Alla fine, la partita del cuore
per Genova la giocano e la vincono gli albanesi d’Italia. Al Luigi Ferraris di
Marassi va in scena l’amichevole di beneficienza in favore degli alluvionati
del capoluogo ligure tra le Nazionali azzurra e rossa. La Superba è in
ginocchio, a causa della terza alluvione letale in tre anni, e non risponde
come forse avrebbe fatto in altre circostanze.
Rispondono invece come meglio non
potevano gli immigrati che sventolano la bandiera rossa con l’aquila di Skanderbeg.
Su 27.000 spettatori calcolati, stasera 20.000 circa provengono da oltre
Adriatico, almeno per nascita. Lo stadio dove solitamente giocano Genoa e Sampdoria stasera sembra
quello del KF Tirana. L’Albania dà lezione a tanta gente nella notte genovese,
a cominciare da quell’UEFA che l’aveva punita oltre i suoi demeriti un mese fa
in occasione degli scontri in Serbia (una decisione di quelle salomoniche che
Platini & C. usano prendere, scontentando tutti a cominciare dalla
giustizia) per finire a quella parte della società italiana, dalle forze
politiche agli addetti ai lavori della stampa, che avevano paventato in vario
modo il ripetersi degli incidenti di sabato scorso a San Siro.
No, signori, l’Albania non è la
Croazia, a giudicare da quello che si vede é molto migliore. Ed è migliore anche di certa Italia, sì, perché a
cantare l’Inno di Mameli stasera sono soprattutto loro, gli albanesi che hanno
scelto l’Italia come loro residenza. Quelli di cui parliamo male spesso e
volentieri e che invece offrono una lezione di civiltà e di tifo correttissimo
per i loro colori da far arrossire di vergogna non solo il paese che li ospita
ma un po’ tutto il continente.
Antonio Conte e Gianni De Biasi
vogliono non essere da meno ed onorare questo spettacolo di beneficienza come
meglio possono mettendo in campo la migliore e più motivata formazione
possibile. Il tecnico azzurro opta per una specie di Italia 2, per non
appesantire di tossine gli eroi che stanno cercando di ritirare fuori il calcio
italiano dall’abisso dopo il disastro brasiliano. E’ stata una vigilia agitata
quella dell’allenatore pugliese, dopo il risultato insoddisfacente di sabato
propiziato dal tramonto certificato del portierone che fu Gigi Buffon, dopo la
questione Balotelli finalmente liquidata con quel “non ho tempo” da standing
ovation, nella conferenza stampa della mattina ancora nervosismo, con lo sfogo
contro “chi non ama faticare e collabora poco”.
Stefano Okaka Chuka |
L’Italia lo ripaga con una
vittoria che fa morale e ranking FIFA, ma che risulta quasi ingiusta visto l’impegno
profuso dagli avversari ed il clima di festa che i loro tifosi hanno saputo
stabilire qui, in questo stesso stadio in cui quattro anni fa la Serbia offrì al mondo lo
spettacolo indecente del suo Genny ‘a carogna nostrano. L’allenatore albanese schiera
un 4-5-1 molto compatto, gli uomini in maglia rossa difendono bene e hanno le
loro occasioni, che Sirigu – l’erede in pectore di Buffon – riesce a sventare. Alla fine è
Okaka, il terzino sampdoriano, a sfruttare l’occasione giusta e a dare la
vittoria ai suoi. Una bella risposta a chi aveva cercato di cavalcare la tigre
della xenofobia chiedendo il rinvio della partita dopo i fatti di San Siro. Vincono
gli azzurri, ma con una rete del colored figlio di immigrati nigeriani, che peraltro di nome fa
Stefano.
E’ il calcio del Terzo Millennio,
e a giudicare da quanto si è visto in campo e sugli spalti è anche decisamente
un bel calcio. Italia e Albania vincono a braccetto la partita dell’immagine,
in modo diverso ma egualmente efficace. Se a San Siro gli stinger croati erano
stati uno spot per tenere lontane le famiglie dal calcio, Marassi le riporta
allo stadio. Se ci vorrà tempo perché il martoriato capoluogo ligure rialzi la
testa, chi è sceso in campo o ha affollato le tribune lo ha già fatto.
C’è anche l’invasione di campo tra il festoso e l'orgoglioso di un tifoso albanese, ma è quasi un piacere a vedersi. Stringendo la
sua bandiera in pugno, pare dire: “Ci hanno preso tre punti con la Serbia, ma
questa non ce l’hanno strappata”. I calciatori della sua nazionale lo
abbracciano per accompagnarlo fuori, e francamente nessuno se la sente di
stigmatizzare quello che non è neanche un incidente. Solo magari, tra gli italiani, di invidiare tanto attaccamento alla propria terra ed al proprio popolo. merce per noi ormai quasi sconosciuta.
La guerriglia di Milano è
lontana. L’Albania forse da ieri sera è più vicina.
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