giovedì 25 settembre 2014

DIARIO VIOLA: Il Muro di Sassuolo

Il Sassuolo visto ieri sera a Firenze è uno spot per la Serie A a 16 squadre. Eusebio Di Francesco schiera una formazione che non è neanche lontana parente di quella che nello scorso campionato venne a passeggiare al Franchi, complice una Fiorentina di fine stagione che nella migliore delle ipotesi l’aveva sottovalutata alla grande.
Stavolta, la scoppola rimediata due giornate fa  a San Siro sponda interista induce il pur brillante tecnico pescarese, una delle nouvelles vagues del calcio italiano assieme al suo avversario di ieri sera Vincenzo Montella, a optare per uno dei più clamorosi catenaccioni mai visti a Firenze. E dire che, soprattutto da quando la squadra viola ha fatto del possesso palla e del fraseggio di qualità le sue armi migliori, di catenacci da queste parti se ne sono visti parecchi.
Ai neroverdi manca lo squalificato Berardi, ma soprattutto manca il coraggio di rischiare. Di Francesco sacrifica qualunque velleità da Panchina d’oro e impone ai suoi uno schema tattico che prevede il superamento della metà campo due volte circa in tutta la partita. E siccome il calcio italiano vive davvero tempi di magra storica e nemmeno le “provinciali” sono più quelle di una volta, l’apporto allo spettacolo dato dagli emiliani è tendente allo zero e induce a riflettere – come si è detto in apertura – sull’opportunità di mantenere il massimo torneo nazionale a 20 squadre.
Dall’altra parte, la Panchina d’oro si allontana anche per lo spaesato Montella, che in questo avvio di campionato non riesce proprio ad entrare in sintonia con il giocattolo che, volente o nolente, la proprietà della Fiorentina gli ha rimesso in mano per il terzo anno consecutivo. La squadra che scende in campo per affrontare il Muro di Sassuolo pretende di giocare al solito modo, possesso palla tra il compassato e l’accademico, eccessiva fiducia nel giro palla in attesa della prodezza individuale da parte di chi può compierla, scarsa cattiveria agonistica, molta leziosità, scarsa condizione sia individuale in alcuni singoli che di squadra nel suo complesso.
Fiorentina-Sassuolo è un passo indietro consistente rispetto ad Atalanta-Fiorentina, e non solo per il risultato, perché alla fine la suddetta prodezza individuale non si compie. Un altro pareggio interno dopo quello con il Genoa (ma ancor meno brillante nel gioco) avvilisce di nuovo l’avvio di stagione viola. Cinque punti in quattro partite, media da salvezza e neanche tanto anticipata. Fiorentina che non vince in casa dall’inizio della primavera scorsa. Sassuolo che tutto sommato porta via un punto dal Franchi senza dannarsi eccessivamente l’anima.
Lo schieramento iniziale dei viola è quasi obbligato. Difesa a 4 con Tomovic e Alonso esterni, centrocampo a 3 con Kurtic, Borja Valero e Aquilani arretrato a fare il Pizarro. Cuadrado e il redivivo Joaquin sulle ali, Nkouma El Babacar al centro dell’attacco e sotto il peso della immane eredità di Mario Gomez. Nelle ore antecedenti la partita è venuto a mancare anche Juan Manuel Vargas per infortunio. Non sarebbe male a questo punto organizzare il ritiro estivo della squadra per la prossima stagione direttamente a Montesenario.
Si capisce subito quale sarà il leit motiv tecnico-tattico del match allorché il Sassuolo si sistema subito al completo dietro la linea del pallone lasciando alla Fiorentina l’onere di far gioco e risultato. Si capisce subito che eventualmente i tre punti potranno arrivare in tanti modi, ma non grazie alla fortuna. E’ passato appena un minuto allorché un gran tiro di Aquilani finisce di poco fuori. Il romano, che - improvvisato regista - alla fine sarà il migliore in campo, impreca, ma mai quanto Cuadrado una decina di minuti dopo. Il colombiano viene liberato da un cross di Joaquin e centra un palo clamoroso. Il briciolo di fortuna eventualmente avuto in quel di Bergamo viene subito ripagato con gli interessi.
Ci saranno altre occasioni per sbloccare il risultato, ma la Fiorentina le spreca tutte, fino al palo clamoroso colpito ancora nel secondo tempo da un Borja Valero fino a quel momento in ombra e liberato nell’occasione da una triangolazione splendida con Babacar. Se lo spagnolo appare decisamente involuto rispetto alla condizione mostrata fino al momento dell’infortunio con il Guingamp, il senegalese invece appare in discreto spolvero, battendosi coraggiosamente e finendo spesso per essere il più ispirato degli attori viola sul fronte d’attacco. Cercano di dargli mano soprattutto Cuadrado, almeno finché Vrsaliko non gli prende le misure con le buone e con le cattive, e Kurtic, al quale però stasera le magie evidentemente non riescono.
La tre-quarti emiliana è affollata come un tram nell’ora di punta. Muoversi e far gioco diventa proibitivo, soprattutto per una squadra in non grande condizione atletica e con poca verve agonistica come quella viola. La Fiorentina si spegne con il passare dei minuti. L’arbitro aiuta poco, negando a Borja Valero un evidente rigore, il resto finiscono per farlo il nervosismo e la mano incerta dell’uomo che siede in panchina.
Il primo cambio di Montella arriva quasi al 70’, un po’ troppo tardi. Bernardeschi rileva un Joaquin apparso un po’ appesantito rispetto a quello della scorsa stagione. Il ragazzino prova a vivacizzare la manovra viola più di quanto era riuscito al più attempato e più famoso collega spagnolo, ma si perde inevitabilmente anche lui nelle maglie strette della difesa emiliana.
Poco dopo, Montella rileva Cuadrado per Ilicic. Non è ben chiaro quale idea abbia il mister per tentare l’ultimo disperato assalto alla prima vittoria casalinga. Non è stato forse il miglior Cuadrado quello visto all’opera, ma di sicuro quello che prende il suo posto è il solito Ilicic, o quasi. Alla fine esce anche Borja Valero, la cui prestazione è stata contraddittoria, impalpabile per quasi tutto il match eppure le occasioni migliori sono toccate a lui. Mati Fernandez, nei pochi minuti che restano, non può far altro che tentare qualche numero dei suoi. Paolo Cannavaro spazza via tutto, sembrando in certi momenti addirittura il fratello Fabio, ai suoi tempi d’oro.
Finisce mestamente, tra i fischi di uno stadio che aveva pregustato il riaggancio del Milan fermato a Empoli, e che si ritrova invece a chiedersi cosa succederà di questa Fiorentina dalle polveri bagnate, che sembra tornata quella del primo anno di Montella ma senza l’estro pur occasionale di Jovetic, Llajic e Luca Toni.
Qualcuno fa addirittura il nome di Sinisa Mihajlovic, intendendo ricercare un precedente estremo al gioco poco brillante visto in questa serata di inizio autunno. Ma pare francamente eccessivo. Il problema di questa squadra è soprattutto quello di serrare le fila e stringere i denti. Di presentarsi in campo con la cattiveria sportiva messa in mostra da un Sassuolo che forse in una Serie A che si rispetti non dovrebbe nemmeno esserci, ma che morde le caviglie degli spenti funamboli viola senza pietà e ottiene quello che vuole con relativo sforzo.
Anche gli ambienti societari, degli addetti ai lavori dell’informazione e del tifo dovrebbero ricompattarsi un attimino, perché sta tirando giù da Fiesole su questo stadio Franchi un vento strano, poco simpatico e ancor meno promettente. Un’aria da Caporetto che soltanto un mese fa sarebbe apparsa da fantascienza anche al più scettico degli aficionados viola.

Domenica si va a rendere visita ad un Torino euforico per la vittoria di Cagliari. L’Accademia, per favore, lasciamola tutti a Firenze ai turisti.

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