Era irlandese di Connemara, nella
Contea di Galway nell’Irlanda occidentale. E’ stato uno degli attori più british della storia del cinema, e
insieme uno dei più universali e versatili. Ha dato il proprio volto e il
proprio spirito a uno dei personaggi più mitici della storia, della
letteratura, dell’immaginario collettivo dell’Occidente, quel Thomas Edward Lawrence con cui 50 anni fa sotto la regia del grande David Lean arrivò ad
immedesimarsi così bene da entrare insieme a lui a braccetto nella leggenda.
Lawrence d’Arabia era morto il 19
maggio 1935 a causa di un incidente di moto, quando ormai il mondo si stava
dimenticando di colui che era stato l’eroe della rivolta araba contro l’Impero
Ottomano, che aveva dato un contributo non secondario alla vittoria del suo
paese e della Triplice Intesa nella Prima Guerra Mondiale ed in ultima analisi
alla dissoluzione di un mondo ormai troppo vecchio ed alla nascita del mondo
moderno. Peter O’Toole, colui che ha saputo raccontare la storia di quell’eroe
meglio di chiunque altro alla sensibilità di quel mondo moderno, è morto ieri a
Londra al Wellington Hospital dove era ricoverato, all’età di 81 anni.
Lawrence era stato il capolavoro
suo e di David Lean, ma se il regista era stato premiato subito con l’Oscar
l’attore invece aveva dovuto aspettare il 2003 per riceverne uno alla carriera
dapprima rifiutato sdegnosamente (“non sono ancora morto”) e poi accettato su
pressioni della famiglia. Almeno 8 volte aveva ricevuto la nomination, ma mai era stato premiato per una delle sue tante
interpretazioni magistrali. Aveva prestato la sua faccia e la sua inquietante
follia espressiva a personaggi come l’eroe negativo o quantomeno controverso di
Joseph Conrad, Lord Jim, o il
perverso generale nazista della Notte
dei Generali, dove aveva ritrovato il grande Omar Sharif. Lo struggente
professore di scuola di Goodbye Mr.
Chips e il grande re d’Inghilterra e conquistatore di Francia Enrico II nel
teatrale Leone d’Inverno, dove si
era rubato la scena con Katharine Hepburn. Imperatore Tiberio nel Caligola di Tinto Brass e precettore
dell’Ultimo Imperatore della Cina,
Pu Yi, nell’omonimo film di Bernardo Bertolucci, un altro che fece incetta di
premi Oscar per tutti meno che per lui.
Al suo bel volto britannico si
era ispirato nientemeno che Roberto Raviola, in arte Magnus, per disegnare le fattezze del personaggio dei fumetti più
famoso partorito dalla mente di Luciano Secchi, in arte Max Bunker: quell’Alan Ford che
ha accompagnato le letture di tanti adolescenti italiani nell’epoca d’oro in
cui Peter O’Toole era un’icona di quel cinema d’autore che ha perso ieri uno
dei suoi ultimi pezzi.
“Sei fortunato che quando Dio ti
fece pazzo ti dette anche una faccia da pazzo”, dice lo sceriffo Alì Ibn Al
Kharish (interpretato da Omar Sharif) a Lawrence, a commento di una delle sue
mirabolanti imprese in Arabia. Il modello si adattava al personaggio come all’attore,
ed è forse è il premio alla carriera più gradito tra quanti se ne porta via con
sé Peter O’Toole, che da oggi ha raggiunto il colonnello inglese in qualche
oasi lassù nel cielo, dove realtà e fiction
non hanno più distinzione.
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