giovedì 11 settembre 2014

A Ground Zero suona di nuovo la campana

Tra poche ore, a Ground Zero suonerà di nuovo la campana. Come da 16 anni a questa parte, alle 9:15 ora locale gli Stati Uniti, e con loro buona parte del mondo, si fermeranno di nuovo per commemorare le oltre tremila vittime dei quattro attentati che sconvolsero il paese e cambiarono per sempre la storia dell’umanità.
La mattina del 11 settembre 2001 quattro aerei decollarono dagli aeroporti di Boston, Washington e Newark, apparentemente diretti tutti verso la California. In realtà, i piloti di questi quattro aerei erano tutti infiltrati di Al-Qaeda, l’organizzazione terroristica facente capo a Osama Bin Laden, “lo sceicco del terrore”. E ben presto rivelarono la loro vera destinazione, andando a schiantarsi in successione contro le Torri 1 e 2 del World Trade Center a Manhattan e contro il Pentagono, mentre il quarto aereo, il volo United 93, fu dirottato dalla ribellione dei passeggeri prima di raggiungere il suo obbiettivo, la Casa Bianca, e finì per cadere in un prato a Shanksville, Pennsylvania.
Da quel momento in poi, quello che è successo è storia nota. Il crollo delle Torri Gemelle, il sacrificio degli uomini e donne che ci lavoravano dentro e dei Pompieri di New York che tentarono di salvarli (411 vittime, alla fine), la reazione rabbiosa e commossa di tutto il mondo occidentale, l’avvio di una nuova, lunga campagna militare che dall’Afghanistan all’Iraq ha portato l’esercito dell’America e di molti suoi alleati a dare la caccia spietata all’inafferrabile capo di Al-Qaeda e ai suoi veri o presunti amici, fino all’epilogo misterioso del 2011, a quel “job well done” pronunciato con soddisfazione dall'allora presidente Barack Obama dopo un blitz dei Navy Seals nell’ultimo covo di Bin Laden, di cui peraltro non esiste a tutt’oggi documentazione pubblica di alcun tipo, meno che mai visiva.
E’ storia nota anche l’indagine parallela condotta dal governo americano e da diversi indipendenti, che per anni hanno riempito il web di versioni ufficiali e di quelle di controinformazione. L’ultima, nella falsariga che vuole l’attentato alle Twin Towers frutto di un complotto gestito dalla C.I.A o comunque dallo stesso governo americano per creare il casus belli per intervenire nel mondo arabo o comunque islamico, tempo fa ha diffuso la notizia del ritrovamento di esplosivo nelle fondamenta del World Trade Center. Il che avvalorerebbe la teoria dell’implosione controllata degli edifici, che per la verità erano stati progettati per resistere anche ad attentati come quello di undici anni fa.
Non sapremo mai la verità vera, almeno non nell’arco della nostra vita. Per gettare un po’ di luce nelle tenebre che avviluppano l’omicidio di Kennedy ci sono voluti trent’anni, e ancora nessuno ha smentito ufficialmente il Rapporto Warren. Nel caso specifico, si può solo ricordare che in una circostanza storica abbastanza simile, l’attacco giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941, il governo americano sembra aver tenuto un comportamento omissivo. Sapeva cioè dell’attacco imminente, dai report dell’Intelligence, ma lasciò in qualche modo che avvenisse perché si creasse quel consenso all’entrata degli USA nella Seconda Guerra Mondiale che fino a quel momento era mancato. Forse anche l’11 settembre 2001 successe qualcosa di simile. Forse soltanto le prossime generazioni riusciranno a saperne qualcosa di più.
Quello che è certo è che oggi, come negli undici settembre passati e per molto tempo a venire, l’America piangerà le oltre 3.000 vittime di quel giorno, e con lei tutto il mondo che ancora appartiene alla sua stessa civiltà, nel bene e nel male. A Ground Zero e un po’ dovunque il silenzio ricorderà lo shock di quel giorno, e ravviverà la sensazione che niente potrà mai più essere come prima.
Nel frattempo, i comitati delle famiglie delle vittime hanno da tempo ottenuto che nella zona di Manhattan dove sorgeva il WTC non si ricostruisca niente, e che anzi vi venga edificato un museo, a perenne memoria. Una memoria comunque assicurata anche dalle conseguenze sulla salute di molti abitanti e lavoratori di Manhattan, nel frattempo morti o gravemente ammalati per le conseguenze dovute all’inalazione dei detriti tossici causati dal crollo delle Torri, la cui rimozione terminò quasi un anno dopo. A quanto risulta dagli ultimi studi, neanche i bambini che nasceranno a diversi anni di distanza dalla tragedia possono considerarsi fuori pericolo.

Diversamente da quanto dichiarò l’allora sindaco Rudolph Giuliani, né la skyline di New York né la vita dei suoi abitanti potrà tornare mai più la stessa. E con la loro, la nostra.

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