venerdì 19 febbraio 2016

ROAD TO BASEL: A Londra si può fare

Comunque vada a finire, di una cosa va dato atto a questi ragazzi: hanno dato il massimo, tutto quello che avevano, e anche qualcosa di più. E alla fine di questa partita possono permettersi di uscire dal campo a testa alta, con l’orgoglio malcelato di colui al quale tutto sommato il risultato va anche stretto. Il Tottenham Hotspurs starà anche dominando la Premier League assieme al Leicester di Ranieri, ma se è ripartito per Londra con un punto lo deve anche ad un complesso di circostanze favorevoli, non ultima delle quali anche una certa benevolenza arbitrale.
La Cooperativa viola “Lasciati a Se Stessi” va in campo al Franchi per riprendere il discorso Europa League all’altezza dei sedicesimi di finale dopo la pausa invernale. Lo fa nel più completo disinteresse ed assenteismo della sua proprietà (ma di questo scriviamo in altra parte del giornale) e con una cornice di pubblico assai ridotta rispetto ad analogo spettacolo andato in scena lo scorso anno. Al 2-0 firmato Gomez – Salah – Neto assistettero oltre 30.000 persone, quest’anno siamo a poco più della metà. Potenza della trasmissione in chiaro da parte di Sky e/o del caro biglietti? Probabilmente. E’ difficile ipotizzare altre spiegazioni, come un disamore di Firenze per la propria squadra. Più facile che l’Arno si metta a scorrere al contrario.
La Coop viola va dunque in campo consapevole di doversela vedere da sola. Gli Hotspurs rispetto allo scorso anno si sono rafforzati, risultati alla mano. La Fiorentina, malgrado proprio i risultati, pare di poter dire che non ha più al suo arco tutte le frecce della stagione passata, a cominciare dall’egiziano volante. Ma se gli Speroni non sono secondi in Inghilterra per caso, allo stesso modo essa non è terza in Italia. Sousa e i suoi ragazzi hanno stretto un patto che non prevede nessuna resa. Vittoria e basta, fino alla fine. Poi si vedrà.
Il buon mister Paulo, al pari del dirimpettaio Pochettino, avrebbe anche in animo una idea di turnover. Fuori Vecino, che sta facendo più chilometri lui della Tramvia di Scandicci, e dentro Tino Costa. Fuori Tello, che non è nella lista UEFA, e al suo posto nella rotazione di ruoli e maglie si rivede Kuba Blaszczykowski. Fuori soprattutto sia Kalinic che Babacar. Dell’esclusione del croato se ne capirà la ragione nella ripresa, allorché Sousa sarà costretto a ributtarlo dentro. Non si sa cosa gli sia successo, ma non ne azzecca più una. Per l’esclusione del senegalese invece si può avanzare qualsiasi illazione. Comprese le offese a genitori e parenti, o complicazioni sessuali interconiugali. Stiamo scherzando ovviamente, ma l’ostracismo di cui è fatto oggetto Babacar a questo punto meriterebbe qualche spiegazione in più. Che al pari di quelle sulla gestione di bilancio per ora non arriva.
Si parte con un inedito Zarate unica punta, con Ilicic alle sue spalle come trequartista e dietro un 4-4, o un 3-5 alla bisogna. A sinistra Alonso, a destra Tomovic, in mezzo Astori ma soprattutto Gonzalo, che anche stasera si guadagnerà la nomination per un monumento dentro lo Stadio Franchi. Al centro Borja, Tino, Berna e Kuba. L’ennesima rivoluzione tattica di un mister che non dorme mai sulle proprie certezze.
Potrebbe anche funzionare. Gli Hotspurs vengono qui con la presunzione di esportare sul suolo italiano la Premier League. Se Bernardeschi fosse più coordinato in volo sulla palla a girare di Ilicic e se Zarate avesse più freddezza in occasione del quasi calcio di rigore sulla palla ribattuta dal portiere Vorm ancora a Bernardeschi in finale di tempo, la Fiorentina concluderebbe la prima metà di gara in vantaggio. E questo malgrado sia apparsa spesso in difficoltà per il pressing alto degli inglesi, per alcune giocate del loro gioiello (abbastanza scorretto) Alli e per alcuni propri equivoci tecnico – tattici.
Borja e Ilicic infatti appaiono ben presto inadatti a questo tipo di partita e di avversario. Lo spagnolo inizia presto a boccheggiare, in debito di ossigeno e di intuizioni di gioco. Le rare volte che si propone in ripartenza tarda al solito quanto basta ai velocissimi inglesi per riguadagnare le posizioni difensive. Spesso poi tenere un pallone in fase di impostazione gli riesce più complicato del solito. Stesso discorso per Ilicic, con l’attenuante che di pedate lo sloveno stasera ne prende veramente tante, sotto lo sguardo dell’arbitro tedesco Felix Zwayer che preferisce dispensare per lungo tempo ammonizioni verbali piuttosto che formali.
Herr Zwayer arbitra in stile UEFA, sanzionando subito contatti più o meno vistosi, ma quasi mai come il loro peso nell’economia del gioco richiederebbe. In compenso solleva discrete perplessità in occasione del rigore che concede ai britannici al 40’, quando già la Fiorentina potrebbe recriminare una prevalenza “ai punti” (ed alle occasioni da gol). Tomovic stasera è stato abbastanza attento nei suoi interventi. E’ uno dei soldati su cui Sousa sa di poter contare, sempre e comunque. Quando interviene su Davies appena dentro l’area è in leggero ritardo, ma l’inglese avrebbe il tempo di saltarlo senza danni. Invece cade sembrando accentuare platealmente l’impatto con lo scarpino del buon Nenad. Evidentemente ha valutato di capitalizzare l’occasione con un penalty, piuttosto che con un tiro in porta dalle incerte prospettive. Zwayer abbocca, Chadli trasforma spiazzando Tatarusanu. Fiorentina che si ritrova come un ciclista alla tappa del Mortirolo al Giro d’Italia.
Nel primo tempo non sono andati malaccio Kuba, uno dei primi a capire che aria tira tatticamente grazie anche alla sua provenienza calcistica nordeuropea, e Tino Costa, che ha cercato di mettere ordine in un centrocampo viola spesso in affanno. Eppure nella ripresa Paulo Sousa è costretto a sacrificarli in virtù della consapevolezza che le speranze residue della sua Coop viola in questo torneo sono appese al recupero dei suoi “senatori” e al verificarsi di qualche magia compiuta da chi ne è in grado. Così, fuori Kuba per Kalinic, Ilicic per Badelj e Tino Costa per Vecino. Sarà come sarà, ma la musica cambia subito.
Fino al quarto d’ora del secondo tempo è sembrata una riedizione di Fiorentina – Inter, con i viola non apparsi inferiori agli avversari ma in difficoltà a riprendere il pallino del gioco. Zarate da solo però affoga nella difesa inglese, l’ingresso di kalinic – pur di questo Kalinic dalle polveri bagnate – finisce per creare più spazio sia a lui che Bernardeschi. Il buon Milan Badelj da parte sua si risistema subito in cabina di regia, facendo subito desiderare che il “pronunciamiento” del suo procuratore sia stato un episodio senza conseguenze.
Al quarto d’ora arriva anche la magia. Per rispetto a Giancarlo Antognoni, avevamo in precedenza scelto di dirottare altrove le nostre iperboli di commentatori-tifosi paragonando Federico Bernardeschi piuttosto a Johann Cruyff. Da stasera ci aggiungiamo anche Johan Neeskens e già che ci siamo anche Johnny Rep. Il missile lanciato dal Berna sotto la traversa e poi in rete è un gol di rara bellezza, come ne avevamo visti fare nella nostra infanzia dai fuoriclasse di quella mitica Olanda. Federico sa che non deve montarsi la testa, ma se la Fiorentina in coppa è ancora viva è merito suo. E allora si può spendere qualche aggettivo e qualche paragone di quelli che non costano nulla e fanno sognare.
Dopo il pareggio, la Fiorentina sale finalmente in cattedra, o almeno ne scende il Tottenham, che nella mezz’ora finale trova molta più difficoltà ad arginare le folate (che finalmente possono definirsi tali) dei viola. La sensazione è che possa andare a finire come contro l’Inter, ma stasera la buona sorte aveva il posto riservato nei settori dello stadio rimasti vuoti. Gonzalo sale diverse volte sui tanti calci d’angolo battuti dai suoi compagni per segnare quel gol che renderebbe memorabile la sua già magistrale prestazione. Ma non trova mai il tempo giusto.
Chi lo trova invece è Astori. La sua incocciata esce di un millimetro, su angolo battuto dopo che Vorm aveva deviato con la punta delle dita dei guantoni un tiro velenosissimo di Mauro Zarate. Niente da fare. Il destino aspetta la Fiorentina a White Hart Lane tra una settimana. Come dice Gonzalo Rodriguez, può fare a Londra la stessa partita disputata al Franchi. Magari con più efficacia (a prescindere dalle scelte tecniche e dalle prestazioni individuali) perché paradossalmente quest’anno in trasferta il suo compito è più facile mediamente che non in casa.
Se andrà bene, Pochettino dovrà rinviare a data da destinarsi la sua attesa rivincita, proprio quando già cominciava a farci la bocca. Se andrà male, sarà comunque un’uscita a testa alta da una coppa giocata tutta in salita. Questo Tottenham non appare comunque superiore al Basilea fermato sul 2-2 in Svizzera nel girone eliminatorio. E la Fiorentina giusto di un 2-2 avrebbe bisogno.

La coop viola può farcela, senza costringere neanche i suoi proprietari a scomode trasferte, D’altra parte, chi si diverte con il calcio e chi si diverte con i bilanci. De gustibus, dice il proverbio…..

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