martedì 2 febbraio 2016

VIOLA NELLA MENTE E NEL CUORE: L'uomo dal braccio corto



Le congiunzioni astrali stanno tracciando i loro percorsi, allineando pianeti e disegnando destini che in realtà sono stabiliti da tempo. Una antica profezia risalente alla seconda Era, quella che va da Calciopoli alla Fuga di Andrea dalla Cittadella, recitava, all’epoca incomprensibile ai più ma adesso disvelata in tutti i suoi significati più reconditi: “Con questi non si vincerà mai nulla”.
E’ bene prenderla a ridere, piuttosto che rovinarsi il fegato già messo a dura prova per molti da decenni di militanza nel tifo viola ad alto rischio di sofferenza. Si è appena chiusa la sessione di gennaio del calciomercato. La Fiorentina ha chiuso con un’altra “coppiola” di giocatori in rima: dopo Tino e Tello, Kone e Benalouane. Speriamo non siano personaggi da fumetto d’anteguerra, ma risorse su cui il mister possa fare affidamento nei mesi che restano da qui alla fine di un campionato che prometteva molto in partenza. Ed anche alla fine del suo contratto, se proprio vogliamo dirla tutta.
“Noi le promesse le manteniamo” recita uno slogan del nuovo movimento che Diego Della Valle sembra intenzionato a mettere in campo da qui alle prossime elezioni. Sarebbe fin troppo facile fare dell’ironia questa mattina. Ma ci siamo chiesti più volte su queste colonne se le altre aziende della holding Della Valle sono gestite come la Fiorentina. In tal caso, resta inspiegabile il successo planetario del marchio di punta, la Tod’s. Una cosa è certa, la fiorentina è diventata ufficialmente il fanalino di coda di quella stessa holding.
Il mercato di riparazione appena concluso di promesse ne ha mantenute ben poche. Ma soprattutto, rischia di aver svelato senza possibilità di ulteriori equivoci cosa risiede nel subconscio del patron della squadra viola a proposito del suo investimento nel calcio. Ti ritrovi bene o male in testa alla classifica (per brevi istanti anche in accennata fuga) dopo una sessione di mercato estiva da commissario liquidatore. Lungi dall’accogliere e riseminare i doni del destino, a gennaio metti in scena una sessione invernale che assomiglia ad una commedia in vernacolo della compianta Wanda Pasquini, o molto meno simpaticamente ad una sessione del parlamento sul decreto Boschi o sulla stepchild adoption. Tutti fanno tutto, soprattutto sciocchezze, fuori che quello che serve ai consumatori finali del “prodotto”.
Pare quasi che questa proprietà dell’A.C.F. Fiorentina sia a sua volta una stepchild adoption da parte di Diego Della Valle. Tollerata ormai a collo torto, riconosciuta di mala grazia come figliastra giusto perché l’altro partner, quello minoritario, il fratello minore, conserva ancora un legame affettivo con lei. Ma da trattare ormai appunto come si tratta una figliastra, con sopportazione e fastidio. Tanto ormai quello che poteva portare in dote l’ha portato.
Insomma, servirebbe di dare una mano a Paulo Sousa, che ormai non sa più da che parte tirare la coperta striminzita degli 11 + 2/3 giocatori e che comincia a dare a sua volta segni di squilibrio dovuto a forte stress. Lo stipendio più che buono comincia ad essere insufficiente come deterrente alla fuga. Del resto, gli hai promesso da settembre di avere in mano il nome giusto, la panacea di tutti i mali, il Messia dei difensori che aggiusterà la difesa e permetterà alla Fiorentina di volare sfruttando appieno il secondo attacco del campionato.
E’ vero che nel 2015 hai dichiarato un bilancio in rosso. Complimenti, non era facile avendo venduto Cuadrado a 31 milioni, Savic a quasi 30, risparmiato i 18 di Salah, risparmiato ingaggi e riscatti di 24 giocatori a fine mercato estivo oltre a quelli di Rossi e Gomez a fine mercato invernale, guadagnato altri 9 milioni quasi – così per ridere – dalla vendita di Mario Suarez e di Matos Ryder alla famiglia Pozzo (quando si tratta di disfarsi di giocatori i Cognigni Boys compiono sempre dei capolavori).
Ora, cosa ci fai con i tuoi soldi sono affari tuoi, ci mancherebbe altro. Ma continuare ad accampare “necessità di rientro” dopo una campagna cessioni quattro stagioni come questa, no, caro Diego della Valle, c’è qualcosa che non torna. Questo è un rientro per poi vendere la società a tutti gli effetti, e ciò darebbe credito alle voci che si rincorrono a Firenze da un bel po’ di tempo. Oppure è qualcos’altro, e senza troppe dietrologie ci limitiamo a pensare che tu alla Fiorentina in testa alla classifica non ci hai mai creduto. Nemmeno quando ti facevi vedere di nuovo allo stadio a fianco del fratello dopo una lunga, lunghissima assenza. Era pubblicità anche quella, o poco più.
Pazienza per i sogni di scudetto, nel Kharma viola c’è insita la sofferenza e la sconfitta che arrivano puntuali come la Nemesi, a stroncare il sogno. Ci siamo abituati. Ma alle figuracce planetarie, peggio addirittura di quelle che fa al governo l’ex sodale di Tribuna Autorità Matteo Renzi, quelle no. Quando il sito del River Plate pubblica la vostra foto con la didascalia “Los Hermanos Bracitos” non sputtana soltanto voi, che – ribadiamo – con i vostri soldi e la vostra faccia siete padroni di fare quello che ritenete più opportuno. Sputtana Firenze. Quel nome, quel marchio, quel brand che vi ha fatto un gran comodo di poter allineare a quello della Tod’s in giro per il mondo. Il minimo che potevate fare era di trattarlo con lo stesso rispetto con cui siete stati trattati voi (al netto della permalosità del fratellino Andrea, così suscettibile perfino ai cori da stadio).
Ecco, adesso andare a comprare un giocatore in Sudamerica sarà un’impresa, dopo che vi siete giocati l’immagine della Fiorentina e di Firenze proprio con la società più importante, quella tra l’altro con cui dai tempi di Passarella c’era un rapporto quasi di gemellaggio. Comprare in Italia era già diventato proibitivo, dopo essersi alienati la quasi totalità della Lega Calcio a seguito di polemiche e diverbi con tutti i piani di quel Palazzo di cui poi lamentiamo spesso le malversazioni e con tutte le società grandi o piccole con cui giochiamo il campionato di serie A.
Il buon nome della Fiorentina poi era già sub judice dopo l’affaire Milinkovic Savic, un copione che avrebbe fatto la felicità della commedia all’italiana più trash. Adesso siamo alla farsa, alla pochade. Le parole del presidente del River Plate non vi apparterranno, come vi siete limitati a commentare, ma bruciano peggio di uno schiaffo. E quello schiaffo l’ha preso Firenze.
Che cosa resta, a parte l’immagine squallida degli emissari viola sguinzagliati a lesinare un sì da tutti gli avanzi di mercato della serie A (ma sempre, sia chiaro, col braccino rattrappito: che venga Benalouane, ma non pretenda più di un incarico da GiovaniSi)? Resta un Paulo Sousa sull’orlo della crisi di nervi, come i personaggi di un Almodovar d’annata. E forse la possibilità che vada a finire proprio come in un film di Almodovar. O come in qualche altro campionato di qualche anno fa, magari partito in tromba tra le fanfare e finito a schifìo.
Aggrappati a Tino e Tello, a Cino e Franco, a Kone e Benalouane, a Mandrake e Lothar. E’ bene prenderla a ridere. Chissà se a maggio ne avremo ancora voglia.



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