Da tempo ormai immemorabile, lo
stadio Bentegodi di Verona è un vero e proprio centro benessere per la
Fiorentina, che qui ha vissuto alcuni dei suoi momenti migliori fuori delle
mura del Franchi. A parte lo storico e antico gemellaggio tra le due tifoserie,
questo stadio è legato a ricordi indelebili per quella viola. Qui esordì nel
lontano 1972 il “ragazzino che già giocava guardando le stelle”, Giancarlo
Antognoni, e fu vittoria, come succede ai predestinati.
Qui la Fiorentina dei Della Valle
conquistò la prima e forse la più spettacolare delle sue “quattro Champion’s
League” festeggiandola con la parrucca viola di Luca Toni & C. al termine
di uno splendido campionato, anche se pochi minuti dopo gli avvisi di garanzia
di Calciopoli avrebbero spazzato via tutto quanto. Qui l’anno scorso la
migliore Fiorentina di Vincenzo Montella ottenne la sua vittoria esterna più
roboante, un 5-3 ottenuto in rimonta contro un Luca Toni troppo presto lasciato
andare via ed accasatosi felicemente proprio tra gli scaligeri.
A Verona tanti momenti più o meno
felici, questa è una trasferta che da Firenze si fa sempre volentieri. Per la
partita salva-Montella, non esistevano forse luogo e avversario più auspicabili.
In classifica i veneti avevano un punto in più dei viola, ma oltre all’ambiente
del tifo anche la loro difesa era attesa come “amichevole” per i nostri eroi
gigliati, che in questo anno di grazia 2014 hanno avuto finora più difficoltà a
mettere il pallone nella porta avversaria che a farsi male in modo più o meno
grave.
L’Hellas Verona ha mantenuto le attese in pieno, lasciando portar via
alla Fiorentina tre punti fondamentali che la rilanciano in classifica a cinque
lunghezze soltanto dalla “zona Europa League”. Se vogliamo proprio sognare, la “zona
Champion’s” è poco più su, anche se per quella il gioco visto oggi non è
sufficiente, come non lo è stato del resto contro le principali competitors Napoli e Lazio.
La sosta per la nazionale è
servita soprattutto a far sbollire i veleni accumulati in seguito alla
mortificante sconfitta casalinga contro i partenopei di Higuain. E a mostrare
quali sono le nuvole che si addensano all’orizzonte di questa società e di
questa squadra viola che sembrano destinate a non trovare mai pace,
specialmente quando questa pace appare ormai ad un passo. Con Prade’ e Macia
dati ormai per sicuri partenti, tocca a Vincenzo Montella dimostrare di non
voler essere il terzo mettendo finalmente in campo una formazione che sfrutti
le armi migliori del momento (non moltissime, per la verità) anziché ingegnarsi
di mettere in risalto le proprie lacune.
Quando Montella sente che i
margini di errore sono ridotti a zero, in genere molti pezzi vanno a posto
sullo scacchiere viola. Ecco quindi in difesa Marcos Alonso e Basanta, che non
saranno i Nesta e Cannavaro dei tempi d’oro ma che danno più sicurezza di tutto
quanto si è visto nel reparto arretrato dall’inizio di stagione, consentendo
addirittura a Gonzalo Rodriguez di riaffacciarsi in avanti, ma soprattutto di
riaffacciarsi ai livelli a lui più consoni. Non è un caso che sia l’argentino a
carambolare in rete il pallone del primo gol viola, su colpo di testa di Savic
conseguente a calcio d’angolo.
Anche Alonso spinge parecchio,
risultando spesso di efficacia almeno pari a quella di un Cuadrado che si danna
l’anima per tornare a saltare l’uomo come nei momenti migliori e di un redivivo
Joaquin che dimostra di essere ancora uno dei meglio fichi di questo bigoncio,
pur in età che comincia a farsi avanzata. Tra i misteri di questo Montella
d’autunno ci sarebbe da risolvere proprio questo: dov’è stato finora l’esterno
spagnolo, e perché?
Misteri, che si sommano ad altri
misteri. Il Pizarro che non indovina un passaggio in verticale e sbaglia spesso
anche quelli, pericolosissimi, in orizzontale è preferibile ad Aquilani o, se
proprio si vuole, ai Kurtic e ai Badelj che perlomeno l’essenziale lo
salvaguardano? Dispiace vedere il Pek in queste condizioni, ma dispiace anche
vedere una Fiorentina che domina e a cui lo 0-1 va decisamente stretto beccare
l’ennesimo gol in contropiede per una palla persa malamente da un centrocampo
che non è più inossidabile e che mette in crisi una difesa buona quando ha il
tempo di piazzarsi ma non certo fulminea sulle ripartenze altrui, come si è
visto.
Qualcuno darebbe anche la colpa a
Neto in uscita disperata su Nico Lopez. Questione di punti di vista, se è vero
che la punta veronese, ma anche il suo attempato compare Luca Toni, riescono ad
essere più rapidi di mezza Fiorentina. Il portiere brasiliano – altro dato per
partente, pare a causa delle “eccessive pretese economiche” – in ogni caso si
riscatta nel secondo tempo con alcuni interventi non eclatanti ma che valgono a
salvare un risultato più in bilico di quanto il predominio territoriale della
Fiorentina avrebbe dovuto consentire.
C’è di buono che nelle maglie di
una difesa veronese che definire imbarazzante è il minimo possono ritrovare la
loro condizione migliore personaggi come Borja Valero, Cuadrado e Mario Gomez.
Lo spagnolo torna ad essere più presente nelle azioni d’attacco viola, anche se
ancora difetta in precisione, tenuta di rapidità. Il colombiano stenta ad
andare via al marcatore diretto e al puntuale raddoppio, ma perlomeno libera
spazio ai compagni, e in fondo gli basta un attimo fuggente per far male. Nel
primo tempo gli va storta perché il portiere scaligero Rafael gli chiude
l’angolino. Nel secondo Juan Guillermo invece gli si presenta davanti da
centravanti aggiunto e devia al volo lo splendido cross di Alonso. Grandissimo
gol che leva tante castagne dal fuoco viola.
Il tedesco invece fa a
sportellate con gli avversari e anche con il proprio stato psicofisico non
ancora ottimale. Il suo voto è alzato dalla prodezza spettacolare compiuta nel
primo tempo. In uno dei momenti in cui sembra che la Fiorentina possa
sotterrare il Verona, Marione è lesto a intuire la possibilità di un break a
centrocampo e ad involarsi come una freccia verso la porta avversaria. Malgrado
il difensore stia ritornando su di lui, riesce da posizione defilata a liberare
un gran tiro che scheggia la traversa e fa gridare imprecando alla malasorte.
Dall’altra parte, poco dopo il suo ex compagno di Bayern Luca Toni fa
altrettanto, precedendo di poco il pareggio di Lopez.
Il vantaggio di Cuadrado nella
ripresa invece è preceduto da venti minuti di predominio territoriale assoluto
della Fiorentina. Si gioca ad una porta sola, il Verona pare in ginocchio. Il
gol sembra maturo da molto prima della prodezza di Cuadrado, sul quale viene
commesso anche un fallo da rigore abbastanza netto. L’arbitro Di bello gli fa
segno di rialzarsi, e qualcuno mormora che il colombiano si sia fatto la fama
che fu di Cavallo Pazzo Chiarugi, quella di cascateur.
Tornata in vantaggio, la
Fiorentina che stava dominando come poche altre volte deve affrontare di nuovo
il demone che attanaglia l’animo di Montella in questo scorcio di 2014. E’ il
momento dei cambi, e guai a indovinarne uno. Vargas infatti non entra a
rilevare un esausto Joaquin ma bensì a togliere di mezzo Marco Alonso, che fino
a quel momento ha retto botta in difesa ed è stato anche micidiale in attacco.
Risultato, la partita si rovescia, il Verona ferito a morte trova in una
Fiorentina destabilizzata la forza di buttarsi in avanti, e per diversi minuti
si torna a giocare ad una porta sola, ma stavolta è quella viola. Babacar entra
a dar sollievo a Joaquin, ma sembra tardi per ribaltare ancora l’inerzia della partita.
I due centravanti non beccano più un pallone e alla fine Kurtic rileva quello
tedesco.
Fortuna vuole che anche l’Hellas Verona abbia poco da spendere,
stanchezza a parte, e che la buona guardia di Neto sia sufficiente. La
Fiorentina arriva al fischio finale con i tre preziosissimi punti che le
valgono un principio di risalita in classifica (complici gli altri risultati a
lei favorevoli) e perfino il sorriso dell’ombroso Montella, alla fine graziato
al di là dei suoi meriti. A ben vedere, possesso palla a parte (alla fine sarà
quasi due terzi viola e un terzo gialloblu), il match è stato reso piacevole
soprattutto dagli errori da ambo le parti. Del resto è quello che passa il
convento italiano. In questo campionato tendente al mediocre una squadra incerottata
come quella viola guidata da un giovane tecnico alla ricerca di se stesso e di
chissà cos’altro può ancora dire la sua.
Adesso Cagliari, dove si è perso
spesso, anche quando si vivevano le annate migliori. Sarà un test ben più
probante, al cospetto di mastro Zeman, ma intanto la settimana che viene sarà
senz’altro migliore delle due che se ne sono appena andate.
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