Alla fine vince sempre e
comunque lei, Trieste. Non c’è niente da fare, la Coppa America può essere
andata anche a Valencia, grazie ai bigliettoni spagnoli messi sotto il naso di
Bertarelli, ma avrebbe dovuto essere disputata qui. Come ha detto Vincenzo Onorato,
oggi skipper dell’equipaggio più bello ed emozionante di tutta la regata che
qui chiamano Barcolana, Trieste è la vela. Punto e basta.
E lo ha dimostrato nel giorno
più difficile. E’ stata la Barcolana più lenta degli ultimi 10 anni, una delle
più lente di sempre. 5 nodi di vento, di media, forse anche meno, poco più di 2
nel lato conclusivo. Un’agonia, come essere in macchina e non mettere mai
nemmeno la terza. Ma, dicono gli addetti ai lavori, è stata anche una delle più
tecniche, perché è quando c’è poco vento che si vede il marinaio. E nelle
lunghe pause della regata, almeno, il Golfo di Trieste ha potuto farsi ammirare
in tutto il suo splendore.
Dal Castello di Miramare al
Faro della Vittoria lungo la Riva di Barcola davanti alla quale si stende la
linea di partenza della regata inventata 44 anni fa, nel 1969, dalla Società
Velica di Barcola e Grignano con il nome di Coppa d’Autunno (perché
chiudeva idealmente un’estate di regate nel golfo), la città che per ultima si
unì al Regno d’Italia e per ultima ritornò alla Repubblica Italiana dopo due
guerre mondiali oggi si è fatta ammirare in tutta la sua classe e la sua nobiltà
che non decade. Dopo una settimana di happenings di tutti i tipi, stamattina ha
schierato al via 1737 barche di tutte le classi veliche e di varie nazionalità.
Meno delle oltre 2000 degli anni scorsi, ma comunque un bello schiaffo alla
crisi. Qui c’è voglia di vivere, e la luce non l’ha spenta né il decreto Monti
né il clima beffardo, che proprio oggi – nella città celebre per il vento – ha
fatto mancare completamente proprio il vento.
Alla partenza, annunciata come
sempre dal colpo di cannone, scattano in due, il veterano e già vincitore nel 2009
Mitja Kosminja con il suo Maxi Jena, barca di classe supermaxi, e l’enfant
prodige di casa, Vasco Vascotto con il suo TP52 Aniene, barca di categoria
1a classe. Perché qui a Trieste alla Barcolana non c’è un regolamento rigido,
possono partecipare tutti, con le loro barche di tutte le categorie. E’ la
festa del mare, e basta. Poi vince il migliore. O chi si può permettere la
barca più tecnologica. Cioè, negli ultimi 10 anni, Igor Simcic, miliardario
sloveno divenuto tale con il petrolio e con l’hobby della vela, che gli ha dato
otto Barcolane in un decennio (compresa quella di oggi) e negli ultimi due anni
tutto quello che c’era da vincere nel Mediterraneo, e non solo.
La sua barca, Esimit Europa 2,
è un gioiello di tecnologia. Progettata dai costruttori californiani per la
rotta California- Hawaii, attraverso i venti ed i marosi del Pacifico, pur
essendo attualmente di categoria non ammessa alla Coppa America è tuttavia una
delle barche più versatili del mondo, capace di reagire a qualunque condizione
di mare e di vento. E di vincere, come fa qui dal 2004. Oggi, partita senza
troppa adrenalina nel groviglio delle mille navi e più, uno spettacolo unico
dai tempi dell’Iliade, ha lasciato sfogare per metà del primo lato Vascotto e
Kosminja per poi prendere la testa ed andarsene, lasciando ai contendenti la
lotta per un prestigioso secondo posto.
Vascotto è riuscito a stare
davanti al super Maxi Jena fino all’inizio del terzo lato, cioè finché il vento
si è mentenuto sui 5 nodi. Poi, crollato a poco più di due, tanto da mettere in
difficoltà perfino Esimit, che ha provato tutto il corredo di vele a disposizione
per risalire il bordo fino alla terza boa e dopo all’arrivo, il fuoriclasse
triestino ha dovuto cedere il passo ai due scafi di stazza superiore, Jena e l’outsider
ungherese Wild Joe, concludendo comunque con un brillantissimo quarto posto.
L’arrivo è stata una agonia.
La vincitrice Esimit ha impiegato 4 ore a compiere l’intero percorso di 17 miglia . La seconda è
arrivata un’ora e mezzo dopo. Alle 17,00, tempo ultimo da regolamento di regata
per completare il percorso, erano arrivate solo venti imbarcazioni. Da qui
alcune polemiche, che hanno investito la Giuria, colpevole di non aver
accorciato la gara come successo in circostanze analoghe negli anni passati.
Molte barche di stazza
piccola, impossibilitate a muovere pochi passi oltre la linea di partenza, all’ora
di pranzo avevano già disertato il campo di regata nell’impossibilità di
fornire una prestazione che avesse un minimo di senso.
Ma le polemiche, qui a
Trieste, fanno presto a passare in secondo piano. E’ stata anche oggi la festa
del mare, anche in assenza di vento. E al di là del risultato tecnico, anche
oggi sono stati consegnati alla storia barche ed equipaggi che hanno onorato la
manifestazione. E anche qualcosa di più.
Uno su tutti, Vincenzo
Onorato, armatore della Moby Lines, patron di quel Mascalzone Latino che ci ha
resi orgogliosi in Coppa America. Oggi possiamo esserne orgogliosi ancora di più.
Ha armato una barca, La Poste, già prestigiosa competitor della Whitbread,
la celebre regata intorno al mondo, con un equipaggio tra i quali una decina di
ragazzi affetti da Sindrome di Down.
Questi ragazzi, stravolti
dalla fatica, sono stati fermati a 200 metri dalla linea d’arrivo al Castello di
Miramare. Eppure, saranno d’accordo anche Simcic, ed il suo pluridecorato
skipper Jochen Schumann, non c’è nessun dubbio che oggi abbiano vinto loro.
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