politburo, di Partito Comunista, di Centralismo Democratico (si chiamava così, con inconsapevole ironia) e di culto della personalità in Italia ce n’era già stato uno, ed era bastato ed avanzato. Tra parentesi, a Vaglia ha rivinto il PD alle amministrative con maggioranza bulgara anche grazie ai ragazzotti del M5S che son sempre ad aspettare le direttive del vertice. Io feci festa subito, e senza rimpianti o ripensamenti.
Ma veniamo alle questioni di attualità. Caro Stefano, la stampa, quando sta addosso a qualcuno, non fa altro che il proprio dovere. La “notizia” è a Roma, in questo momento, oggettivamente. La “notizia”, aggiungo, è che una forza che aveva avuto i due terzi dei consensi dei romani (fatto più unico che raro nella loro storia trimillenaria) sta buttando via quel favore popolare in pochi mesi, e finirà per favorire un ritorno dei “soliti noti”, dei soliti “magnaccioni” che diceva – con prosopopea pari all’improntitudine del suo “leader maximo”, di voler mandare a casa.
Ecco, caro Stefano. La stampa, in questo caso, racconta quello che succede e quello che vede. Immagino che tu voglia obbiettarmi che questa è una stampa abbastanza di regime, e che penda dalla parte di Renzi e del PD in maniera sfacciata. Può darsi, anzi senz’altro è così. Ma i fatti di Roma sono indubitabili, e sotto gli occhi di tutti. Anche grazie alla stampa. E se ai fatti di Milano non viene dato altrettanto risalto (o ad altri fatti nella sfera governativa), ciò non significa a mio parere che un cittadino con sufficiente coscienza critica e voglia di documentarsi non possa venirne comunque a conoscenza. E non è abbassando i riflettori su Roma che si alzano su Milano.
Quindi, per favore, basta con il dare la colpa agli attacchi della stampa. I ragazzi a Cinque Stelle sono entrati in un gioco durissimo. Se lo sapevano, non capisco questo sgomento attuale. Se non lo sapevano, peggio per loro. Benvenuti nella Terza Repubblica. Benvenuti in Italia. La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva Lenin, uno che combatteva un governo ben peggiore di quello di Renzi o di Mafia Capitale.
Non è con gli atteggiamenti da bulletti alla Di Battista – Di Maio che si ribalta la situazione. Uno che – sceso di moto, simbolo di virilità per eccellenza (lo sapevano i futuristi che aprirono la strada ad un altro movimento a cinque stelle, un centinaio di anni fa circa) – mostra il casco alla folla osannante come un capo barbaro, vichingo, ed è il “facciaferoce” Di Battista. L’altro, di origine bizantina come il De Mita il paragone con cui ti ha offeso tanto, caro Sefano, strizza gli occhietti vispi e subdoli e sbeffeggia il cronista che gli si fa sotto per chiedergli conto di quello che ha fatto. O peggio, non ha fatto. E non farà.
Chiedo agli amici romani (ne ho molti, per fortuna) se chi di loro ha votato i grillini (che brutta parola, è per non ripetere sempre la sigla) lo ha fatto per assistere a queste sceneggiate. O alle urlate di Grillo che ripete i suoi “vaffanculo”, “vi faremo il culo”, “levatevi di culo” ed altre amenità similari. E non è stato capace di proporre una sola soluzione una ai problemi non dico di Roma o dell’Italia, ma del condominio dove abita, senza ricascare nei soliti cliché da partito democratico o peggio ancora (se possibile).
Chiedo agli amici romani se hanno votato la Raggi con la flebile speranza che tirasse fuori dalla sua graziosa borsetta qualcosa di diverso. E non la sceneggiata a cui abbiamo assistito in mondovisione sui posti in Giunta. La Raggi ha un compito improbo, lo sanno tutti, stretta tra l’Urlatore che tiene tutti i suoi movimentisti per le palle ed un popolo che le ha dato consenso per disperazione, e per disperazione forse è già pronto a ritoglierglielo. Non è la stampa che le sta addosso, caro Stefano, ma il suo stesso partito. La Raggi ha ancora un bonus di consenso, ma lo sta spendendo in fretta. E le attenuanti alla fine non evitano la condanna. O sei in grado di governare, e magari meglio di chi t’ha preceduto, o il popolo alla fine ti si rivolta contro, e senza pietà né comprensione. Proprio la Storia di Roma ce lo ha insegnato.
Quanto all’onestà, consentimi di pensarla come Giulio Cesare, che stabilì che la propria moglie dovesse essere al di sopra di ogni sospetto, sempre e comunque. E’ stato poco seguito nei millenni successivi, ma la questione sta proprio così. Aspettiamo che siano i posteri a giudicare, e non diamo a nessuno certificazioni di onestà ISO preventive. Che poi chi ne paga il prezzo siamo sempre e comunque noi.
Quanto all’offensività dei miei paragoni, ti dico cosa ho detto a chi mi ha infamato per i miei articoli sulla Fiorentina. Posso essere non condivisibile, o smentibile dai fatti, e se è così lo ammetterò. Ma ridicolo e offensivo, come del resto ogni giornalista (anche se io formalmente non lo sono), proprio no. Se il paragone o il giudizio non ti piace, non commettere l’errore di cui accusi me: quello di pensare che il tuo giudizio è fondato, quello diverso dal tuo no. A prescindere.
Devo una precisazione anche ad Anna Maria. Non siamo “comuni mortali” che subiscono una “casta”, siamo “cittadini” che quella casta ce l’hanno messa, lì dov’é. Ed avremmo il potere almeno teorico di mandarla a casa, come riesce a fare ai cugini francesi, inglesi e perfino tedeschi. In questo senso è valido il detto che ogni popolo ha il governo che si merita. Noi, mia cara, pensiamo un po’ troppo al lato piacevole della vita e un po’ troppo poco a quello connesso alle responsabilità. Non ci facciamo troppe domande, e non gradiamo che ci vengano fatte. Basta tirare a campare.
Per questo abbiamo Renzi, ed in alternativa Beppe Grillo. 
Penso di essere stato esauriente e chiaro. Se non è così, spero che nessuno si senta offeso. Casomai, non sono stato io ad offenderlo.

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