Il 6 agosto 1945 un
bombardiere B-29 Superfortress decollò dalla base americana di Tinian
nelle Filippine diretto verso la città di Hiroshima, al limitare sud dell’isola
principale dell’arcipelago giapponese. Quell’aereo era stato battezzato il
giorno prima dal suo comandante, il colonnello Paul Tibbets, con il nome di Enola
Gay, in onore della propria madre secondo un’usanza molto in voga
nell’esercito americano.
A bordo dell’Enola Gay, c’era
un carico dal nome altrettanto amichevole, frivolo se si vuole: Little Boy.
L’aereo in realtà trasportava la più micidiale arma di distruzione mai messa a
punto dall’uomo in tutta la sua storia: Little Boy infatti altro non era che la
prima bomba atomica, messa a punto negli ultimi mesi della guerra dagli
scienziati riuniti a Los Alamos nel Nuovo Messico dal governo americano
nel tentativo spasmodico di arrivare a possedere l’arma risolutiva prima della
Germania di Hitler.
L’impresa, definita Progetto
Manhattan, aveva avuto successo, e a Potsdam dove era riunito in
conferenza con i suoi alleati dalla metà di luglio, il presidente americano Truman
aveva proposto l’impiego della bomba atomica quale mezzo per ottenere la
rapida capitolazione dell’ultima potenza dell’Asse ancora belligerante,
il Giappone, e “risparmiare” in questo modo vite umane. Gli Alleati, Churchill
e Stalin, avevano acconsentito, e così Enola Gay e il suo Little Boy
erano stati spostati nelle Filippine. Fu lì che ricevettero l’ordine esecutivo di
decollo.
La missione fu definita nei
verbali dell’aviazione USA “un successo impeccabile”. La bomba, sganciata sulla
città che fino a quel momento era stata risparmiata dai bombardamenti
americani, esplose ad un'altitudine di 576 metri con una potenza
pari a 12.500 tonnellate di TNT. Il ragazzino provocò circa 130.000
morti immediate, mentre altre 180 000 persone morirono negli anni successivi a
causa delle radiazioni. Si calcola che nel 2002 gli hibakusha (i colpiti
dalle radiazioni del fallout nucleare), nonostante i 57 anni trascorsi, fossero
ancora 285.000.
La vista del primo fungo
atomico della storia e la presa di coscienza delle sue devastanti conseguenze
ebbero un impatto enorme sul mondo, facendo comprendere a tutti che era finita
per sempre l’era delle guerre convenzionali e cominciata invece una nuova era
di terrore tecnologico. Il Giappone, prostrato dalla bomba di Hiroshima e da
quella sganciata poi tre giorni dopo su Nagasaki, mise da parte ogni velleità
di resistenza ad oltranza e chiese la resa.
Le grandi potenze vincitrici
della seconda guerra mondiale si gettarono quindi a capofitto nella
preparazione del conflitto successivo, la Guerra Fredda, e di quella che sarebbe
stata la sua arma principale. Di lì a poco si sarebbe sviluppata una nuova
dottrina politica, basata sul cosiddetto “equilibrio del terrore”. Una dottrina
destinata a durare a tempo indeterminato.
Enola Gay andò in pensione
poco dopo la fine delle ostilità, divenendo proprietà dello Smithsonian
Institute, il più importante museo americano. Il suo comandante, quel Paul
Tibbets che si dice avesse esclamato la fatidica frase “Mio dio, cosa
abbiamo fatto!” subito dopo lo sgancio della bomba, continuò una brillante carriera
nell’Air Force americana, ma fu fatto oggetto di odio nella società civile un
po’ in tutto il mondo, a causa di quello che ormai rappresentava, per tutto il
resto della sua vita.
L’uomo che aveva dato il nome
della madre all’aereo che portava il più spaventoso carico di morte della
storia riposa adesso in una tomba, a Columbus, Ohio, che non ha nome.
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