venerdì 5 giugno 2015

Il signor Rossi va al raddoppio



“Abbiamo vinto perché abbiamo governato bene, esiste un modello toscano”. Bisognerà che prima o poi qualcuno obblighi i vertici del Partito Democratico a frequentare quanto meno dei corsi di comunicazione, e magari altre materie fondamentali tra quelle delle scienze sociali ed economiche. Le parole del neo-rieletto governatore Rossi non si discostano peraltro da quelle consegnate ai mass media un po’ dovunque – a livello sia nazionale che locale – dai suoi compagni di partito. La parola d’ordine è, Liguria a parte (sarebbe troppo perfino per il PD) celebrare la vittoria, a costo di sacrificare completamente la realtà.
Alla fine è 5-2, secondo la metafora calcistica escogitata da un Renzi evidentemente a corto di argomenti.
Quando si ricorre al calcio, vuol dire che politicamente siamo alla frutta. Ma nel Partito che celebra il secondo anno di governo nazionale sia pure in coabitazione forzata, il primo del suo nuovo segretario strappato al Comune di Firenze, l’altra parola d’ordine è: contano solo i numeri. Che notoriamente di per sé sono freddi e per niente comunicativi. Ma che si prestano a tutte le letture consentite dalla fantasia non appena si esce dal ristretto ambito della matematica, che com’è noto è una delle poche se non l’unica scienza esatta.
Così, alla faccia della buon’anima di Pirro il proverbiale Re dell’Epiro alla fine sconfitto dai Romani dopo alcune iniziali batoste (ma c’è qualcuno nel PD che ha un’idea di chi fosse?), dopo il voto del 31 maggio nel centrosinistra si celebra una vittoria che forse nessuno, appena al di sotto dei vertici e delle loro clientele, riesce a considerare tale.
A livello nazionale, mentre la magistratura prosegue il suo risveglio da un torpore che durava almeno dal Giurassico continuando a riservare attenzioni non si sa quanto gradite a Matteo Renzi ed al partito che guida e presentandogli diversi conti maturati nel breve, nel medio ed anche nel lungo periodo, il povero Matteo è costretto a ricorrere ad artifici di bassa lega presentandosi prima alle nostre forze armate di stanza in Afghanistan con indosso una mimetica che ai suoi tempi non ha vestito per servizio di leva nemmeno per mezza giornata. Poi a perorare la causa del suo centrosinistra allargato, che vacilla sotto i colpi di Mafia Capitale prima e dell’elettorato poi.
La luna di miele del Belpaese con il Nuovo Che Avanza è terminata. Sotto i colpi dell’azione di governo del Rottamatore, che hanno prodotto finora sconquassi degni di una Fornero a fronte di risultati degni di un Monti, gli elettori hanno scelto la via della protesta e soprattutto quella del mare. Restano rosse le regioni che ne hanno fatto un debito kharmico, più la Puglia che per dimenticare Vendola aveva da scegliere tra Michele Emiliano (la faccia pulita del PD) e Raffaele Fitto (il centrodestra che non ha più faccia), e la Campania che non ha capito che con la Legge Severino Vincenzo De Luca non può fare il presidente, ma che in compenso ha capito benissimo come funziona il partito democratico e ha intenzione di divertircisi. Resta alla destra il Veneto, dove il capitale della Lega Nord è talmente forte da sopportare la secessione di Tosi. Passa alla destra la Liguria, dove probabilmente cinque anni di alluvioni selvagge a Genova e dintorni sono più esemplificativi di qualunque altra sciocchezza detta o fatta dalla sinistra.
Nel complesso, sono circa due milioni i voti persi da Renzi & C. dopo un anno di quello che Rossi chiama buongoverno. Ed è proprio la Toscana, malgrado i trionfalismi scappati di bocca al suo governatore-bis ed ai suoi addetti stampa, ad offrire il caso più emblematico. Cinque anni fa, malgrado un avvio stentato, Rossi vinse su un candidato forte della destra come l’ex sindaco di Castiglione della Pescaia Monica Faenzi con una percentuale maturata soprattutto nella mattinata del secondo giorno di voto, quando fu trascinato ai seggi praticamente chiunque si reggesse appena in piedi. Alla fine risultò aver votato il 60% degli aventi diritto, e di questi oltre il 59% preferì l’ex sindaco di Pontedera ed ex assessore alla sanità regionale, contro il 34% della Faenzi.
Dopo cinque anni di buongoverno secondo il modello toscano, per dirla con il Presidente, la situazione vede la percentuale dei votanti scesa a poco più del 48%. Troppo più appetibili evidentemente il ponte del 2 giugno e la concomitanza con il Motomondiale al Mugello. Difficile dar torto peraltro ad una popolazione in età da voto evidentemente stremata da cinque anni al termine dei quali, dati alla mano, la sanità (c’è chi dice praticamente l’unico motivo per cui ormai esistono le Regioni) è ridotta – malgrado la propaganda della stessa amministrazione regionale – a servizi sempre meno comprensivi in termini di prestazioni e peraltro sempre più costosi; l’economia consiste nel registro delle grandi, medie e piccole imprese che ogni giorno chiudono o passano di mano (anche grazie al ritardo ingiustificato ed ingiustificabile dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione), e non certo ad una imprenditoria – chiamiamola così – italiana; la convivenza sociale viene messa a dura prova da certe scelte oggettivamente estreme dell’amministrazione regionale stessa, quali l’espressione di una disponibilità a dare ricetto a qualunque tipo di immigrazione, a prescindere dalla sua connotazione rientrante tra quelle espressamente previste dalla Costituzione, con costi per la collettività locale che la collettività stessa evidentemente non può sopportare, come dimostrano peraltro i continui tagli ai servizi pubblici operato dal governatore rieletto e dalla sua amministrazione. Per non parlare di certe recenti fotografie che forse sono apparse un bel messaggio politico sia a chi si è messo in posa per farsele fare sia a chi le ha scattate, ma che hanno – crediamo - soltanto ottenuto il risultato di esasperare a gratis una cittadinanza che ormai chiede soprattutto sicurezza, sia nel settore dell’ordine pubblico che negli altri.
Morale di questa favola, di quel 48% solo il 48% ha ritenuto opportuno ripetere la scelta del 2010, tracciando il segno sul nome del candidato Enrico Rossi. In pratica, un elettore su quattro, e solo grazie ad una legge elettorale opportunamente revisionata nel disinteresse generale dell’opinione pubblica ciò frutta al PD 24 consiglieri come nella precedente legislatura.
Claudio Borghi
In compenso, oltre ad un Movimento Cinque Stelle che ha confermato la sua presenza consistente nella regione più rossa d’Italia (15% con Giacomo Giannarelli), è esploso dal nulla (rispetto alle precedenti elezioni, ma non certo al disagio sociale dopo di esse ulteriormente maturato) il 20% della Lega Nord, presentatasi in Toscana a sostegno del candidato Claudio Borghi, milanese, docente alla Bocconi, quanto di più estraneo alla realtà toscana tradizionale poteva esserci. Eppure capace di intercettare alla guida locale di un movimento assolutamente finora non toscano una protesta sociale e politica clamorosa, e suscettibile di ulteriore incremento in un futuro in cui le cose non dovessero cambiare, ed il modello di governo restasse quello che ha ridotto lo zoccolo duro del PD ai minimi termini.
La prossima volta, continuando così le cose, le elezioni potrebbero capitare in epoca non adatta alla balneazione, e alla disperazione ed allo scoramento dell’elettorato toscano al posto di Rossi Enrico potrebbe risultare appetibile piuttosto che Rossi Valentino qualche altro soggetto che si è dimostrato capace di parlare al cuore ed alla testa della gente usando temi e linguaggio tratti dalla realtà, e non dalle favole o dalle veline di partito.
Chissà se a Palazzo Sagrati Strozzi, terminate le celebrazioni di prammatica, qualcuno sta analizzando anche questo dato. Chissà come sarà la Toscana nel 2020, dopo altri cinque anni di modello di governo toscano.

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