lunedì 27 ottobre 2014

Lavori in corso alla Scala del Calcio



Non si può vincere sempre. Soprattutto quando sarebbe la quarta volta consecutiva sullo stesso campo, quello che una volta veniva definito nientemeno che la “Scala del Calcio”. Tre anni fa una Fiorentina che lottava per non retrocedere (e soprattutto per non sprofondare nel ridicolo e negli schiaffi) eliminò a sorpresa dalla corsa scudetto un Milan lanciatissimo. Nei due anni successivi Milan-Fiorentina era stato soprattutto il Borja Valero Show (purtroppo regolarmente vanificato dal match di ritorno).
Stavolta la Fiorentina porta via da San Siro un punto. E’ il classico bicchiere mezzo pieno. Ognuno può guardare la metà che preferisce, avendo comunque la sua parte di ragione. Per come si erano messe le cose, è un punto ottimo, che muove una classifica che cominciava a farsi preoccupante dopo un avvio di campionato che definire balbettante è un eufemismo. Il Milan quest’anno è una squadra decisamente rimotivata e rimessa in campo decentemente da Pippo Inzaghi, non più la banda di mestieranti allo sbaraglio del crepuscolo di Allegri. I rossoneri scendono in campo con la bava alla bocca, confidando – finché regge loro il fiato – sugli estri di un rigenerato El Sharawy e dell’ottimo acquisto Menez, oltre che sulla provvidenziale venuta meno di Mario Neuro-Balotelli. Quest’anno, soprattutto in casa loro, crediamo che regaleranno molto poco.
Il vantaggio rossonero di De Jong
La Fiorentina è quella che sappiamo. Lentamente sta ritrovando forma, determinazione e motivazione, di squadra e dei singoli. Il problema è che non ha attacco e a volte si dimentica di avere anche una difesa. La disattenzione che porta de Jong a segnare di testa circondato da tre difensori viola a cui rende diversi centimetri fa il paio con quella che ha mandato la Lazio in vantaggio la domenica precedente, e poteva costare altrettanto cara.
A quanto pare, i viola almeno un regalo a partita si sentono obbligati a farlo, a  qualsiasi avversario. Dopo di che la notte si fa regolarmente più buia, perché il gioco della Fiorentina dall’inizio della gestione Montella di spettacolo ne produce quanto se ne vuole, ma di gol veramente pochi. A ben vedere, la classifica attuale dei gigliati dipende da tre tiri da lontano: Kurtic con l’Atalanta, Babacar con l’Inter e Ilicic ieri con il Diavolo rossonero.
Senza la prodezza dello sloveno, che finalmente ha giocato due partite di fila a parziale altezza della propria fama e soprattutto della cifra che è costato alla Fiorentina ingaggiarlo, probabilmente saremmo qui adesso a commentare un’altra sconfitta, perché i ragazzi in viola hanno dimostrato anche a San Siro la consueta idiosincrasia a rendersi pericolosi dalla tre quarti avversaria in su.
Il Milan l’attacco ce l’avrebbe, e nel primo tempo – gol a parte – mostra di potersi rendere più pericoloso della Fiorentina. Poi nella ripresa il fiato gli viene a mancare, le sue ripartenze naufragano sui muscoli inaciditi, la Fiorentina può uscire con i suoi palleggiatori e riprendersi quel possesso palla su cui ha costruito in passato le sue fortune.
Peccato che di entrare in area ed impensierire Abbiati non se ne ragioni proprio, anzi, sono proprio i due uomini migliori fin qui – Aquilani e Cuadrado – a fare più fatica in mezzo alla fisicità del centrocampo milanista. Muntari andrebbe richiamato fin dai primi minuti, ma anche gli altri, anche se più correttamente, non scherzano.
Ecco allora che le speranze viola di raddrizzare partita e classifica dipendono tutte dalla soluzione da fuori area. Considerato che calci d’angolo e punizioni sono diventate tabù e che per farsi dare un rigore è necessario entrare in area e poi subire fallo (e comunque è già tanto che l’arbitro Banti diriga la partita senza sviste, negandolo al Milan il rigore per evidente simulazione in un paio di circostanze), bisogna provarci da lontano. Va male ad Aquilani, Cuadrado non sfonda, e dunque la mossa del cambio tra sloveni, Ilicic per Kurtic, finisce per rivelarsi azzeccata.
Il pareggio viola di Ilicic
Fin dal momento in cui batte il “cinque” al connazionale, Josip Ilicic appare con una determinazione dipinta sul volto che non gli conoscevamo nelle precedenti apparizioni. Come già giovedi a Salonicco, gli spazi lasciatigli dagli avversari sono sufficienti a permettergli qualche giocata di classe, pur ai suoi ritmi compassati. Quando la palla gli giunge su sciagurato rinvio di De Sciglio, il “bradipo” non perdona.
La mezz’ora finale è come un match tra due pugili esausti, che si scambiano gli ultimi colpi alla cieca. Batti e ribatti continuo, risultato che appare in bilico e che potrebbe cambiare da un momento all’altro. Sarebbe anche una partita divertente se non fosse giocata alla “viva il parroco”, con le due squadre che si fanno un dovere di non indovinare un passaggio che sia uno. Ci sarebbero intere praterie aperte ai rispettivi contropiedi, ma nessuna delle due è in grado di arrivare nell’area avversaria con un minimo di decenza.
In questa gara allo svarione, brillano due gesti tecnici che riportano alla mente il bel calcio che fu, un controllo volante di tacco del “niño” Fernando Torres e un palleggio volante tra Aquilani e Borja Valero. Perle in un deserto costellato di troppi strafalcioni.
Alla fine il pareggio è giusto. Banti fischia a metà dell’ultima azione con la Fiorentina in attacco e Borja Valero che stava caricando il destro da trenta metri. Forse l’arbitro livornese non ne può più nemmeno lui della sagra delle pallonate. Né Inzaghi né Montella hanno del resto idee e soluzioni per far propria l’intera posta.
Anzi, il tecnico viola ha mostrato chiaramente le sue intenzioni a un quarto d’ora dalla fine, quando risponde alle evidenti difficoltà del Milan di contrastare la sua squadra a centrocampo togliendo l’unica punta Babacar per il centrocampista di puro contenimento Badelj. E’ il calcio italiano, bellezze. Il punticino è sempre il punticino, e il giovine Montella deve aver pensato che era già grassa ad aver segnato un gol, con questi chiari di luna.
Peccato che i vecchi, consumati manuali del calcio insegnavano e insegnano tutt’ora che una punta fisicamente prestante come il “Baba” si tiene sempre in campo, anche esausta, per mantenere la squadra alta. Che infatti, uscito lui, si è ritrovata costretta trenta metri più indietro.
Undici punti, intanto, e undicesimo posto. Torneranno tempi migliori? Speriamo. Mercoledi intanto c’è Di Natale. Dubitiamo che Stramaccioni ci farà il regalo di non metterlo in campo.

Nessun commento:

Posta un commento