Tutte le strade portano
a Roma. Ci sarà un perché? Questa città bisogna amarla, prima ancora che
capirla. Se la ami, capirla è un attimo. E non ti tradirà mai. I romani hanno
visto di tutto, lo sanno, e te lo fanno capire. Qualcuno, mentre ti spiega
perché sei al mondo e non te ne sei ancora accorto, riesce anche ad esserti
simpatico. Gli altri, o li prendi così come sono, o comunque resti indietro.
Roma nell’anno di
grazia 2013 è diversa, e nello stesso tempo uguale a se stessa. Camminando per
le strade della Capitale si respira un’aria diversa rispetto al resto d’Italia,
dove ci si affanna, ci si arrabbia, ci si ingegna, ci si prepara al nuovo che
avanza o al vecchio che ritorna. Questa è la città dove si fa la storia, e dove
un attimo dopo la si ridimensiona. Gli abitanti di questa città hanno digerito
di tutto, dagli imperatori del più grande impero di sempre, ai sacerdoti della
più ecumenica religione di sempre, ai barbari più feroci ed ai politicanti più
abbietti.
A nessuno di questi
hanno dato la soddisfazione di sentirsi importanti per più di cinque minuti.
Temuti sì, importanti no. Non li sentivano importanti quando Giulio II Della
Rovere commissionò a Michelangelo la decorazione della Cappella Sistina, non li
sentono adesso che Giorgio I Napolitano si lambicca il cervello per tirar fuori
un governo che perpetui il privilegio a favore di un mondo che non esiste più.
E che come dice Beppe Grillo, non si rende conto di essere circondato, morto,
finito.
Ma i romani lo sanno,
eccome se lo sanno. E aspettano. Sono tanti i cadaveri passati lungo il Tevere.
Prima metropoli della storia, capitale di un impero che molti hanno provato ad
eguagliare ma nessuno c’è riuscito, Roma accoglie tutti e a tutti è disposta a
regalare qualcosa di indimenticabile, a condizione di non avere pregiudizi,
perché qui non servono. Qui si va oltre, e se i pregiudizi ci sono, pazienza.
Il problema non è dei romani. Che ti possono dare tanto, sta a te capirli e ascoltarli,
e tornare via con una lezione di vita gratis.
Tra il 24 ed il 28
febbraio questa città ha perso entrambi i suoi punti di riferimento, al di qua
e al di là del Tevere. Si è chiusa la Seconda Repubblica lungo la promenade che
da Montecitorio e Palazzo Madama porta al Quirinale, e si è chiusa la porta che
testimonia la Sede Vacante a San Pietro. E non è cambiato assolutamente nulla.
Mentre il resto del mondo si interroga su chi sarà il prossimo Vicario di
Cristo in terra e su chi sarà il prossimo a salire le scale di quello che fu il
palazzo dei Papi e dei Re e adesso è dei Presidenti, il romano scivola via per
le antiche strade della sua immensa città indifferente a tutto.
La città da sempre
sognata da Pontefici ed Imperatori va avanti senza bisogno né degli uni né
degli altri, adesso meno che mai. Tutti sono destinati a diventare fotografie
sbiadite in vendita sulle bancarelle di Porta Portese. Ruderi che difficilmente
appariranno più affascinanti di quelli già in mostra nei Fori Imperiali, o in
qualsiasi altro angolo di questa città museo a cielo aperto.
Colpisce semmai il
grande spiegamento di forze, a difesa di un potere che non c’è più. Per le
strade di Roma non si contano i presidi di polizia ed esercito a guardia di
luoghi politici, di culto, ambasciate. Viene da chiedersi quanto ci costino, e
qui il romano viene in aiuto con la prima delle sue lezioni di vita. E’
abituato da sempre a vedere le ostentazioni del potere, basta un’occhiataccia
al carabiniere che lascia la camionetta a motore acceso di fronte al bar.
La mano vergognosa
corre subito a girare le chiavi di accensione, e tutto ritorna nei limiti del
fisiologico. Presto un nuovo signorotto reclamerà a sé quella scorta, e allora
tutto ridiventerà più difficile. Ma in questo momento Pasquino fa male ai
potenti. E Pasquino è nato qui, a Roma, e come sa far male lui, qui, non sa
farlo nessuno da nessun altra parte.
«Per far ridere,
bisogna esse’ seri», diceva Alberto Sordi. Albertone è ancora vivo in ogni
angolo di questa città. Quello che si è perso, semmai, è il garbo e la gran
classe con cui lui sapeva andare a colpire i difetti di questo popolo italiano
che qui in riva al Tevere si sublimano, com'é inevitabile. Questa è la città
dove tanta gente campa ai margini del potere, politico ed ecclesiastico. Questa
è la città dove girano più soldi e dove non si produce niente, almeno in
termini di pura economia.
Eppure, questa è la
città dove tutto ha un senso, e può averlo solo qui. Qui si combatterà la
battaglia tra la Vecchia Repubblica e le Cinque Stelle, uomini venuti da ogni
parte di Italia magari senza neanche sapere dov’era la Capitale fino a un mese
fa adesso dovranno familiarizzarsi con un Emiciclo che risale, nello stile
architettonico e nello spirito del tempo, a vecchie e mai ben comprese lotte
fra la destra storica di Quintino Sella e la sinistra storica di Agostino
Depretis, che mancarono di realizzare una vera Unità d’Italia ma in compenso ci
insegnarono tutto su sfruttamenti, crisi economiche e scandali, in primis quello
della Banca Romana, nella quale pare che fosse coinvolto nientemeno che il Re.
Si, proprio lui, quello che adesso è sepolto nel Pantheon insieme ai numi
tutelari di questa patria.
Qui, dall’altra parte
del fiume, per l’ennesima volta in duemila anni si riuniranno nella Cappella
Sistina (chiusa per l’occasione al malcapitato turista magari venuto a portare soldi
freschi dall’altra parte del mondo) 115 uomini che dovrebbero rappresentare l’Ecclesia
così come l’aveva voluta Gesu Cristo per eleggere un Pontefice di cui
Cristo stesso non aveva fatto nessuna menzione. Ma Roma era la capitale di un
impero, e una nuova religione poteva affermarsi solo qui. Quindi ecco che il vescovo
di Roma è diventato il Papa, ed ecco che per eleggere questo vescovo il mondo
si ferma di nuovo, i tetti di Roma si riempiono di poliziotti, militari, agenti
segreti sempre da noi pagati.
Il conto aumenta, il
turista del 2013 strabilia, perché questa adesso è una città senza potere, ma
più che mai una città in armi, a combattere una guerra che interessa più che
mai solo Papi e Imperatori. Al malcapitato turista, che ha pagato un prezzo salato
per entrare all’Altare della Patria o ai Musei Vaticani (e che ha trovato la
porta della Cappella Sistina chiusa senza tanti complimenti e alla faccia di
internet), viene chiesto di uscire perché è in arrivo un personaggio
importante e la sicurezza deve fare il suo lavoro. Dice, «importante? E io
che sono? Io che gli pago lo stipendio (lauto) non sono importante?».
E qui arriva ancora la
lezione del romano, abituato a trattare con siffatti soggetti da millenni. Esci,
nun poi fa' altro, ma faje senti’ che importante nun è! Questo burino sta
qui per una legislatura, o un Conclave, poi se ne torna al paese suo. Diventerà
concime per la terra come tutti. Pensa alle cose belle della vita. Una
passeggiata a Piazza Navona o un pranzo da Rugantino a Trastevere, questi
nun sanno manco che cos’è!
Non c’è romano che non
ami la città dov’è nato, e a ragione. E non ce n’è uno che sia disposto a
prendere sul serio coloro che arrivano qui con la pretesa di dominare, prima o
poi, la Caput Mundi. A chi è nato qui, appaiono tutti un po’ come il marziano
di quel racconto di Ennio Flaiano, a cui degli abitanti del luogo rivolgono la
fatidica frase: «A’ marzia’…facce ride’!».
E’ così che appare il
potere a Roma nell’anno di grazia 2013: ridicolo. Proprio qui dove dovrebbe
essere celebrato dalla sua più spettacolare magnificenza. Giulio Cesare, durante
i suoi trionfi, acconsentiva che la plebe gli si rivolgesse con tono di
scherno, a ricordargli che lui era un uomo come tutti, altro che figlio di dio.
Nessuno a Roma l’ha dimenticato. Pasquino e Albertone sono sempre vivi.
P.S. Trattoria da
Rugantino a Trastevere. Con 13 euro duemila anni di civiltà romana vi vengono
incontro soridendo, e tutte le brutture di questo monno 'nfame spariscono.
Nessun commento:
Posta un commento