martedì 21 aprile 2015

I dolori del giovane Vincenzo



Turnover o non turnover? Questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine?
Ci perdonerà William Shakespeare, sulla sua nuvola d’oro lassù dalla quale assiste quotidianamente alle nostre tragedie che superano sempre di più in atrocità quelle partorite a suo tempo dal suo genio e dalla sua fantasia creativa. Ci perdonerà, perché non sappiamo trovare al Vincenzo Montella attuale altro archetipo che il suo Amleto, il personaggio protagonista della madre di tutte le tragedie.
Ma il calcio è tutt’altro che una tragedia, per fortuna. Ultimamente, anzi, se proprio lo vogliamo accostare ad un genere letterario, vira un po’ verso la farsa. Chissà se il grande commediografo inglese si sarebbe appassionato ad uno sport inventato – o reinventato – nel suo paese quasi trecento anni dopo la sua dipartita. Chissà, in caso affermativo, che avrebbe detto di questo Fiorentina – Verona andato in scena allo Stadio Franchi ieri sera.
Crocevia del destino, intreccio di passioni, la trama iniziale forse non sarebbe dispiaciuta allo stesso Shakespeare, foriera com’è di consueto di sviluppi affascinanti. Gli sviluppi, semmai, ecco, quelli forse avrebbero lasciato a desiderare anche per lui, almeno quelli messi in scena ier sera da registi ed attori non proprio ispirati al meglio. Chissà dunque se avrebbe impugnato il celebre amletico teschio ripetendosi la domanda d’apertura (turnover? chi era costui? avrebbe scritto più tardi un altro grande della letteratura), oppure l’avrebbe scagliato contro la televisione come tanti contemporanei accomunati dalla passione viola al gol di Obbadi. Oppure semplicemente quel gol non l’avrebbe visto, essendosi addormentato da tempo sul divano.
Crocevia del destino, dicevamo. Fiorentina – Verona si presentava come gara decisiva per entrambe. Gli scaligeri mancavano ancora della certezza matematica della permanenza nella massima serie, dopo una serie di sconfitte da fare invidia alla Fiorentina di inizio campionato. La quale Fiorentina invece, a detta almeno di chi ha parlato in conferenza stampa a suo nome, aspirava ancora a rientrare in lizza per il discorso Champion’s, complici i non brillanti risultati delle romane.
Intreccio di passioni. Accade che le tifoserie di Fiorentina e Verona – per una di quelle misteriose alchimie che si creano in questo mondo del calcio dove è difficile definire la stessa nozione di amicizia, vissuto com’è almeno nel nostro paese come la continuazione della guerra con altri mezzi – siano da tempo gemellate, come si usa dire. Il che vuol dire che quando si incontrano, sugli spalti o per le strade delle rispettive città, invece di oltraggiarsi a morte o menarsi di santa ragione si omaggiano come signorie di altri tempi ed altri galatei.
Bisognerà dunque prima o poi rivedere questa mappa geopolitica dei gemellaggi. A ben vedere ha lasciato più punti quest’anno in mano alle gemelle la Fiorentina che non in mano alle acerrime nemiche. Nelle due sciagurate partite casalinghe contro le amiche del cuore, Torino e Verona, la Fiorentina ha praticamente gettato via ogni realistica chance di arrivare all’ultima giornata in corsa per la qualificazione alla Coppa con le orecchie.
Mentre gli Ultras si trastullano con i cori inneggianti all’Hellas Verona, vien fatto di pensare che questa partita arriva in calendario al momento sbagliato e sotto pessimi auspici. Il Verona, da quando è tornato in serie A, ha preso più gol dalla Fiorentina che dalle altre avversarie messe insieme. La scorsa stagione furono nove tra andata e ritorno. Difficile che Mandorlini voglia attenersi ancora ai doveri di ospitalità e all’etichetta del gemellaggio. I gialloblu che scendono in campo a Firenze sono una formazione da “o palla o gamba”, palla a Toni e pedalare, vincere o morire. Quando l’arbitro Mazzoleni peraltro tira fuori il primo cartellino giallo, i tacchetti dei veronesi si sono già fatti ampiamente sentire, ed il primo tempo ormai se n’è andato.
Dall’altra parte sta, come novello Amleto, Vincenzo Montella. Il giovin allenatore sta combattendo contro se stesso e contro il mare di affanni (e di stanchezza) su cui si trova a navigare la sua squadra. Montella sa, l’ha detto più volte, che una Fiorentina 2 non è neanche pensabile, visto ciò che una società dal braccio corto gli ha messo a disposizione. Eppure sceglie per il più ampio turnover visto in questa stagione. Il Verona non incute grande timore, e l’uomo di Pomigliano d’Arco avverte che i suoi non sono più quelli di un mese fa, sullo scatto e sulla tenuta.
Il turnover si abbatte dunque sulle speranze viola come uno tsunami selvaggio. Neto, Rosi, Tomovic, Basanta, Pasqual, Aquilani, Badelj, Lazzari, Diamanti, Gilardino, Ilicic. Giocatori che presi singolarmente, e presi in altri contesti ed in altre epoche, magari hanno anche fatto la storia (o almeno la cronaca) di questo sport. Ma che adesso per un motivo o per l’altro fanno soltanto una gran confusione, una specie di flipper dove la palla schizza via dalle gambe di un viola a quelle di un veronese e poi ancora ad un viola. Il tutto senza costrutto alcuno.
Il fallo da rigore su Gilardino
Dovrebbe essere un primo tempo divertente, è un guazzabuglio senza né capo né coda, che non concilia il sonno soltanto perché tiene in tensione, in attesa dell’erroraccio che prima o poi può sbloccare il risultato. La difesa viola senza i due centrali regge solo per la pochezza della manovra d’attacco veronese, per tener viva la quale il vecchio Luca Toni (mai abbastanza rimpianto) fa quello che può. E che a 38 anni quasi suonati non è affatto poco.
In mezzo, malgrado Aquilani dimostri come impegno e come condizione di essere ormai sulla via del ritorno ai suoi standards, va a finire che il migliore è Lazzari, per la quantità di palloni che gioca ed anche per la qualità. Il bergamasco, uno dei pochissimi sopravvissuti all’era pre-montelliana, è guarda caso l’unico che tenta le famose verticalizzazioni di gioco, orrore e bestemmia degli ultimi anni di calcio spagnoleggiante. Non è fortunato o ispirato al tiro, ma è praticamente l’unico che lo tenta. Si capisce perché non giochi mai con Montella. Si capisce che dopo le eresie tecnico tattiche offerte ieri sera probabilmente con lui non rigiocherà mai più. Meglio Kurtic, che tutto quello che fa lo fa male, ma come vuole l’allenatore.
In avanti si rivede il Gila. 33 anni non sono pochi per il vecchio rapinatore delle aree di rigore, ma il suo lo fa, e se Rafael stasera non avesse tutti i santi del calendario dalla sua segnerebbe anche il gol del vantaggio viola con uno splendido colpo di testa. Dall’altra parte gli risponde Toni con una girata che lo fa sembrare aver vent’anni di meno di quelli che ha. Poco dopo, tocca ad un altro attempato signore andare sotto le luci dei riflettori. E’ la svolta del match.
Malgrado sia poco coadiuvato dal confusionario Diamanti e dall’inesistente Ilicic, Gilardino si è battuto su tutti i palloni. Montella ha pensato addirittura di affiancargli Babacar in una inedita coppia d’attacco che potrebbe anche funzionare, se il senegalese non si facesse subito male costringendolo al secondo cambio: fuori lui (e chissà per quanto) e dentro Salah. L’egiziano comincia da par suo e nel tourbillon che provoca immediatamente si crea l’occasione sulla quale si avventa il Gila. Rafael è preso di sorpresa e lo stende, rigore netto. Mazzoleni non ha dubbi, indica il dischetto sul quale va, ahimé, Alino Diamanti.
La disperazione di Diamanti dopo il rigore sbagliato
Le statistiche dicono che il talento pratese non sbaglia da almeno cinque trasformazioni. Quale migliore occasione di questa? Diamanti tira talmente telefonato che quella di Rafael non sembra nemmeno una grande parata. Su questo errore finisce praticamente non soltanto la sua partita ma anche quella di tutta la squadra, malgrado un tentativo di arrembaggio successivo. La strada scelta è quella delle solite triangolazioni al limite dell’area avversaria. Il risultato è quello delle ultime esibizioni: pallonate omicide al compagno e rinterzo puntualmente intercettato dai difensori che ormai sanno dove piazzarsi ad occhi chiusi. Così come sanno ormai come arginare Salah e quali varchi chiudere sulle fasce ed in mezzo per inaridire una manovra viola che si conferma peraltro destinata ad avere un unico improbabile sbocco: entrare in porta con il pallone.
Il morale del Franchi si spegne al pari di quello della squadra. Alla mezz’ora Mandolini si accorge anzi che la Fiorentina è stanca, e manda in campo Mounir Obbadi, centrocampista offensivo marocchino, ad affiancare l’indomabile Toni che cerca di trasmettere ai compagni la sua voglia di vincere questa gara. Il Verona ci prova sempre più spesso e più convintamente. Nello stadio sale una sottile inquietudine: stai a vedere che…..
Il gol di Obbadi
Il Verona non vince a Firenze dallo sciagurato campionato 2001-02. Segnarono Oddo ed un giovanissimo Adrian Mutu. Malgrado la stanchezza ed il disorientamento della Fiorentina 2, non sembrerebbe questa la serata adatta per aggiornare la statistica. Senonché all’89 Norberto Neto decide di non essere da meno dei suoi e si lascia scappare un tiro di Lazaros. Sulla palla, in mezzo a difensori fiorentini che sembrano le statue di marmo del Foro Italico, si avventa il sopra citato Obbadi e per Firenze è notte fonda.
Finiscono i cori pro-Hellas. Gli spalti non sanno se applaudire o fischiare una squadra che tutto sommato ha fatto quello che poteva ed un allenatore che ha presunto troppo dalla sua panchina per niente lunga, rischiando a fin di bene ma pur sempre rischiando troppo in vista della resa dei conti con la Dinamo Kiev di giovedi.
Ha sbagliato Montella? Hanno sbagliato i giocatori? Ha sbagliato la società a non prenderne altri? Nella notte in cui Firenze saluta per l’ennesima volta la Champion’s sono questi gli interrogativi che assillano il mondo viola. Il calcio è la più inesatta delle scienze, e la Fiorentina quest’anno ha dimostrato di non saper portare a casa queste partite anche con i cosiddetti titolari al completo. Ci sono più cose in cielo e in terra di quante la filosofia ne possa concepire. Abbiamo cominciato con Shakespeare e con lui finiamo. Siamo fatti della stessa materia di cui son fatti i sogni. Ognuno scelga pertanto il proprio. O l’incubo, se preferisce. Almeno fino a giovedi.


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