mercoledì 14 agosto 2013

La rivoluzione delle musicassette


Tempo fa, uno spot azzeccato mostrava una musicassetta e una matita, e una didascalia che recitava: “i giovani d’oggi non sapranno mai che relazione c’è tra questi due oggetti”. Già, come si fa a spiegare ai ragazzi d’oggi, quelli degli mp3, che al tempo dei loro genitori la musica passava attraverso questi oggetti di modernariato che ogni tanto avevano bisogno di riavvolgimento manuale, quando il nastro si incagliava nel walkman, con il meno tecnologico dei sistemi, una matita appuntita infilata al centro di una delle due ruote della bobina?
Cinquanta anni fa la Philips introdusse sul mercato uno degli oggetti più rivoluzionari che la scienza moderna avesse mai messo a disposizione del consumo di massa, dapprima musicale poi d’ogni altro genere. Si trattava di un brevetto tedesco, in origine era stata la BASF, ex IGFarben (la famigerata industria bellica di Hitler) a produrre nastri magnetici su cui poteva essere inciso il suono in entrambi i due lati.
La Philips vi aggiunse il supporto, quel compact cassette trasparente che rese il tutto originale, versatile, di facile utilizzo con i più disparati sistemi di riproduzione, dagli impianti stereo più sofisticati ai lettori da passeggio, gli walkman appunto. Era il 1963 quando i ragazzi si ritrovarono in mano il futuro. Negli anni del boom del rock e della musica come veicolo di modernità e di rivoluzione sociale, l’azienda olandese trovò più o meno consapevolmente la quadratura di un cerchio magico, mettendo alla portata degli adolescenti di tutto il mondo la fruizione di un qualcosa che fino a quel momento era stato al di fuori della portata delle loro tasche. E mettendoglielo a disposizione ovunque, in casa e soprattutto fuori, a scuola, al lavoro, a passeggio, a giocare, a correre, a fare l’amore.
Inizialmente, la Philips prima e le concorrenti poi misero in produzione nastri preregistrati, che trasferivano su supporto diverso la musica del vinile, con i suoi lati A e B. Ma la vera svolta si ebbe con la produzione delle cosiddette “cassette vergini”, registrabili con qualsiasi impianto stereo. Fino a quel momento, i ragazzi si trovavano a casa dei pochi fortunati che potevano permettersi l’acquisto degli LP a 33 giri. Da quel momento in poi, i pochi fortunati dettero il via al più massiccio, incontrastato e incontrastabile fenomeno di pirateria musicale della storia, duplicando i vinili a beneficio di tutti gli amici con buona pace delle varie SIAE mondiali, che sapevano di aver di fronte una battaglia persa. La musica diventò definitivamente un fenomeno di massa ancor più di quanto la radio, Woodstock ed il Rock avessero saputo fare.
Con l’avvento del walkman tascabile della Sony nel 1979 ed il proliferare delle autoradio dotate di riproduttore di cassette, erano veramente pochi i posti in cui la nostra musica preferita (e spesso a costo zero) potesse seguirci, splendida colonna sonora di una splendida giovinezza in un mondo che si apriva ad una tecnologia di cui ancora vedevamo soltanto i lati e le conseguenze positive. Nel frattempo, l’avvento faticoso ma inarrestabile dell’informatica individuava per le cassette nuovi campi di applicazione, i primi Commodore utilizzavano le cassette come supporto per i dati.
Il regno delle musicassette era destinato a durare più di 30 anni, e poteva essere interrotto soltanto da un altro evento epocale. Non l’avvento dei CD audio, che inizialmente costavano quanto e più dei dischi in vinile e non erano masterizzabile, ma bensì a partire dal 2000 quello della musica digitale, gli mp3, contro cui i vecchi nastri (a parità di costo zero, grazie ai vari Napster, Emule & C.) non avevano più possibilità di combattere.
Nell’ultimo decennio la Sony ha messo fuori produzione i Walkman e soltanto la National Audio Company di Springfield, U.S.A., fabbrica ancora le cassette a nastro. A sentire la quale, ne produce e ne vende ancora circa 100.000 pezzi all’anno, una cifra sbalorditiva. Evidentemente, non sono soltanto i genitori cinquantenni (con le loro collezioni registrate in più di trent’anni) gli aficionados del nastro e della matita per riavvolgerlo. Per il vintage, o l’oblio, c’è ancora tempo.

Nessun commento:

Posta un commento