domenica 1 luglio 2012

Storia delle Olimpiadi: le origini

La Grecia non aveva unità politica. Così ci insegnavano a scuola, la formula di rito con cui ci veniva spiegato perché la più grande civiltà del Mondo Antico non avesse dato vita ad un impero all’altezza, ma fosse finita per diventare la periferia di imperi altrui. La Grecia, o Hellas, era una espressione geografica, con cui si indicava il territorio in cui erano sorte fiorenti città stato come il mondo non avrebbe più visto, capaci di regalare in eredità alla nostra civiltà occidentale filosofie, istituzioni, arti e mestieri che sono rimaste sostanzialmente le stesse al giorno d’oggi, salvo pochi adeguamenti.
Atene, Sparta, Tebe, Corinto, mentre raggiungevano vette di sapienza praticamente rimaste ineguagliate almeno fino al Secolo dei Lumi, il Settecento, passavano il tempo a farsi la guerra tra loro, e ciò veniva percepito già allora come un fattore di estrema debolezza. Le città dell’Ellade riuscirono ad unirsi solo in occasione della minaccia persiana. Dissanguate dalla guerra dei cent’anni tra Atene e Sparta, non riuscirono a ripetere il miracolo contro i macedoni di Alessandro Magno. Meno che mai contro la nascente, devastante potenza di Roma.
Graecia capta ferum victorem coepit, avrebbe scritto il poeta latino Orazio, riconoscendo alla civiltà ellenica il primato morale rispetto alle armi che l’avevano soggiogata. La Grecia conquistata conquistò il barbaro vincitore. Ma dopo la battaglia di Cinocefale del 197 a.C. la patria di tutte le Arti e Filosofie divenne una qualsiasi provincia dell’Impero Romano. E di lei come entità politica non si parlò più fino all’Ottocento.
I Greci antichi sapevano che lo spargimento del loro stesso sangue avrebbe finito per soffocarli. Non riuscendo a individuare fra le proprie città quella che poteva unificare la nazione, cercarono in alternativa di limitare, regolamentare in qualche modo il ricorso continuo alle armi. Cercarono di stabilire una tregua, resa sacra dalla dedica al padre di tutti gli Dei dell’Olimpo, Zeus. Una tregua che nessuno avrebbe osato rompere, a pena di essere accusato di blasfemia.
Ricostruzione della Statua di Zeus a Olimpia
Ad Olimpia, nel Peloponneso Occidentale, sorgeva uno dei templi dedicati a Zeus più famosi dell’Ellade. Costruita da Fidia, la statua che raffigurava il Padre degli Dei era una delle Sette Meraviglie del Mondo. Nella stessa città, da tempo immemorabile, si disputava una celebre gara di corsa, già allora ritenuta la regina delle discipline atletiche. Non è dato sapere chi fu ad avere la brillante idea. Olimpia divenne la località in cui periodicamente fu imposto a tutti i greci di deporre le armi, e radunarsi per offrire agli Dei i propri talenti atletici (senza spargimento di sangue) e gli onori che ne sarebbero conseguiti.
Non è dato saperlo, ma in compenso sappiamo quando ciò accadde. La prima circostanza di cui si ha notizia nella Storia Antica di un raduno a Olimpia per la disputa di gare atletiche risale al 776 a.C. E’ la data di nascita ufficiale delle Olimpiadi.
Olimpiadi, o Giochi Olimpici, furono chiamate le competizioni che, a partire dalla corsa, si disputarono nei pressi del Tempio di Zeus. Olimpiade fu denominato il periodo di quattro anni che intercorreva tra una edizione dei Giochi e la successiva. Tregua Olimpica, sacra agli Dei, fu denominato il divieto assoluto di combattere nel periodo di durata dei Giochi. Per cinque giorni, tanto duravano allora le Olimpiadi, Olimpia diventava il centro del Mondo Antico.
A partire da quel 776 a.C., le Olimpiadi acquistarono una tale importanza da diventare addirittura l’evento a partire dal quale si cominciavano a contare giorni, mesi e anni del calendario. Una specie di Ab Urbe Condita ellenica. La stessa fondazione di Roma fu identificata dagli storici dell’epoca più o meno a ridosso della quinta edizione dei Giochi di Olimpia. Il che ha consentito di datare il famoso tracciamento del solco da parte di Romolo e Remo in quel 21 aprile del 753 a.C. del calendario successivamente denominato giuliano.
La partecipazione ai Giochi era riservata a greci liberi che potessero vantare antenati greci. La necessità di dedicare molto tempo agli allenamenti comportava che solo i membri delle classi più facoltose potessero partecipare. Erano esclusi dalla partecipazione gli schiavi, i barbari, gli assassini, i sacrileghi e le donne.
Gli eroi di Olimpia, gli atleti che trionfavano nelle gare di Zeus, acquisivano fama imperitura. Quanto e più, a volte, degli eroi che avevano fatto la storia della Grecia sui campi di battaglia come le Termopili, Maratona, Salamina. I giochi di Olimpia, a quanto pare, diventarono ben presto il primo esempio di business applicato allo sport della storia umana. E con il business e i soldi arrivò, inevitabile, anche la corruzione.
Gli scavi di Olimpia del 1875
L’Impero Romano tollerò l’esistenza dei Giochi Olimpici (tutto sommato congruenti in qualche modo con lo spirito dei giochi del Circo che si stava affermando a Roma, anche se assai meno cruenti di quelli), almeno fintanto che il Cristianesimo non si affermò come religione di stato. A quel punto, le autorità della nuova Ecclesia cristiana, che vedevano di cattivissimo occhio quelli che ritenevano una delle tante manifestazioni di paganesimo superstiti, premettero sull’Impero affinché li sopprimesse.
Nel 390 d.C. la popolazione di Tessalonica si ribellò contro il governatore imperiale che aveva fatto arrestare un famoso auriga, reo di corruzione, e aveva impedito la disputa di alcune gare di importanza inferiore soltanto a quelle olimpiche. Il governatore fu trucidato. La reazione dell’Imperatore Teodosio fu terribile. Con il pretesto della disputa delle gare in questione, furono attirate nello stadio circa settemila persone della città ribelle, e passate per le armi. Il vescovo di Milano Ambrogio, la più eminente personalità dell’epoca della Chiesa Cattolica neonata, minacciò la scomunica dell’Imperatore, il quale fu il primo della storia a dover andare a Canossa. Ma su una cosa Vescovo e Imperatore si trovarono d’accordo: la proibizione perpetua dei giochi olimpici, che nel 393 d. C. per editto imperiale videro concludersi la loro millenaria storia.
Il mito delle Olimpiadi non morì. Con la progressiva riscoperta della cultura classica tra il Rinascimento e l’Illuminismo, ci fu un rifiorire di iniziative che si rifacevano in qualche modo a Olimpia. Dall’Inghilterra, alla Francia, alla stessa Grecia ancora sottomessa all’Impero Ottomano, presero piede una serie di eventi sportivi a carattere locale che si fregiavano del nome altisonante ed evocativo di Olimpiadi.
Rovine di Olimpia oggi
Finché, nella seconda metà dell’Ottocento, sulla scia della riscoperta di Troia da parte di Heinrich Schliemann, la febbre degli scavi archeologici prese piede un po’ ovunque, dall’Ellade all’Egitto. Uno dei principali miti ad essere rispolverato subito dopo quello della guerra più celebre dell’Antichità fu quello della manifestazione che per prima era stata promossa contro tutte le guerre: Olimpia, che a partire dal 1875 divenne sede di scavi ingenti che riportarono alla luce tutti gli impianti in cui gli eroi dell’Epoca Classica si erano cimentati come atleti e tutti i templi in cui quei cimenti erano stati consacrati agli Dei.
Nello stesso periodo, nella Francia messa in ginocchio dai Prussiani dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan, un nobiluomo imbevuto di cultura classica cercava di fare con Olimpia quello che Schliemann aveva fatto con Troia, e nello stesso tempo cercava di promuovere qualcosa che avrebbe ridato vigore alla gioventù del suo paese, mortificata da una sconfitta militare di cui nessuno riusciva a comprendere le ragioni.
Francobollo commemorativo di De Coubertin
Le Olimpiadi furono ciò che fece al caso di Pierre de Fredy barone de Coubertin. L’uomo non cercava una rivincita bellica sui prussiani, cercava solo l’elevamento morale della gioventù francese secondo il vecchio motto latino mens sana in corpore sano. Visitatore entusiasta dei già celeberrimi colleges inglesi ed americani, frequentatore altrettanto entusiasta degli scavi di Olimpia, de Coubertin si risolse a dar vita al progetto ambizioso di riportare in vita ciò che l’Imperatore Teodosio ed il Cristianesimo fanatico delle origini avevano ucciso: le Olimpiadi.
Il barone convocò a Parigi presso l’Università della Sorbona il 23 giugno 1894 una conferenza internazionale in cui lanciò il suo progetto di rinascita olimpica. Il successo fu strepitoso. Dopo oltre vent’anni di pace, il mondo avvertiva il soffio di nuovi venti di guerra in avvicinamento. C’era gran voglia di consacrare di nuovo a qualche divinità benevola un messaggio di pace ed una tregua che non poteva essere infranta, a pena di bestemmia.
La Conferenza si concluse con l’istituzione del Comitato Olimpico Internazionale e l’affidamento dell’organizzazione della prima edizione delle nuove Olimpiadi dell’era moderna al paese dove si erano disputate le ultime di quella antica.

Il mondo era convocato in Grecia ad Atene dal 6 al 15 aprile 1896 per tornare a gareggiare. Senza armi, ma con la sola forza dei muscoli e dello spirito. Dopo millecinquecento anni da Tessalonica ed altri mille dal primo raduno ad Olimpia, la fiaccola accesa nel tempio di Zeus tornava a correre in mano ad un tedoforo fino allo stadio olimpico. La grande storia di quello che oggi noi chiamiamo sport ricominciava.

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