martedì 17 marzo 2015

Fiorentina inferno e paradiso



Il Diavolo e tanta acqua. Fino al minuto 83 di Fiorentina – Milan questo sarebbe stato il titolo dell’articolo che state leggendo. Un resoconto piuttosto dimesso delle difficoltà della Fiorentina stessa a far fronte a tanti impegni ravvicinati di alto livello con un organico sottodimensionato in quantità e qualità. Tanto da far risorgere come Lazzaro anche il Milan crepuscolare di Pippo Inzaghi, dopo l’incerottata Roma di Rudy Garcia.
Fino al minuto 83. Poi il vento che soffia favorevole alle spalle della squadra viola in questo scorcio di inverno 2015 ha scompigliato tutto, dal risultato finale di una partita incredibile dapprima per quanto è stata brutta e poi per le emozioni che ha comunque saputo dare nei minuti finali, fino alla necessità per il cronista di inventarsi un titolo capace di riassumere efficacemente tutto ciò che a livello di sentimenti e sensazioni era contenuto nell’urlo finale dello stadio Franchi al 96’.
Abbiamo parlato tante volte di “inerzia” della partita. E’ un concetto che più che con la fisica dei corpi ha a che fare con la metafisica dell’essere, quel concetto di Destino, o più appropriatamente di Fato, che fin dal tempo degli Antichi Greci sappiamo essere sotteso a tutte le cose umane, e quindi anche a quello che è lo sport umano per eccellenza, il gioco del calcio.
Il Destino - o Fato a seconda dei gusti e delle inclinazioni filosofiche - di una partita appare a volte segnato in partenza. Ci sono match che chiaramente non cambierebbero nel risultato neanche se durassero quattro giorni di fila. Altri invece che per quanto male comincino e proseguano appaiono (non soltanto ai tifosi più accecati dalla passione) destinati a concludersi in apoteosi. Termine che significa a sua volta glorificazione.
Al minuto 83 i nodi del destino di questa Fiorentina vengono sciolti, e la partita va ad aggiungersi al filotto da lei messo insieme in quest’ultimo mese. Roma, Inter, Tottenham, Juventus e adesso anche Milan sono le vittime illustri della Banda Montella, una serie che a occhio e croce non ha precedenti negli ultimi 40 anni. Un filotto che vale il quinto posto in coabitazione con la Sampdoria ad un punto dal Napoli e cinque dalla Roma, a cui tra due giorni i viola andranno a rendere visita per il passaggio ai quarti di Europa League.
Presentando questa partita avevamo scritto che la gara più difficile era proprio questa casalinga contro una nobile decaduta come la truppa di Pippo Inzaghi, che come già un anno fa avrebbe potuto trovare qui al Franchi le condizioni favorevoli per risorgere. Per buona parte del match infatti succede proprio questo. Il turnover obbliga Montella a schierare una sorta di Fiorentina B, anche se a questo punto della stagione non si sa più realmente chi è titolare e chi no.
Tra infortunati, convalescenti, risparmiati per giovedi, risparmiati per rispetto all’età e squalificati, sono fuori gioco Salah, Diamanti, Tomovic, Savic, Pizarro, Gomez, Babacar. Vargas ed Alonso sono in panchina, con Joaquin e Badelj. In tribuna – per condire il tutto – c’è quel Rossi che a quest’ora avrebbe dovuto essere rientrato in gruppo. In compenso, lo strepitoso Neto di queste ultime settimane viene confermato a furor di popolo, e anche stasera avrà il suo da fare risultando determinante.
In campo va un 3-5-2, o meglio un 3-5-1-1 che apparentemente ricalca gli schemi consueti di Montella. In realtà, senza Savic e Pizarro dietro e con il peso dell’attacco tutto sulle spalle di un Gilardino per la prima volta impiegato per 90 minuti e di un Ilicic a cui ormai la qualifica di falso nueve si attaglia come un debito kharmico, con Rosi e Richards sulle fasce e Borja Valero e Aquilani nel mezzo a non far rimpiangere tra tutti e due il Pek, ne viene fuori qualcosa che della squadra allenata finora da Vincenzo Montella è francamente parente alla molto lontana.
Il primo tempo sembra un deja vu, una di quelle partite degli anni bui, gli anni 70, quando il calcio italiano viveva un momento di crisi epocale quasi come l’attuale, e cercava una sua dimensione trascorrendo le domeniche tra pallonate inguardabili e giocate – chiamiamole così – da dimenticare. La Fiorentina appare messa in campo approssimativamente, e anche stanca di testa. Il Milan non fa niente di eccezionale, ma la scelta di Inzaghi di mandare tre attaccanti contro i tre difensori di Montella si rivela pagante. Honda, Menez e Destro fanno paura in almeno tre occasioni ad un Franchi che si aspetta ad un certo punto di rivivere incubi che si chiamano Lazio o Napoli. Un po’ la presenza puntuale dell’ottimo Neto, un po’ l’insipienza tecnico tattica degli attaccanti milanisti fanno sì che il tempo si concluda provvidenzialmente sullo 0-0.
Così non può andare avanti. Per quanto Ilicic e Gilardino, lo sloveno soprattutto, si battano con coraggio e determinazione, risultano tagliati fuori dal resto della squadra. Il centrocampo viola è inesistente. Aquilani è costretto a fare il vice Pizarro, e soffre la posizione non essendo ancora ritornato al meglio delle sue condizioni. Borja Valero meriterebbe un discorso a parte, l’abbiamo fatto più volte e non vorremmo ripeterci. Questo non è più parente del campione arrivato tre anni fa dal Villareal, è un giocatore che in questo momento difficilmente raggiunge lo standard minimo per la Serie A. Che cosa gli succede lo sa solo lui. Qui ci limitiamo a dire che anche stasera la Fiorentina gioca in 10, anzi peggio perché a volte il giocatore spagnolo è di ostacolo ai compagni e ad una manovra più fluida e veloce.
La difesa, non protetta da un filtro di centrocampo, vede esaltate ampiamente le proprie lacune. In questo schema tattico Richards è un po’ spaesato, Rosi fa quello che può e Pasqual sacrifica la propria spinta in avanti per tappare buchi che i suoi 33 anni appena compiuti rendono sempre più larghi. Gonzalo e Basanta sono di fatto l’unica fune di sicurezza insieme a Neto che trattiene la Fiorentina dal baratro lungo il quale corre per tutto il primo tempo.
Qualcuno parla di ennesima formazione sbagliata di Montella, qualcuno sottolinea invece che la situazione attuale non offre alternative. Una cosa è certa, questo Vincenzo Montella si fa sempre più coraggioso ogni giorno che passa, e non si spaventa a cambiare addirittura due giocatori insieme. Al rientro in campo, restano fuori due che pagano al di là delle loro colpe individuali, Aquilani e Richards, ed entrano Badelj e Joaquin, con Rosi arretrato terzino.
E’ un’altra Fiorentina. Forse c’è stata anche la strigliata del tecnico negli spogliatoi, forse c’è la consapevolezza che il turno di campionato offre occasioni di risalita in classifica irripetibili, e che a questo punto non si può scegliere ancora su quale competizione puntare. C’è un campionato da onorare e finora stasera la Fiorentina non lo ha fatto, a parte un tiro di Ilicic che nel primo tempo meritava miglior sorte. Ad avvio ripresa ci prova Badelj, allo stesso modo sfortunato. Sembra il segnale della riscossa viola, ed invece passa il Milan, nel momento migliore dei padroni di casa.
Bonaventura è stato a lungo seguito dalla fiorentina, per poi accasarsi a Milanello. Stasera è la fonte di gioco principale dei rossoneri, ed anche quello che se capita l’occasione non si perita a tirare in porta. Gli capita al 10’, il tiro è sbilenco e finirebbe forse sotto la Maratona, ma incoccia nei piedi di Destro, uno che quando si tratta di rapinare gol alla Fiorentina è sempre presente, con ogni maglia e ad ogni latitudine.
Nemesis, Fato, lo chiamavano i greci. Sembra il segno lasciato su una partita destinata a finire male per la Fiorentina. Che da quel momento mostra sì il carattere necessario a reagire ma anche una pochezza di idee disarmante. Il gioco alla spagnola funziona bene quando tutti stanno bene e l’avversario non si chiude in 10 dietro la linea del pallone. Altrimenti è una jattura che vanifica qualsiasi sforzo. Per andare contro al destino stasera ci vuole il colpo di genio di qualche campione, la giocata di un fuoriclasse che riscatti serata e risultato.
La Fiorentina per l’appunto di campioni in campo nella circostanza ne ha almeno due. Minuto 83’, una delle tante discese di Joaquin Sanchez Rodriguez, incontenibile per la difesa milanista come già per molte altre in passato. Il cross che mette alla perfezione tra Diego Lopez ed i suoi compagni di reparto aspetta solo uno che salti al momento giusto. La Fiorentina ce l’ha, ha il numero 2, si chiama anche lui Rodriguez, è argentino e di nome fa Gonzalo. E’ il capocannoniere viola, da stasera.
La gioia rabbiosa di Gonzalo mentre scappa via stringendo i pugni dopo l’inzuccata vincente mostra che la squadra viola ha buon sangue, e lotta e lotterà fino alla fine per farselo da sola il proprio destino, che ci riesca o no. I compagni intanto son già nel cerchio di centrocampo, c’è fretta di riprendere. Già, la stessa fretta che ha il pubblico, che guarda l’orologio. Altro che accontentarsi di un pareggio a cui non credeva più nessuno. C’è il tempo per vincerla, sette minuti più recupero. Mentalità da grande squadra, nella serata in cui si è giocato peggio. Firenze è cresciuta tanto, insieme ai suoi giocatori.
Succede di tutto nei minuti finali, e tutto va nella direzione sperata dalla Fiorentina. Il Fato è tinto di viola. Al 40’ si ripete per la seconda volta l’inusuale episodio dell’infortunio dell’arbitro, come già in occasione di Genoa – Fiorentina allorché si fece male Rizzoli e fu sostituito dal quarto uomo Di Bello. Stasera tocca al sig. Carmine Russo, che non ha arbitrato male, ma ha avuto la tendenza a tirare fuori il giallo sempre e soltanto davanti al viola. La sua faccia, detto senza offesa, non è né simpatica né beneaugurante. Molto meglio il subentrante Valeri, fino a quel momento arbitro di porta.
E comunque i viola non danno al nuovo arbitro alcun motivo di sbagliare. Tre minuti dopo l’azione con cui Pasqual arriva a crossare dalla tre quarti milanista è regolarissima, ed altrettanto lo è la posizione di Joaquin che si avventa di testa sul pallone e fa esplodere il Franchi grazie al più bello ed al più importante dei suoi gol italiani. E’ un peccato che il nome di questo campione non sia nell’elenco delle Furie Rosse che vinsero il primo mondiale per la Spagna nel 2010. Di sicuro il suo nome era già nel cuore dei tifosi viola prima di stasera. Adesso lo sarà ancora di più.
I sei minuti di recupero sono un torello a tutto campo fatto al Milan. Alla fine, agli infradiciati spettatori del Franchi resta la consapevolezza di aver assistito ad una bruttissima partita finita con il risultato più desiderabile ai danni di un’avversaria storica, un 2-1 in rimonta di quelli che si sognano la notte. Resta anche il conforto di aver assistito ai battiti del cuore di una squadra che forse non avrà al proprio arco tutte le frecce necessarie, ma vuole provarci fino in fondo a tutti i costi. E resta anche una classifica che riapre tanti discorsi, anche se la concorrenza è nutrita e agguerrita. In serata arriva la notizia della vittoria sampdoriana a Roma, che complica un po’ il quadro di campionato e di coppa per i viola, destinati giovedi ad incontrare un avversario con il sangue agli occhi.
E’ una Fiorentina che ogni tre giorni gioca contro il Destino. La volevamo così. Avanti la prossima.


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