domenica 25 gennaio 2015

ITALIA ANNO ZERO: Benedetto XVI annuncia il suo ”gran rifiuto”. Che succederà alla Chiesa di Roma?

11 febbraio 2013

Alzi la mano chi non è corso col pensiero alle profezie di Nostradamus, stamattina quando Papa Benedetto XVI ha annunciato la sua intenzione di rinunciare al Soglio Pontificio. L’astrologo francese nelle sue Centurie aveva preconizzato che i tempi che stiamo vivendo sarebbero stati estremamente difficili, soprattutto perché la Chiesa cattolica romana, la più antica istituzione in assoluto tutt’ora operante sul suolo di questo pianeta, avrebbe attraversato un momento estremamente critico, culminato con l’elezione dell’ultimo erede di Pietro (Petrus Romanus) e poi con la sua stessa fine dopo oltre duemila anni. Prima di lui il profeta Malachia aveva predetto più o meno le stesse cose, il 112° Papa sarebbe stato l’ultimo. Benedetto XVI, che stamattina ha scelto di porre fine al suo pontificato, era il 111°.
Profezie a parte (anche se dopo l’attentato del 1981 di Ali Agca a Papa Woytila le profezie hanno ripreso vigore e riguadagnato attenzione), è certo che le dimissioni del Papa sono un fatto storico capace non solo di surclassare qualsiasi altra notizia di cronaca anche in un momento che ne offre moltissime e tutte di grande importanza e criticità, ma anche di creare uno sconvolgimento sociale come solo pochi eventi storici epocali sono in grado di fare. Nella storia della Chiesa, la rinuncia di un Papa ha solo cinque precedenti, tutti avvenuti in epoche in cui l’accuratezza della documentazione storica era quantomeno problematica. L’ultimo dei predecessori in questo senso di Papa Ratzinger fu il famigerato Celestino V, che ebbe un testimonial di eccezione nientemeno che in Dante Alighieri.
Pietro da Morrone fu colui che, secondo l’autore della Divina Commedia, fece per viltade il gran rifiuto. L’asceta molisano, poi beatificato dai suoi successori, rinunciò alla tiara papale perché il suo temperamento da monaco eremita mal si conciliava con l’ambiente della Curia romana e con l’immenso potere che essa esercitava. Dante lo mise tra i dannati dell’Inferno con la motivazione che secondo la dottrina cattolica non era ammesso rinunciare alla chiamata di Dio. In realtà, al poeta fiorentino le dimissioni di Celestino V erano particolarmente invise perché avevano aperto la strada all’ascesa al soglio di Benedetto Caetani, passato poi alla storia come l’ancor più famigerato Papa Bonifacio VIII, tra le cui malefatte ci fu appunto quella di aver causato, direttamente o indirettamente, la rovina e l’esilio di Dante Alighieri.
Dopo di allora, nessuno aveva più scelto volontariamente di porre fine al proprio servizio come Vicario di Cristo in terra. Tutti hanno ancora negli occhi l’epica lotta di Giovanni Paolo II con il male che ha reso un supplizio straziante i suoi ultimi anni di vita. Nel gesto con cui in uno dei suoi ultimi discorsi reagiva quasi con rabbia alla menomazione che gli rendeva difficili le parole di fronte ai fedeli c’era tutto il carattere dell’uomo messo a dura prova nella lotta allo spasimo per adempiere al suo ministero fino in fondo. Di quell’uomo, Ratzinger era stato molto più che un fedele collaboratore, era stato il teologo, il teorico di tutta la sua azione concreta. Uomo di chiesa per la maggior parte della sua vita, uomo intelligente che vedeva e vede la necessità di adeguare la sua Chiesa ai tempi moderni (a pena di perdere la battaglia per l’eternità), Joseph Ratzinger Papa Benedetto XVI sorprende il mondo con questa sua fragilità, con questo improvviso (ma forse neanche tanto) desiderio di “mollare tutto”.
Tornano alla mente più che le profezie medioevali quelle emerse un anno fa da fatti di cronaca mai completamente accertati e chiariti, il mordkomplot, il complotto di morte che fu in sostanza l’interpretazione data a quanto scritto negli appunti di un cardinale vicino al Sacro Soglio, Mons. Castrillon, che aveva detto senza mezzi termini che il Pontefice aveva non più di dodici mesi di vita. O la vicenda delle carte del Papa trafugate da uno dei prelati addetti alla sua persona, nelle quali non si mai saputo esattamente cosa fosse contenuto. Difficile penetrare la spessa cortina che da tempo immemorabile ammanta il centro di potere più antico e più influente del mondo, e tutto ciò che gli occorre e lo riguarda. Forse le vere motivazioni del gesto di Ratzinger saranno note al mondo tra una generazione, più o meno il tempo che c’è voluto per sapere cosa successe veramente a Papa Luciani, per fare un esempio.
Il fulmine caduto su San Pietro la sera delle dimissioni del Papa
Per chi crede, è tutto più facile, senza voler mancare di rispetto. Ci penserà la Divina Provvidenza a illuminare coscienze e a indirizzare eventi. Per gli altri, per chi nutre dubbi e cerca risposte già in questa vita, ci penserà la Storia con i suoi tempi. Sia che la Chiesa di Roma continui a farne parte come da duemila anni a questa parte, sia che si avveri qualcosa che un veggente ed un astrologo di diversi secoli fa hanno immaginato di intravedere nelle nebbie del tempo. Nel frattempo, una netta divisione sta già emergendo anche tra chi ritiene che ad un Papa non è permessa la “rinuncia” proprio in ossequio all’ortodossia codificata fin da molto prima dei tempi di Dante, e chi invece ritiene che la dottrina debba non solo adeguarsi alla modernità ma anche recuperare un po’ dello spirito originario, quando il vescovo di Roma altro non era che uno dei rappresentanti di Dio in una delle sue tante Ecclesiae, e nel suo status nulla ostava anche alla rinuncia alla carica, per motivi personali. Tra chi insomma vede nel gesto del Papa un segno di debolezza e chi invece ci legge un segno di coraggio al passo con i tempi.

Per la cronaca, Joseph Ratzinger cesserà di essere il Vicario di Cristo sulla terra alle ore 20:00 del 28 febbraio prossimo. Da quel momento sarà eleggibile il suo successore ad opera di un nuovo Conclave appositamente convocato. Il 112° successore dell’apostolo Pietro. E’ arrivato il tempo di Petrus Romanus, l’Ultimo Papa?

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