mercoledì 19 novembre 2014

A Marassi vince l'Italia ma trionfa l'Albania



Alla fine, la partita del cuore per Genova la giocano e la vincono gli albanesi d’Italia. Al Luigi Ferraris di Marassi va in scena l’amichevole di beneficienza in favore degli alluvionati del capoluogo ligure tra le Nazionali azzurra e rossa. La Superba è in ginocchio, a causa della terza alluvione letale in tre anni, e non risponde come forse avrebbe fatto in altre circostanze.
Rispondono invece come meglio non potevano gli immigrati che sventolano la bandiera rossa con l’aquila di Skanderbeg. Su 27.000 spettatori calcolati, stasera 20.000 circa provengono da oltre Adriatico, almeno per nascita. Lo stadio dove solitamente giocano Genoa e Sampdoria stasera sembra quello del KF Tirana. L’Albania dà lezione a tanta gente nella notte genovese, a cominciare da quell’UEFA che l’aveva punita oltre i suoi demeriti un mese fa in occasione degli scontri in Serbia (una decisione di quelle salomoniche che Platini & C. usano prendere, scontentando tutti a cominciare dalla giustizia) per finire a quella parte della società italiana, dalle forze politiche agli addetti ai lavori della stampa, che avevano paventato in vario modo il ripetersi degli incidenti di sabato scorso a San Siro.
No, signori, l’Albania non è la Croazia, a giudicare da quello che si vede é molto migliore. Ed è migliore anche di certa Italia, sì, perché a cantare l’Inno di Mameli stasera sono soprattutto loro, gli albanesi che hanno scelto l’Italia come loro residenza. Quelli di cui parliamo male spesso e volentieri e che invece offrono una lezione di civiltà e di tifo correttissimo per i loro colori da far arrossire di vergogna non solo il paese che li ospita ma un po’ tutto il continente.
Antonio Conte e Gianni De Biasi vogliono non essere da meno ed onorare questo spettacolo di beneficienza come meglio possono mettendo in campo la migliore e più motivata formazione possibile. Il tecnico azzurro opta per una specie di Italia 2, per non appesantire di tossine gli eroi che stanno cercando di ritirare fuori il calcio italiano dall’abisso dopo il disastro brasiliano. E’ stata una vigilia agitata quella dell’allenatore pugliese, dopo il risultato insoddisfacente di sabato propiziato dal tramonto certificato del portierone che fu Gigi Buffon, dopo la questione Balotelli finalmente liquidata con quel “non ho tempo” da standing ovation, nella conferenza stampa della mattina ancora nervosismo, con lo sfogo contro “chi non ama faticare e collabora poco”.
Stefano Okaka Chuka
L’Italia lo ripaga con una vittoria che fa morale e ranking FIFA, ma che risulta quasi ingiusta visto l’impegno profuso dagli avversari ed il clima di festa che i loro tifosi hanno saputo stabilire qui, in questo stesso stadio in cui quattro anni fa la Serbia offrì al mondo lo spettacolo indecente del suo Genny ‘a carogna nostrano. L’allenatore albanese schiera un 4-5-1 molto compatto, gli uomini in maglia rossa difendono bene e hanno le loro occasioni, che Sirigu – l’erede in pectore di Buffon – riesce a sventare. Alla fine è Okaka, il terzino sampdoriano, a sfruttare l’occasione giusta e a dare la vittoria ai suoi. Una bella risposta a chi aveva cercato di cavalcare la tigre della xenofobia chiedendo il rinvio della partita dopo i fatti di San Siro. Vincono gli azzurri, ma con una rete del colored figlio di immigrati nigeriani, che peraltro di nome fa Stefano.
E’ il calcio del Terzo Millennio, e a giudicare da quanto si è visto in campo e sugli spalti è anche decisamente un bel calcio. Italia e Albania vincono a braccetto la partita dell’immagine, in modo diverso ma egualmente efficace. Se a San Siro gli stinger croati erano stati uno spot per tenere lontane le famiglie dal calcio, Marassi le riporta allo stadio. Se ci vorrà tempo perché il martoriato capoluogo ligure rialzi la testa, chi è sceso in campo o ha affollato le tribune lo ha già fatto.
C’è anche l’invasione di campo tra il festoso e l'orgoglioso di un tifoso albanese, ma è quasi un piacere a vedersi. Stringendo la sua bandiera in pugno, pare dire: “Ci hanno preso tre punti con la Serbia, ma questa non ce l’hanno strappata”. I calciatori della sua nazionale lo abbracciano per accompagnarlo fuori, e francamente nessuno se la sente di stigmatizzare quello che non è neanche un incidente. Solo magari, tra gli italiani, di invidiare tanto attaccamento alla propria terra ed al proprio popolo. merce per noi ormai quasi sconosciuta.
La guerriglia di Milano è lontana. L’Albania forse da ieri sera è più vicina.

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