Chi lo ha visto in
maglia viola allo stadio, sa che ormai la questione è arrivata ad un punto di
non ritorno. Nella Tribuna Autorità, di solito, le cosiddette Autorità sono
solite portare i figli più o meno piccoli con indosso la maglia della squadra,
e questo è normale, percepito come tale, ed anche simpatico, come tutto ciò che
è legato all’infanzia.
Lui è andato oltre, come sempre.
Quando si è presentato, la maglietta la indossava lui, con tanto di numero e nome
approntati dalla solerte società viola, e siccome a volte la fortuna aiuta i
molto audaci, poiché la Fiorentina ha vinto, ha finito per scrivere un’altra
pagina spettacolare della sua storia personale e del suo ancora più personale
modo di fare il Sindaco di Firenze.
Matteo Renzi non è fatto per
unire. O lo ami, o lo detesti. Dal giorno in cui si è affacciato sulla scena
della vita politica prima cittadina e poi nazionale, l’ha trasformata in uno
show di cui è il protagonista assoluto, riducendo a comprimario chiunque lo
affianchi o lo affronti. Capace di rubare la scena a Roberto Benigni, a Cesare
Prandelli, a Vittorio Sgarbi, perfino a Silvio Berlusconi (che di scene se ne
intende), Renzi buca lo schermo come pochi altri.
Della politica c’è da chiedersi
cosa abbia capito, della comunicazione ha sicuramente capito tutto, e sembra
più che mai intenzionato – e capace – di ripetere la parabola del suo predecessore,
il Grande Comunicatore di Arcore. Ma l’uomo di Arcore, al confronto, pare
demodé, superato. Non si è mai visto con la maglietta del Milan addosso.
Barzellette sì, ne racconta, ma
non più sfacciate di quelle di Benigni. Non ha mai premiato nessuno, finendo tra
l’altro per tenersi lui il vero premio. Non ha mai scritto libri. Perlomeno non
libri che riscrivono la storia della letteratura e della politica italiana
(altri l’hanno fatto per lui, se mai). Renzi fa tutto questo e anche di più.
La sua ultima fatica letteraria
tra l’altro è un testo chiave, per capire non solo l’autore, ma anche il
destino dell’Italia che egli s’appresta a girare in campagna elettorale a bordo
dei due camper appena affittati. Si, perché il nostro – primarie del PD o no
–ha deciso, scende in campo, e se la sorte gli arriderà (in Italia la sorte è
poco esigente, arride facilmente), governerà quell’Italia con la stessa verve
dimostrata nell’amministrazione del capoluogo toscano.
Magari sfilandosi la maglia viola
per indossare quella azzurra. Stil novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante
e Twitter. Già il titolo dovrebbe far pensare (c’è tempo fino all’ultimo
momento, nella cabina elettorale): il Sindaco che studia da Presidente del
Consiglio, e che per conseguire questo salto di qualità ha deciso di virare
verso un look e un atteggiamento giovanilista estremo, condivide con la
generazione che più lo intriga rappresentare un quantomeno singolare approccio
culturale verso il passato, frutto anche di decenni di pubblica istruzione tra
il devastante e il compiacente.
Nel libro, se poi si ha il
coraggio di sacrificare preziosi momenti di vita e di sfogliarlo, si trova
tutto lo Zibaldone (programma pare una parola grossa) del Sindaco che twitta. I
grandi personaggi del Medioevo fiorentino erano modelli di virtù, senza bisogno
di partiti o sindacati che non rappresentano nessuno o servono a nulla, con un
Welfare State perfettamente funzionante grazie alle Dame di Carità, con nobili
signori che sapevano quando era il momento di rottamarsi a favore dei giovani
(nessuna menzione ovviamente di tecnologie alternative quali la congiura,
l’avvelenamento, l’accoltellamento, ma son dettagli), con altrettanto nobili re
che facevano fallire le banche non pagando i debiti al contrario di quanto
succede oggi (che nessuno paga i debiti, ma falliscono gli Stati), et similia.
Colpisce il fatto che nessuno
degli esempi portati dal Renzi sia successivo all’ancien régime, ma d’altra
parte si parla di bellezza e di stil novo ed è noto a tutti coloro che
condividono l’impostazione culturale del Sindaco, o semplicemente come lui
hanno fatto il Boy Scout, che l’umanità dopo la rivoluzione francese ha
prodotto veramente poco in ogni campo.
Dal Big Bang con cui presentò
alla Leopolda la sua tempesta di idee alle pacche sulle spalle con un Della
Valle altrettanto aperto alle nuove tendenze, passando per la poetica di un
Dante che chissà cosa starà facendo nella tomba e una pagina di Facebook dove
si parla di tutto con pari disinvoltura ed altrettanto costrutto (e dove gli si
può chiedere di tutto, subito qualche solerte sostenitore risponderà al posto
suo), Matteo Renzi si è candidato a diventare il Baden Powell d’Italia.
I Boy Scout, fedeli al loro
motto, sono sempre pronti, e anche molti ex PCI-PDS-DS in crisi di identità. Personaggi
in cerca d’autore a cui nessuno ha saputo spiegare perché devono sostenere
Monti e le sue lacrime ed il suo sangue (e senza nemmeno le Dame di Carità del
Renzi), ma che non possono fare a meno – per propria abitudine mentale - di
seguire insegnamenti ed orme di un nuovo Grande Timoniere e della sua dottrina.
E’ stata una lunga strada quella
di Renzi. Mentre allagava il pubblico italiano di trasmissioni televisive a 360°,
il pubblico fiorentino ha visto la propria città allagata diverse volte a causa
della pioggia e di tombini poco collaborativi, e una volta addirittura trasformata
dalla neve nella New York di The Day After Tomorrow. Ma il nostro ha idee e
soluzioni brillanti, l’ha dimostrato, e così ha celermente provveduto: gli
ultimi allagamenti non sono colpa sua, ma delle municipalizzate alle quali ha
trasferito la responsabilità. Chi va sott’acqua, e poi gli punge vaghezza di
twittare o condividere su facebook delle rimostranze (e qualche improperio)
sulla pagina del Sindaco, che almeno si documenti prima, e che diamine!
E ogniqualvolta le previsioni
meteo hanno indicato neve, le truppe del Comune con tanto di spargisale sono sfilate
in parata in Piazza della Stazione (rispettando anche la ZTL), come una volta
succedeva a Mosca il 7 novembre. La neve, va detto, intimorita, non ha avuto
più il coraggio di farsi viva. Perché Renzi è uno che studia, impara e
rielabora.
Se la magistratura indaga sulle
sue assunzioni facili al tempo della Provincia, o sulla gestione allegra dei finanziamenti
della Margherita da parte di Lusi e di chi ne ha beneficiato, allora è il momento
di inserire nel programma la riforma della Giustizia, addirittura come
priorità. La sua canzone preferita attualmente è We take care of our own,
di Bruce Springsteen. Tradotta in fiorentino, mi preoccupo del mio.
Non si sa qual è stata la
reazione del Boss alla notizia. La sua ultima parola d’ordine è esportare il
modello fiorentino a livello nazionale. Non è dato sapere quanti fiorentini
apprezzano e ringraziano, ma è facile pensare che molti, ritenendo di avere già
dato, sperano. Non sarebbe la prima volta che Firenze si libera dei suoi
problemi spedendoli a Roma. Padre Dante & C. insegnano.
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