mercoledì 17 febbraio 2016

Una giornata particolare. Per il gatto.



Personalmente ne ho sei, e la mattina – soprattutto quando la domenica la sveglia tarda un po’ dopo l’alba – fanno a turno a svegliarmi. Attuano tattiche da commandos, implacabili ed efficaci nelle loro azioni di disturbo fino a che non mi sono alzato a riempire loro le ciotole.
E’ l’unico istante della giornata in cui il mio affetto per loro vacilla, e mi chiedo che cosa abbia fatto il gatto nella storia dell’evoluzione umana per meritarsi il posto che occupa accanto all’uomo. Di più, acciambellato sull’uomo.
Se ci si pensa bene, dal cane – animale domestico per eccellenza e tramandato universalmente come miglior amico dell’uomo – a qualsiasi altro animale addomesticabile, tutti hanno una funzione nell’economia domestica. “Sanno fare” qualcosa. Dalla guardia, alla caccia, a vari servizi, alla compagnia. Il gatto nemmeno quest’ultima. Sei tu che fai compagnia a lui, quando ne ha bisogno e voglia. Non un istante di meno, non un istante di più.
Vive nelle nostre case senza occuparsi di nulla. Senza padroni, perché in realtà noi siamo coloro a cui permette semplicemente di star loro vicino, di convivere, al limite di occuparsi di loro ma senza prenderci troppo il vizio, senza essere asfissianti. Il cane ha un padrone, il gatto ha un convivente. Il cane fa molte cose, si guadagna la ciotola di cibo abbondantemente. Il gatto nessuna, e non per questo ci sogniamo di lasciarlo a digiuno.
Da che esiste l’uomo come animale sociale organizzato in comunità civili, il gatto vive – o per meglio dire dorme – sulle sue ginocchia. Il cane spesso è rimasto fuori casa. Il gatto mai, da quando l’uomo ha una casa lui c’é entrato subito dentro. Le più antiche tracce archeologiche di convivenza tra uomo e felino risalgono all’Antico Egitto, la prima grande civiltà di cui si ha memoria e storia. Gatti sepolti insieme ai loro padroni nelle piramidi, gatti deificati, gatti raffigurati erano all’ordine del giorno nella valle del Nilo.
Recentemente, scavi archeologici condotti a Cipro sembrerebbero aver trovato addirittura tracce di simili rapporti tra uomini e gatti che i moderni sistemi di datazione scientifica fanno risalire a 7.500 anni prima di Cristo. L’uomo era appena sceso dalle palafitte, uscito dalle caverne rupestri, e già il felino si era impossessato di lui, della sua casa, della sua anima.
Gli storici spiegano questo fenomeno altrimenti inspiegabile con la necessità di tenere lontani da casa, soprattutto dalle provviste alimentari, ratti e roditori vari. Questo ha influito, sicuramente, a legare all’uomo la specie felina più addomesticabile. Ma c’è di più. Il gatto ha posseduto l’anima umana da subito. Se n’è impadronito senza discussioni.
Perfino uno schizzinoso come il Profeta Maometto cadde vittima della “malia” felina. E per tutta la vita ebbe gatti attorno a sé, lasciandoli in eredità all’Islam come animali sacri. Nei paesi musulmani la vita – di qualunque specie, dall’uomo in giù – ha poco valore. Ma guai a torcere un capello ad un gatto. E’ un peccato mortale.
Tra noi cristiani invece, il feeling speciale tra felini e umani conobbe alcuni momenti di appannamento soltanto nei secoli bui del Medioevo, allorché qualche superstizioso di alto o di infimo rango intravide nel gatto una incarnazione del maligno. Nelle campagne si diceva che “tutti gli animali sono stati creati da Dio, meno il gatto che è stato creato dal Diavolo”. Bersaglio principe di tale superstizione fu inevitabilmente il gatto nero, immaginato come alter ego dello stesso Satana.
Con l’Illuminismo e la fine della caccia alle streghe ed altre creature demoniache, il micio tornò a godere di letteratura e di sentimenti favorevoli, riacciambellandosi senza remore sulle ginocchia umane. Anche se soprattutto tra le persone meno istruite certe superstizioni erano dure a morire. Tanto che in epoca recente, nel 1990, alcuni gattofili sentirono il bisogno di dedicare una festa al migliore amico dell’uomo con i baffi. Una rivista specializzata, Tuttogatto, bandì addirittura un referendum per stabilire il giorno in cui la festa sarebbe caduta. Vinse il 17 febbraio, per tutta una serie di motivi tra l’affettivo e l’esoterico.
Vediamoli. Febbraio è il mese del segno zodiacale dell'Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come appunto i gatti. Secondo i detti popolari veniva anche definito “il mese dei gatti e delle streghe” confermando il legame ancestrale tra gatti e magia. Il numero 17 poi, nella nostra tradizione, era ritenuto un numero portatore di sventura, al pari del gatto. Il 17, scomposto in cifre, può significare “1 vita per 7 volte”, con allusione all’altro celebre detto popolare secondo cui i gatti hanno sette vite.
Quali che siano comunque i motivi che hanno fatto preferire questa data, hanno poca importanza. Se da un lato l’iniziativa, nata come tutta italiana, ha avuto tale successo da diventare mondiale – una specie di giornata del Cat Pride -, dall’altro qualunque gatto, se lo volesse, potrebbe dirvi che questo per lui è un giorno come un altro. Oggi viene festeggiato, tutti gli altri giorni viene venerato. E non avrebbe senso chiedergli perché. Lui lo sa, e non sono cose che si possono spiegare. O si capiscono o non si capiscono.
Noblesse oblige, punto e basta. Anzi, miao.

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