«A Berlusconi conviene
restare nel governo, ha paura delle elezioni perché sa che se andiamo al voto
asfalteremo il Pdl». La retorica è un'arte, lo sapevano già gli Antichi fin dai
tempi di Catone il Censore e di Cicerone. Nei tempi moderni quest'arte ha assunto
connotazioni di vera e propria scienza, venendo a chiamarsi Marketing Pubblicitario
e finendo per essere palestra d'esercizio non più o non soltanto del genio individuale
ma di veri e propri esperti curatori di immagine.
Da Berlusconi, che per primo
ebbe l'intuizione di traghettare definitivamente l'Azienda in Politica, fino a
Renzi che adesso lo vuole imitare prima e asfaltare poi, si parla solo dopo
aver studiato attentamente che cosa l'uditorio a cui ci si rivolge vuole
sentirsi dire. Se si parla a Sesto San Giovanni (una volta definita la Stalingrado
d'Italia, uno dei Comuni più rossi del paese), và da sé che per avere
l'applauso si deve promettere non di sconfiggere l'avversario storico della
sinistra ma addirittura di sotterrarlo.
Và da sé anche, però, che
se a parlare è il Sindaco di Firenze, i suoi concittadini possono tradurre in
concreto ogni sua singola parola, perché qui il retore è stato visto all'opera da quattro anni a questa
parte. Privilegio – diciamo così – che per ora non è toccato a nessun altro. Se
al resto d'Italia le primarie avvelenate di Bersani hanno tolto finora il
piacere di assaggiare nella prassi ciò che è sotteso alle teorie renziane, qui
a Firenze invece si può scrivere ormai un trattato in materia. E alcune parole
destano immediatamente l'attenzione, come il sale su una ferita aperta,
verrebbe fatto di dire. Così, se il Sindaco a distanza parla di asfaltare
qualcosa, la città – o buona parte di essa – ha un sussulto improvviso.
Da quando esiste il Comune
di Firenze, spesso e volentieri più che le parti politiche sono state le
avanguardie o comunque i movimenti artistici a rappresentare stati d'animo e
malesseri della cittadinanza. Al tempo dei Guelfi e dei Ghibellini, non furono
tanto i Cerchi e i Donati a rappresentare le fazioni e gli interessi in gioco (limitando
essi semmai la propria azione allo scannatoio reciproco simile alle faide che
insanguinavano altre latitudini), ma artisti come Dante Alighieri, Cecco
Angiolieri ed altri. In particolare il Sommo Poeta, distribuendo amici ed
avversari tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, dette soddisfazione agli umori più
profondi, viscerali del suo popolo.
In epoche più recenti, il
malumore brontolone tipico dei fiorentini ha avuto la sua voce di sfogo tramite
la Voce. Non è un gioco di parole, gli intellettuali di ogni genere che si
radunavano attorno a Prezzolini alle Giubbe Rosse in Piazza della Repubblica
erano sicuramente più rappresentativi di un establishment che aveva continuato
imperterrito prima, durante e dopo il Fascismo a risolvere i suoi contrasti nel
chiuso dei suoi circoli ristretti, lasciando fuori completamente la società
civile.
Allo stesso modo, l'uscita
improvvida del Sindaco con la pessima scelta del termine asfaltare è stata dolorosamente
avvertita in una città le cui strade non hanno ormai più nulla da invidiare a quelle
di Sarajevo alla metà degli anni Novanta, ma questa sofferenza non è stata né
raccolta né interpretata da addetti ai lavori, forze politiche e massmedia. E'
toccato invece ad un artista, una volta di più, farsi interprete di un malumore
diffuso verso una amministrazione vissuta ormai come distante, inefficiente, in
ultima analisi inesistente.
Piero Pelù, popolare
cantante dei Litfiba (gruppo rock di successo e di tendenza da almeno un paio
di generazioni) ha indirizzato al Sindaco "più latitante della storia di
Firenze" una lettera aperta tramite il proprio profilo Facebook, e con il
suo stile ironico ha messo in fila il cahier
des doléances che per ora è patrimonio del cittadino medio di Firenze, in
attesa di diventare patrimonio comune di tutti gli italiani. Il rocker non usa mezzi
termini: Renzi «si sente la vittoria in mano per le prossime elezioni politiche
nazionali, è riuscito con perseveranza certosina e promesse fantascientifiche a
mettere tutti d'accordo all'interno di quel buco nero della politica che è il
P.D. (non è l'acronimo di una bestemmia ma ci si avvicina molto), anche il
volpone D'Alema si sta inchinando al nuovo che avanza. Bene, aria nuova o aria
fritta?».
La descrizione che Pelù fa
del Sindaco che vuole fare il Presidente del Consiglio è calzante, comunque uno
la pensi: «Il rampante Renzi sa bene di politica fatta all'italiana ma
soprattutto sa benissimo cos'è il marketing applicato ad essa (da buon
"berluschino" altro non può fare) e così quando arringa il suo fan
club ai comizi o va in tivvù fa il toscanaccio con la lingua biforcuta, diventa
tagliente, fa "impazzire" il povero Vespa, c'ha una battuta per
tutti, risulta simpatico e coinvolgente. La massa forse gli sta credendo
davvero e lo voterà, come leader dell'amorfo P.D. lo voteranno sia da destra
che da sinistra».
Ma è quando si arriva a
menzionare la parola più infelice pronunciata da Renzi da quando è in politica,
quell'asfaltare che provoca fitte di dolore al fiorentino medio (e Pelù spiega
bene perché), che l'ironia del cantante si fa più tagliente di qualsiasi
battuta del Sindaco: «Asfalteremo il PDL!» è una delle sua ultime chicche
riprese da qualsiasi massmedia italiano. Bene Matteo, asfaltali tanto stanno
alla frutta, ma allora asfalta pure tutti i mafiosi che ci stanno attaccati
come sanguisughe da 60 anni, asfalta tutti i massoni che in quanto a lobbismo
marcio non sono secondi a nessuno, asfalta tutti quelli come Marchionne,
asfalta le lobby farmaceutiche, asfalta gli spacciatori in giro ad ogni angolo
di strada, asfalta chi gli dà la roba da vendere, asfalta anche quello che ora
non mi viene in mente così magari mi stupisci per una volta. Ma siccome so che non
asfalterai niente e nessuno di queste voci (con calma capiremo il perchè)
allora come cittadino\contribuente di Firenze ti chiedo se, finito questo
mondiale di ciclismo, sarai in grado di asfaltare (o lastricare) le migliaia di
pericolosissime buche che ci sono nelle strade
della mia amata città. Grazie
dell'attenzione».
Non c'è che dire, Dante Alighieri
avrebbe guardato con curiosità (chissà se con ammirazione, ogni epoca ha le sue
forme artistiche e relativi esponenti) a questo suo emulo proveniente dal mondo
della Musica e dai secoli a venire.
Resta solo l'incertezza sul
Girone in cui la voce dei Litfiba avrebbe messo il
Sindaco fellone, presumibilmente – crediamo – all'Inferno. Nessun dubbio invece
sul verso che avrebbe chiuso il canto dedicato a "colui che ebbe Firenze
in gran dispetto", l'ha scritto Renzi stesso in quel di Sesto San Giovanni
e gli si attaglia perfettamente, in quanto autobiografico: "Non sono né
una superstar né un punto di riferimento. Anzi il fatto che io sia uno dei
candidati dice quanto siamo messi male".
E se lo dice lui….
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