lunedì 13 ottobre 2014

Quando i poliziotti si levano il casco

10 dicembre 2013

Francoforte, 19 maggio 2012. Nel pieno della manifestazione Occupy Frankfurt che infiamma la città tedesca al pari di molte altre città europee sull'onda di quanto successo a Wall Street, N.Y., per protesta contro una crisi economica provocata dalle banche e pagata più che mai a caro prezzo dalla gente comune, accade un fatto incredibile, senza precedenti. I poliziotti che prestano servizio d'ordine al corteo che sfila per il centro della città, peraltro pacificamente, ad un certo punto si sfilano i caschi dell'uniforme antisommossa e sembrano quasi mescolarsi ai manifestanti, ponendosi alla testa di quel corteo.
L'opinione pubblica si divide subito. Chi sostiene che si è trattato di un semplice espediente tattico adottato dalla Polizei per stemperare il clima e mantenere la manifestazione sui binari pacifici fino a quel momento percorsi. Chi sostiene invece che gli uomini in uniforme abbiano voluto in quel modo esprimere la loro solidarietà ed il loro rispetto per una protesta e per dei manifestanti che anche loro, in fondo cittadini comuni che pagano la crisi come tutti gli altri, sentono essere profondamente nel giusto.
Il dilemma rimane, destinato a non essere risolto. Perché  un poliziotto in servizio non potrà mai dichiarare sentimenti di comunanza con coloro che dovrebbe controllare, eventualmente contenere, alla peggio reprimere. Nel frattempo, la crisi si fa sempre più pesante, in Europa si susseguono le manifestazioni, che spesso degenerano in scontri con le forze dell'ordine. Non si assiste più a episodi come quello di Francoforte. Più facile assistere a una scarica di legnate, tra agenti in assetto di guerra e manifestanti più o meno organizzati e più o meno inferociti.
In Italia si manifesta poco, anche se la tensione sale quotidianamente, e il disprezzo per una classe politica ed un sistema ritenuti pressoché unici responsabili delle condizioni economiche del paese sempre più drammatiche aumentano in modo direttamente proporzionale alla disillusione verso possibili soluzioni democratiche, legalitarie. In Sicilia nasce il movimento dei Forconi, un'area di protesta che mette insieme il popolo delle partite IVA (una volta, al tempo di vacche meno magre, rappresentato dentro il sistema dal centrodestra e ora invece in crisi di rappresentanza, oltre che economica) a tutti quei cittadini in vario e diverso modo sospinti ai margini di un'economia sempre più di mera sussistenza. Si assiste a qualcosa di cui si era persa la memoria in Italia: blocchi stradali, serrate, centri cittadini occupati. La Polizia sorveglia.
A Roma si rivedono i Black Bloc, ed è guerra civile. Nessun dubbio per nessuno su da che parte stia la ragione, ammirazione semmai per chi continua a fare il proprio dovere pur sotto i colpi di una spending review che taglia ulteriormente stipendi già magri e dotazioni già insufficienti, se non ridicole. Perplessità anche per la puntuale comparsa dei teppisti neri ogni volta che il popolo scende in piazza per motivi seri, ma questo è un altro discorso.
Sempre a Roma, lo scorso aprile, esplode la rabbia per l'indegno spettacolo offerto dalla Casta in occasione della riconferma di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica. Quella sera, è chiaro che solo il massiccio schieramento di forze dell'ordine in Piazza Montecitorio evita guai e permette ai parlamentari di uscire e far ritorno alle proprie abitazioni senza problemi. Un leader politico, Beppe Grillo, viene addirittura sconsigliato dal presentarsi in piazza per non infiammare ulteriormente gli animi. La rabbia è tanta, la gente è numerosa, molto più numerosa dei ragazzi in divisa, che tuttavia sono ancora un deterrente sufficiente, in un modo o nell'altro.
9 dicembre 2013. I Forconi scendono in piazza di nuovo, e stavolta lo fanno in tutta Italia. Da Torino a Milano a Genova a Firenze a Roma, i Forconi intercettano tutto il malessere accumulato in sei anni di crisi e almeno due di provvedimenti governativi più o meno iniqui e vessatori. Il clima di tensione è al calor bianco, ci sono scontri, inevitabili. Poi si ripete il miracolo di Francoforte. A Bolzano c'é un tentativo di assalto all'Agenzia delle Entrate locale. La Polizia contiene, poi ristabilito l'ordine si sfila il casco e si confronta pacificamente con i manifestanti, che la applaudono. Stessa cosa avviene poco dopo a Torino, a Genova, a Rho. Gli agenti sembrano proprio solidarizzare con i dimostranti. La Questura di Torino interviene con un comunicato in cui, in perfetto burocratese, viene informata l'opinione pubblica che si è trattato di un semplice “cambio d'abito”, alla fine di una situazione operativa che non richiedeva più l'impiego dell'assetto antisommossa. Sarà così certamente, tuttavia compaiono nelle piazze alcuni comunicati sindacali delle Sigle che rappresentano i poliziotti, che parlano di una realtà diversa. "Condividiamo e plaudiamo al gesto di quei poliziotti che si sono tolti i caschi in segno di solidarietà con quella parte dei manifestanti che ha pacificamente mostrato il proprio disagio per la grave crisi che attraversa l'Italia", commenta il segretario nazionale dell'Ugl Polizia di Stato, Valter Mazzetti. "Togliersi il casco - aggiunge il segretario del Siulp, Felice Romano - in segno di manifesta solidarietà e totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna è un atto che per quanto simbolico dimostra però che la misura è colma". Più chiaro di così.....
Proprio all'Italia, finora fanalino di coda tra gli Indignados europei e mondiali, tocca dar luogo all'episodio più eclatante e simbolico a due anni di distanza quasi dall'apripista tedesco. Neanche per un attimo un solo agente manca di fare il suo dovere, fino in fondo e come sempre. Ma neanche per un attimo c'é il dubbio su dove batte oggi il cuore di quegli agenti. Del resto, chi è in piazza avverte stati d'animo e interpreta situazioni critiche meglio di qualsiasi Questura, per semplici motivi adrenalinici. In tutte le città in cui i poliziotti si sono tolti l'elmetto, chi era di fronte a loro li ha applauditi, gridando loro “Siete come noi”.
Le reazioni del mondo politico sono scontate. Chi è più o meno abituato a cercare di intercettare (e cavalcare) gli umori delle piazze ha battuto le mani agli uomini in divisa senza casco e ai Forconi che li hanno applauditi, senza perdere slancio nella protesta continuata anche oggi. Chi è abituato ormai a chiudersi nel Palazzo e teme la folla, ha stigmatizzato. Grillo invita carabinieri, poliziotti e finanzieri a unirsi alla protesta esplicitamente. Berlusconi esorta il governo a ricevere i leader della protesta. Gli altri, chi più chi meno, disquisiscono, come tante Marie Antoniette che si sorprendono che il popolo non mangi croissant al posto del pane e magari cominciano a temere che i custodi dell'ordine (e della loro incolumità) si accorgano che in fondo di quel popolo fanno parte anche loro.

Un poliziotto che si toglie il casco in piazza è un segnale molto forte, forse più forte di ogni altro segnale di cambiamento pervenuto in questi giorni. Se agli occupanti del Palazzo rimane un po' di buon senso, forse è il caso di non sottovalutarlo.

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