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venerdì 16 dicembre 2016

50 anni senza Walt Disney



Il Natale del 1966 arrivò velato di tristezza. I bambini di allora avrebbero ricordato a lungo quel disegno in cui compariva colui che era diventato il loro principale beniamino, l’eroe di cartone preferito, con una lacrima che gli solcava il volto.
Mickey Mouse, Topolino, così dette l’annuncio al mondo della scomparsa di Walt Disney, il suo creatore, il 15 dicembre 1966. E quel Natale che da qualche anno non sembrava più Natale se non era accompagnato dall’uscita di qualche magica creazione cinematografica di Disney, con i bambini che prendevano d’assalto le sale portandosi dietro genitori altrettanto entusiasti, d’improvviso non sembrò più lo stesso. Come se qualcuno avesse rapito per sempre lo stesso Babbo Natale.
Walt Disney era nato il 5 dicembre 1901 a Chicago, nei giorni in cui il cinema muoveva i suoi primi passi. Disegnatore e cineasta di talento, fu uno tra i primi ad intuire le potenzialità del nuovo mezzo, utilizzandolo per liberare la sua fantasia, la sua abilità di cantastorie.
Nel 1928, con il cartoon Steamboat Willie, aveva già creato il suo character forse più famoso ed importante, quel Mickey Mouse che avrebbe pianto per primo la sua morte 38 anni dopo. Anche se forse il personaggio più amato in assoluto si sarebbe poi rivelato quel Donald Duck, Paperino, arrivato il 9 giugno 1934.
Walt Disney avrebbe saccheggiato il mondo della fantasia rivoluzionandolo per sempre. Fiabe popolari entrate nell’immaginario collettivo da tempo immemorabile non sarebbero più state le stesse dopo essere passate per le sue mani. Da Biancaneve alla Bella Addormentata nel Bosco, da Bambi alla Spada nella Roccia, da Cenerentola ai più ostici – perché provenienti da culture completamente diverse da quella nordeuropea o anglosassone – Pinocchio e Pierino e il Lupo.
Grandi classici come il Libro della Jungla di Rudyard Kipling, che fu l’ultimo lungometraggio apparso al cinema prima della sua scomparsa, nel 1966, o grandi innovazioni come Fantasia, il più riuscito tentativo di sempre di dare forma visiva alla grande musica classica. E poi Dumbo, Lilli e il Vagabondo, La Carica dei 101, e quegli Aristogatti che uscirono soltanto dopo che la Factory era ormai passata nelle mani del nipote Roy.
Attraverso i suoi capolavori Walt Disney si immedesimò con il cinema che era diventata nel frattempo la decima arte. Di più, Walt Disney diventò l’America, il paese che stava intitolando a suo nome il ventesimo secolo, conquistando il mondo con la sua prorompente vitalità. Topolino e Paperino erano andati a combattere Hitler insieme ai G.I., e furono loro a dare per primi speranza e serenità ad un mondo che doveva poi essere ricostruito da cima a fondo.
I detrattori dissero che Disney incarnava l’America anche nei suoi aspetti peggiori, accusandolo di aver sostenuto il maccartismo e la sua caccia alle streghe. Disney certamente era anticomunista, erano pochi negli U.S.A. a non esserlo nei primi anni della Guerra Fredda.
La sua scomparsa arrivò come un fulmine a ciel sereno, per il mondo a cui aveva insegnato a sognare di nuovo. Nell’estate del 1966 gli fu diagnosticato un tumore al polmone sinistro, a dicembre chiuse gli occhi per l’ultima volta. Le sue spoglie mortali non riposano a Disneyland, il primo e più famoso parco a tema della storia da lui creato, ma al Forest Lawn Memorial Park a Glendale, California, nella terra dei sogni realizzati che era diventata la sua patria adottiva.
La Disney è la detentrice del primato di maggior numero di Premi Oscar vinti, 22 a fronte di 59 nominations. Anche Roy jr., nipote di Walt e figlio del suo fratello maggiore Roy Oliver, nel frattempo è andato a raggiungere i suoi familiari in quei cieli che la sua famiglia ha popolato di così tanti sogni e personaggi, poco prima di poter assistere alla nascita del nuovo universo allestito dalla Factory di Burbank grazie all’acquisizione della Lucasfilm.
Con l’ingresso di Guerre Stellari nella più importante fabbrica di avventure per l’infanzia e anche per l’umanità più cresciuta, il nome di Walt Disney e dei suoi successori è destinato a risplendere di fama per il tempo a venire, fino nelle galassie più lontane.

lunedì 9 giugno 2014

Buon compleanno Paperino

Irruppero sul grande schermo il 9 giugno del 1934 in una delle tante produzioni di quella che stava già diventando la più grande e prestigiosa factory di cartoni animati del mondo, la Walt Disney. Secondo una felice intuizione del padre di tutti i moderni cartoonists, i protagonisti dei cortometraggi a disegni animati erano quasi tutti animali, dotati di anima e comportamento umani.
Dal mondo animale venivano anche i protagonisti de La gallinella saggia, ennesimo episodio della serie animata The Silly Simphonies. Oltre alla gallinella, il cartoon raccontava le imprese del Club dei Pigri e dei suoi due membri, il presidente Meo Porcello ed il vicepresidente Donald Fauntleroy Duck. In italiano, perché allora in Italia per decreto del governo dell’epoca si traduceva tutto, Paolino Paperino.
Il papero dal becco lungo cominciò così le sue avventure che ne avrebbero fatto nei successivi 80 anni probabilmente il personaggio più amato istintivamente dai bambini di tutte le generazioni succedutesi da quando il grande Walt aveva fondato la sua company in un garage dei sobborghi di Los Angeles. Delle sue innumerevoli creature, due soprattutto erano destinate a renderlo immortale. La prima era il topo dalle grandi orecchie. Mickey Mouse, qui da noi Topolino (da Topo Michelino), aveva debuttato nel ’28, appunto, con Steambot Willie, il primo cartone della storia prodotto autonomamente da papa’ Disney. Il fratello papero era arrivato sei anni dopo.
Paperino compie oggi 80 anni. Il suo becco si è scorciato, ha indossato ormai da tanto tempo la leggendaria blusa da marinaio con tanto di berretto, e grazie soprattutto al lavoro di un’altra leggenda cartoonist, Carl Barks, ha definito il suo personaggio come lo abbiamo conosciuto noi, i nostri padri, i nostri figli e, crediamo, lo conosceranno i nostri nipoti.
Paperino è l’uomo moderno, non solo americano, ma con l’omologazione della nostra società a quella americana, ormai planetario. Le sue nevrosi, le sue pigrizie, i suoi fallimenti, il suo carattere irascibile ed il suo controverso rapporto con la sua famiglia – dallo Zio Paperone, nato come trasposizione a fumetti del dickensiano Uncle Scrooge, ai nipotini Qui, Quo e Qua, le Giovani Marmotte – sono quelli di ognuno di noi.
Il motivo del successo del personaggio, al di là della simpatia istintiva che ha sempre suscitato è proprio questo, sia che lotti con l’esercito delle formiche o con gli astuti e dispettosi scoiattoli Cip e Ciop, sia che si trovi alle prese con il cugino fortunato Gastone o con quello disastroso Paperoga, con lo Zio avaro, tormentatore e sfruttatore o con gli insopportabili nipotini primi della classe. Le sue disavventure, sempre peraltro a lieto fine e politicamente corrette secondo la mutevole sensibilità delle varie epoche che ha attraversato, sono le nostre.
Peraltro, la mitologia americana dell’uomo medio che addirittura può realizzare il sogno più recondito e diventare supereroe non è incarnata tanto da Superman, Batman o dagli eroi di Stan Lee e della Marvel, ma proprio da questo papero. Nel 1969, quando ormai la scuola italiana dei vari Romano Scarpa, Giovan Battista Carpi e Guido Martina si era dimostrata la più degna erede di quella americana di Carl Barks, fu proprio il Paperino le cui storie animavano il periodico settimanale edito dalla Mondadori (a cui prima o dopo siamo stati tutti abbonati) a trovare il misterioso baule di Fantomius, ladro gentiluomo del passato, e a chiedere l’aiuto dell’inventore Archimede Pitagorico per poterne ripetere le imprese, stavolta come giustiziere mascherato.
Da allora il papero ha seguito un’evoluzione al passo coi tempi e la tecnica grafica. Mentre la sua identità segreta si è evoluta in quella di PK, supereroe che lotta addirittura contro la minaccia aliena degli Evroniani, il suo alter ego quotidiano è rimasto – pur passando di mano ad un esercito di sceneggiatori e disegnatori – quello uscito dalla fantasia di Disney e dalla tecnica di Wilfred Jackson, il regista della Gallinella saggia. I suoi nemici sono sempre quelli della quotidianità, la sua lotta è contro tutto ciò che lo costringe ad alzarsi da un divano diventato altrettanto mitico di quello di Andy Capp, il celebre personaggio della satira di Reg Smythe.

I suoi nipotini sono sempre quelli che rompono il salvadanaio per fargli un regalo di compleanno, e che incorrono proprio per questo gesto nelle sue ire, salvo tardivo pentimento. Stessa sorte per Paperina, che malgrado 80 anni di litigi e riappacificazioni è tuttavia sempre la sua fidanzata. Perché, come sa lei e come ben sanno i bambini di tutto il mondo (e non solo loro), di Paperino ce n’è e ce ne sarà sempre uno solo.