lunedì 22 febbraio 2016

DIARIO VIOLA: Dove risorgono gli eroi



Secondo la mitologia greca, Atalanta era la figlia del re dell’Arcadia, Iasio. A quel tempo, per niente facile da viverci, spesso e volentieri i genitori disdegnavano le figlie femmine e addirittura talvolta le abbandonavano, un po’ come usava in Cina fino a non molto tempo fa. La bambina subì questa sorte, ma siccome era cara a Diana Artemide dea della caccia si salvò. La dea infatti inviò un’orsa che allevò la bambina fino all’adolescenza. Atalanta crebbe diventando una prode cacciatrice e guerriera, che spesso e volentieri “dava la paga” ai maschi che si cimentavano con lei.
Narra il mito che Atalanta, per accontentare quel padre che - come succede oggi con i ragazzini che promettono bene a giocare a calcio - non solo l’aveva ripresa in casa ma ne era diventato il principale e sfegatato tifoso e che nello stesso tempo la voleva vedere “sistemata”, aveva promesso di cedere le proprie grazie solo a chi l'avesse battuta in una gara di corsa. Il vincitore l’avrebbe avuta, lo sconfitto sarebbe stato ucciso.
Bergamo è stata spesso un crocevia del destino per la Fiorentina, che qui ha colto in passato successi importanti e storici. Ne citiamo due soli. Il primo è il 7-1 con cui il 2 febbraio 1964 fece registrare il proprio record di gol in una partita in trasferta, record tutt’ora imbattuto. Quel giorno Kurt Hamrin segnò ben cinque reti e scrisse un capitolo significativo di quella che sarebbe diventata la sua leggenda. Il secondo è lo 0-2 con cui conquistò la sua quinta Coppa Italia nel 1996, reti di Amoruso e dell’erede conclamato di Hamrin, Omar Gabriel Batistuta. Ad aspettare la squadra alle tre di notte allo stadio c’erano tra le trenta e le quarantamila persone. Amarcord.
Il destino è in agguato a Bergamo anche quest’anno. Dopo tre anni di vittorie la squadra viola torna allo stadio Azzurri d’Italia consapevole di avere a disposizione un risultato solo: quello che allunga la striscia di successi iniziata dalla rete di Larrondo in versione Batigol e chiusa dalla prodezza di Kurtic (mai più ripetuta dallo sloveno che quest’anno milita dalla parte opposta, quella orobica).
Narra ancora il mito che Atalanta, finalmente sposatasi, era diventata madre di un bambino di nome Partenopeo. Gli Dei dell’Olimpo avevano dunque previsto che alla vigilia delle due settimane che decideranno il destino di questa stagione viola i nostri eroi avrebbero dovuto affrontare la madre prima del figlio. Tottenham, Napoli e Roma, tre partite da vincere per non morire. Ma prima di tutto questa, da giocare su un campo che malgrado il nome altisonante dello stadio assomiglia più ai pantani e alle risaie su cui giocavamo da ragazzini che a un terreno di gioco omologabile per la serie A. E contro giocatori che quando possono fanno volentieri gli ammazza-grandi. In tutti i sensi, anche quello fisico, a giudicare dalle pedate che abbiamo visto volare anche ieri.
In ogni mito che si rispetti ci vuole l’eroe che guida la sua nave di eroi contro mille avversità. Paulo Sousa forse non resterà nella mitologia viola come una figura pari a quella di Ulisse dell’Odissea o di Giasone degli Argonauti, ma di certo sta facendo di tutto per assicurare un futuro a questa cooperativa di Lasciati a se stessi che è diventata la Fiorentina dopo che i suoi proprietari, come Achille nell’Iliade, ritenendosi gravemente offesi si sono ritirati nella loro tenda e non ne sono più usciti.
La squadra che mette in campo è priva dello squalificato Zarate, diventato furioso come l’Orlando dell’Ariosto alla fine della partita con l’Inter e duramente (forse troppo) punito dagli Dei del calcio. Ed è anche figlia della necessità di turnover e contro-turnover imposta dal dover giocare giovedi l’Europa League, con la coperta ancora più corta che nel girone d’andata a difendere i viola dal freddo londinese.
Tornano in campo Tello, Mati Fernandez e Babacar, in panchina Borja Valero. Il resto, a parte la staffetta Tomovic-Roncaglia che francamente eccita assai meno la fantasia di quella Rivera-Mazzola a Mexico 70, rientra nella norma. Il centravanti senegalese si suppone più adatto alle sportellate a cui dovrà fare nel mezzo della ruvida difesa atalantina rispetto a quello croato. Il Borja visto giovedi ha bisogno peraltro di centellinare le energie per non finire sotto una tenda ad ossigeno. Torna Badelj in mezzo al campo, resta Bernardeschi a fare quello che sa fare: calcio totale.
Si parte alla grande. Pasqual cerca di festeggiare la sua trecentesima presenza in maglia viola (dopo Beppe Chiappella e Sergio Cervato – eroi del primo scudetto – era stato Giancarlo Antognoni l’ultimo a tagliare quel traguardo, trentadue anni fa) con una punizione delle sue, che Sportiello vola a deviare dal sette. Risponde Dramé con una testata che trova Tatarusanu in traiettoria, nella prima di una serie di occasioni in cui i padroni di casa sorvolano l’intera difesa viola con cross pericolosissimi. Dramé becca poco dopo anche un cartellino giallo per aver steso un Cristian Tello che oggi conferma i suoi vistosi progressi partita dopo partita. Se si può fare un appunto al giovane blaugrana – viola è quello di non insistere proprio sul suo marcatore, cercando il fallo che trasformerebbe il giallo in rosso. Ma questo si chiama mestiere, viene col tempo e l’esperienza e per Cristian ci sarà tempo.
Mati: 1-0
I viola si battono bene, ma in mezzo al campo l’armata longobarda dei nerazzurri orobici fa paura, letteralmente. Non c’è contrasto che non si concluda sul polpaccio o sulla caviglia di un viola. Diversi interventi fanno temere il peggio, soprattutto per Bernardeschi che coraggiosamente cerca di fare calcio, il suo calcio, su un terreno che sembra una concimaia e in mezzo ai colpi di mazza ferrata degli avversari.
L’arbitro Celi cerca di tenere il match su binari di correttezza, ma insomma il gioco ne risente e il primo tempo scivola via senza che nessuno da una parte o dall’altra arrivi anche vicino ad un’idea di tiro in porta. Nella ripresa si pone per Sousa l’amletico dilemma: continuare così e vanificare i doni della sorte che offrono alla Fiorentina l’occasione di tenere la Roma e l’Inter a distanza salvando incolumità fisica ed energie per giovedi e il futuro di coppa, o cambiare qualcosa e forzare la mano al Fato, che ancora oggi non ha mostrato da che parte si schiera, se da quella della madre di Partenopeo o da quella degli Argonauti viola?
Si cambia, dopo aver intravisto un Mati Fernandez voglioso di mettersi in mostra e temerario nel provare a saltare marcatori nel cuore dell’area atalantina. Il prode Matias segnò proprio qui due anni fa il suo primo gol in viola (e uno degli ultimi, prima di risprofondare in un confusionario anonimato). Hai visto mai che le Sirene oggi non cantino anche per lui?
Mentre l’allenatore di casa Edoardo Reja provoca la Fiorentina mettendo in campo il suo fresco ex Diamanti, Paulo Sousa risponde: fuori Babacar, che oltre alle sportellate oggi ha fatto poco o nulla, per Kalinic, e fuori Bernardeschi, che ha avuto più calcioni (uno in particolare è sembrato come la freccia fatale che trafisse Achille) che occasioni da rete, per Borja Valero.
Poco dopo, gli Dei riuniti a banchetto sull’Olimpo decidono. Il mito viola deve continuare, almeno per ora. Tocca all’eroe che si era perso nei lunghi anni di guerra trascorsi sotto Montella prima e Sousa poi ritrovarsi con il colpo che salva la giornata e fa vincere la battaglia. Il colpo di testa di Matias Fernandez sembra proprio pilotato dal Fato, scavalcando Sportiello e andando ad insaccarsi in rete dopo aver carambolato sul palo.
1-0, basterebbe ed avanzerebbe per finire il turno di campionato ancora terzi, a prescindere da cosa succede nei posticipi. Ma la difesa viola quest’anno consiglia di incrementare il punteggio, a scanso di equivoci e dispiaceri. Gonzalo e Astori sono due guerrieri omerici che combattono su ogni palla respingendo ogni assalto dei lanzichenecchi che si buttano a testa bassa. Ma dalle parti di Roncaglia e del vecchio capitano Pasqual si balla, e dalle fasce qualche pericolo arriva.
Tello: 2-0
Ci vuole un’altra impresa per arrivare in fondo con la vittoria. E’ stato Tello a crossare per Mati in occasione del primo gol. Adesso tocca a Mati rendere perfetta la giornata sua e della sua squadra ricambiando la cortesia. L’assist al giovane spagnolo che scatta sul filo del fuorigioco è perfetto. Cristian arriva davanti a Sportiello e prova il tocco sotto. L’emozione o il debito di ossigeno strozzano il suo tiro, ma sulla ribattuta stavolta la gamba non trema e il pallone infila la porta. Il giovane Tello è grato agli Dei. I viola possono abbracciarsi.
Finita? Neanche per sogno. Gli eroi torneranno vittoriosi, ma come Odisseo dovranno affrontare ancora peripezie. Passano tre minuti e su corner che sorvola l’intera difesa viola e poi vi carambola in mezzo il giovane barbaro Conti ha tempo di girarsi e mettere dentro da un metro. E ti pareva? Mancano sette minuti più recupero, e son lunghi. Sotto a chi tocca, si faccia avanti qualche altro eroe redivivo per il colpo di grazia alla cacciatrice.
Kalinic: 3-0
E’ da un po’ che il Borja ritrovato mostra di aver facilità ad andar via sulla sinistra. Quando partono in due, lui e Kalinic, contro due atalantini sembrano davvero guidati da una mano divina. Borja salta il suo marcatore, al centro Kalinic gli fa un gesto: mettimela qui. Lo spagnolo esegue, l’eroe croato risorge chiudendo due mesi di magra con una deviazione sotto porta di quelle che erano le sue. 3-1, stavolta è finita. Anzi no, perché c’è Pinilla che deve segnare il suo gol annuale alla Fiorentina, approfittando del solito sorvolo a bassa quota della difesa viola. Ma ormai siamo ai minuti di recupero, e tutto ciò che succede prima che Celi fischi la fine e questo poema omerico venga consegnato ai cantori è l’espulsione del giovane barbaro Conti per l’ennesimo fallaccio su Kalinic.
Pasqual a quota 300
La cacciatrice è vinta e sottomessa. La Cooperativa viola continua la sua corsa in questa stagione epica fatta di dure battaglie e quasi sempre di eroiche vittorie, sballottata tra il favore degli Dei e lo sdegno dei suoi Proprietari che come Agamennone sotto le mura di Troia intralciano più che propiziare il suo trionfo. Adesso c’è Albione, e il destino di coppa. Questa Fiorentina se la gioca, comunque vada a finire. Poi c’è Partenopeo, che vorrà vendicare la madre e insieme inseguire il suo proprio destino. Quello stesso che fino a poco tempo fa inseguiva anche la Fiorentina.
Gli Dei del calcio sono volubili. Stiamo a vedere.


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