domenica 25 gennaio 2015

ITALIA ANNO ZERO: Francesco che parla con i lupi

18 marzo 2013

Non aveva fatto ancora in tempo ad esaurirsi la fumata bianca uscita dal comignolo sulla Basilica di San Pietro, né si era spenta l’eco delle prime parole con cui Jorge Mario Bergoglio ha dato la sua buonasera al mondo come Papa Francesco, che già la macchina del fango si era messa in moto dando all’uomo venuto dal paese più lontano di sempre l’esatta dimensione del compito che lo attende.
Sono molti i nemici che aspettano al varco il successore di Pietro il Pescatore, e per la prima volta dichiaratamente anche di Francesco d’Assisi. Alcuni, lo sappiamo grazie al gran rifiuto del suo predecessore Benedetto XVI, risiedono dentro la Curia, o per meglio dire in senso più allargato dentro la stessa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, e sono e saranno (c’è da crederlo) i più potenti e pericolosi. Gli altri sono disseminati ormai un po’ in tutta la società civile nell’orbe terracqueo. Alla crisi di religiosità diffusa che fa perdere ogni giorno fedeli al Vicario di Cristo in terra, si aggiunge un’immagine della Chiesa che non è mai stata così povera. E non nel senso auspicato a suo tempo dal Poverello di Assisi, ma nel senso purtroppo di una moralità che non potrebbe essere più distante dalle intenzioni dei fondatori di questa religione, per non parlare di quelle di colui che la testimoniò per primo. Una immagine che a vecchi e nuovi nemici e avversari di questa Chiesa non pare il vero di poter sfruttare per discreditarla ulteriormente.
Neanche 24 ore dopo l’apparizione di Francesco I al balcone di Piazza San Pietro hanno preso a girare per il web e su alcune testate le foto di un più giovane vescovo Bergoglio a fianco del famigerato dittatore argentino Jorge Rafael Videla, il generale che rovesciò nel 1976 il governo democraticamente eletto di Isabelita Peron e instaurò nel suo paese uno dei regimi più infami e sanguinari della storia, forse secondo soltanto a quello cileno di Pinochet nello stesso periodo e nella stessa parte di mondo.
Bergoglio e Videla
I militari argentini, Videla, Massera, Galtieri & C., con la scusa di combattere i Montoneros (formazioni paramilitari ispirate ai gruppi eversivi in voga all’epoca, quali ad esempio le nostre Brigate Rosse), affogarono la loro patria in un bagno di sangue durato 8 anni, finché l’onda lunga della sconfitta nella guerra con la Gran Bretagna per il possesso delle Isole Falkland ed il mutato clima internazionale non portarono al suo dissolversi. Anche se poi i restaurati governi democratici argentini non sono riusciti più di tanto ad accertare la verità su Plaza de Mayo e gli altri orrori degli anni di Videla, che tra l’altro se l’è cavata con una condanna all’ergastolo che sta scontando indisturbato, è il caso di dire, nella sua Buenos Aires. Per avere un’idea di cosa combinarono Videla e gli altri galantuomini durante la loro dittatura, basta leggere il libro di Horacio Verbitsky, l’Isola del Silenzio.
Insieme alle foto sono circolate sempre sul web affermazioni circa una attività di collaborazionismo con la Giunta Militare degli alti ranghi della Chiesa argentina dell’epoca, tra cui appunto l’allora Comandante locale della Compagnia di Gesù Padre Jorge Mario Bergoglio. Sono bastate altre 24 ore per avere le smentite del caso, a Bergoglio non è stato possibile imputare con prove provate alcun atto di fiancheggiamento ai militari golpisti. Quanto alle foto, il problema è quello di sempre da quando fu scoperta l’acqua calda, non è possibile rivestire un incarico pubblico qualsiasi in un paese soggetto ad una dittatura e non essere costretti a presenziare a eventi pubblici con tanto di reportage fotografico a fianco di qualche impresentabile.
Passarella, Videla e la Coppa del Mondo
Qualcuno se la sente di gettare la croce addosso (la metafora è d’obbligo, visto l’argomento) a Daniel Alberto Passarella perché appare in quella famosa foto in cui mostra orgoglioso la Coppa del Mondo appena vinta dalla sua Nazionale ad un sorridente Videla? Qualcuno per la verità ci provò, gli stessi che non avrebbero voluto che due anni prima la nostra squadra di Coppa Davis andasse a giocare (e vincere) il trofeo nel Cile di Pinochet. Dimenticando che i nostri primi due titoli mondiali nel calcio furono vinti alla presenza del Duce, e non per questo li sentiamo meno nostri, e non onoriamo la memoria di quella formidabile squadra che riuscì nell’impresa.
Per tornare all’argomento, se responsabilità ci furono da parte di Bergoglio, sono e non possono essere altro che quelle generiche (universali, vorremmo dire) derivanti dal semplice fatto di far parte di una organizzazione che da sempre con i dittatori (e altre bestie feroci, o comunque poco raccomandabili) ci dialoga. La Chiesa Cattolica, da quando diventò una struttura organizzata a fini di governo come la conosciamo oggi per volere dell’Imperatore romano Costantino (il primo ad intravederne le potenzialità in questo senso), a quando poco dopo con il venir meno dello stesso Impero Romano si ritrovò ad essere l’unica struttura organizzata di governo rimasta in un mondo sconvolto dalle Invasioni Barbariche, si è sempre posta come un soggetto politico e spirituale che non ha avuto remore (nel bene e nel male, va detto) a parlare con i Barbari, fino in qualche modo a riuscire a convertirli al proprio ordine spirituale e temporale.
Attila e Leone I
Ad affrontare Attila non andò un Imperatore romano ma il Vescovo di Roma Leone I, e secondo la leggenda il suo intervento fu più efficace di quello di mille Legioni, perché provocò la ritirata e la fine del condottiero unno. Stessa sorte seguirono condottieri e tribù tra le più feroci mai scatenatesi sul suolo europeo, dagli Eruli di Odoacre che abbatterono le Aquile imperiali ai Vichinghi che devastarono la Normandia e mezza Europa. Pur senza eserciti (ma anche con, da dopo la Donazione di Costantino e l’instaurazione di un dominio temporale della Chiesa), alla Chiesa è sempre riuscito di sottomettere il barbaro antagonista. E c’è da pensare che ciò sia sempre successo a prezzo di compromessi innominabili e inconfessabili.
Questo approccio è rimasto nei secoli dei secoli. Da Pio VII che al generale Miollys mandato da Napoleone Bonaparte ad intimargli la rinuncia al potere temporale rispose: Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo, a Pio IX che maledì il neonato Stato Italiano reo di avergli sottratto il dominio su Roma con la Breccia di Porta Pia, sono poche le eccezioni alla regola. La Chiesa tratta, e con le trattative sopravvive. Benedetto XV definì pubblicamente la Prima Guerra Mondiale una inutile strage, ma non scomunicò nessuno dei suoi autori, e del resto si era appena affacciato un nemico ben più temibile sotto le sembianze del Comunismo Bolscevico, ed altre diventarono allora le priorità vaticane.
Pio XII Pacelli fu accusato di simpatie filonaziste fin da quando era Legato Pontificio in Germania. Hitler non fu mai scomunicato, ma è un dato di fatto che nelle strutture di proprietà della Chiesa trovarono salvezza durante la Seconda Guerra mondiale circa 600.000 persone, molte delle quali erano ebrei. Il suo Segretario di Stato, Giovanni Montini futuro Papa a sua volta con il nome di Paolo VI, oltre a provvedere personalmente alla salvezza di molti di quei perseguitati si adoperò fattivamente – a giudizio di tutti gli storici – per la salvezza del suo paese natale nel difficile periodo dell’occupazione nazista e dell’avanzata delle truppe angloamericane.
Negli anni settanta la percezione del Barbaro era diversa, il mondo era stretto tra quella che veniva vissuta come una nuova avanzata del Comunismo Sovietico (che veniva anche presa come scusa per delegittimare sacrosante istanze di progresso da parte di vaste zone del cosiddetto terzo Mondo, tra cui appunto il Sudamerica) e il dilagare di una sempre più aggiornata ai tempi moderni criminalità organizzata. La Chiesa si trovò nel mezzo tra dittatori di destra e di sinistra da un lato, e mafiosi e speculatori di denaro più o meno sporco interessati al suo istituto di opere di religione come lavatrice di quel denaro.
Giovanni Paolo I intravide il problema principale e più pressante nello IOR e nelle sue malversazioni. Com’è andata, nel giro di un mese, lo sappiamo tutti. Il suo successore Giovanni paolo II, che veniva da un paese lontano e comunista, preferì rivolgere le sue energie alla lotta al Comunismo a cominciare dal sostegno a Solidarnosc nella sua Polonia.
E lasciò indietro il resto, nessuno nelle alte sfere della Chiesa alzò la voce per difendere i Monsignor Romero e la loro Teologia della Liberazione e tantomeno per protestare contro i loro omicidi. Padre Popieluszko è un martire della libertà polacca e un eroe della Chiesa Cattolica. Monsignor Romero nessuno sa chi sia e non accade mai di sentirlo rammentare nelle parole di nessun esponente cattolico romano. I dittatori sono venuti e se ne sono andati con i tempi della storia, poiché con la fine della Guerra Fredda non erano più necessari. Ma finché ci sono stati, la Chiesa ha inteso sopravvivere e salvare il salvabile (nel bene e nel male) parlando con loro come aveva parlato con Attila millecinquecento anni fa.
Se Jorge Mario Bergoglio, salito al soglio di Pietro con il nome di Francesco, ha una colpa, allo stato attuale è quella di far parte di una organizzazione, di una Ecclesia, che forse non è proprio quella prefigurata dalla predicazione riportata nelle Sacre Scritture. E che ha sempre preferito la ragione della sopravvivenza a quella dei poveri a cui doveva dare conforto.
Ed è proprio qui che entra in gioco il nuovo Vicario di Cristo, da ora in poi, adesso sì. Avere scelto come nome quello del Santo più amato e venerato della Chiesa Cattolica, l’unico che nell’immaginario popolare può stare al pari di Gesù Cristo avendo predicato le stesse cose con le stesse parole ed azioni, carica sulle spalle del nuovo Papa una responsabilità enorme. Adesso sì che dovrà stare attento alle mani che stringe e alle foto in cui apparirà. I giornalisti hanno fatto male il loro lavoro, accusandolo a vuoto di collaborazionismo. Lui non potrà permettersi di fare male il suo, perché la Chiesa di Roma è all’ultima spiaggia, come sa bene lui stesso. Non importa scomodare Nostradamus per sapere cosa succederebbe se anche questa ultima speranza fosse tolta a chi si sente ancora cristiano, e ripone ancora fiducia e cerca conforto nelle parole e nelle opere del Vescovo di Roma, a torto o a ragione Vicario di Cristo in questa terra.

La Terza Profezia di Fatima, qualunque cosa contenga, è anche l'ultima.

Nessun commento:

Posta un commento