Sinisa Mihajlovic resterà nella
storia della Fiorentina come uno dei personaggi più difficili da collocare.
Arrivò a Firenze nell’estate del 2010 a raccogliere la difficile e compromessa
eredità di quello che era stato uno degli allenatori più amati dalla piazza,
Cesare Prandelli, che si era lasciato con la proprietà quasi a pesci in faccia.
E’ opinione comune che Miha capitò da queste parti in quello che si può
definire il Medioevo dei della Valle, tra il Primo ed il Secondo Progetto. La
squadra, orfana del precedente condottiero e anche assai demotivata da una
società tra il latitante ed il negligente a sua volta, non si concesse più di
tanto alle sue direttive, malgrado lui fosse notoriamente una personalità
forte, un motivatore, uno che trasmetteva agonismo anche quando era al bar a
prendere un caffè.
L’ex ragazzo che batteva le
punizioni come nessuno, simpatizzava per le Tigri di Arkan (che gli avevano
salvato la famiglia nella guerra post-jugoslava del 1992) e attaccava al muro
colossi come Vieira, incredibilmente lasciò in un anno e mezzo di permanenza
sulla panchina viola una traccia misera, incolore. La sua Fiorentina faceva più
notizia per i tormentoni Montolivo, Jovetic, Llajic, Gilardino che per i
risultati, che valsero alla fine un modestissimo nono posto. L’anno dopo fu
peggio, e si concluse prima di Natale per Sinisa, che fu costretto da una
classifica preoccupante a lasciare la mano a Delio Rossi.
Sappiamo tutti com’è andata,
nessuno a Firenze rimpiange l’allenatore serbo per la qualità di un gioco che
non decollò mai e perfino per un agonismo che – per una volta nella sua vita –
non riuscì a trasmettere a nessuno dei suoi giocatori in viola, anche se
qualcuno continua a pensare che in altre circostanze il carattere vincente
della tigre serba avrebbe potuto produrre ben altri risultati.
Sinisa Mihajlovic, c’è da
crederci, aspettava questa partita con un sentimento di rivalsa che solo le
grandi ingiustizie possono alimentare dentro un uomo come lui. Firenze poteva rivelarsi
lo stop della sua carriera, anziché il trampolino di lancio. A quanto pare,
questo lancio sta avendo luogo a Genova, e dopo una vendetta sportiva preparata
con la massima cura per tutta una settimana (o forse per tre anni) adesso il
buon Miha si gode il terzo posto in
classifica e guarda dall’alto, in compagnia del pirotecnico e folcloristico
presidente Massimo Ferrero, la società e la squadra che scarsamente l’avevano
supportato e freddamente l’avevano liquidato in quel 2011 da dimenticare.
Intervistato dopo il pareggio
dello scorso anno, a chi gli chiedeva cosa invidiava a Vincenzo Montella, suo
successore in viola, aveva risposto: “La squadra, che io non avevo”. L’ex
compagno di una grande Sampdoria che fu aveva visto esauditi molti di quei
desideri che lui non aveva neanche osato esprimere, credendo tra l’altro di
avere a sua volta uomini all’altezza tra quelli lasciatigli da Prandelli. La
frecciata non era tanto rivolta a Montella quanto ai suoi datori di lavoro, che
nel 2011 erano in crisi motivazionale e non investivano, mentre nel 2012
avevano ricominciato a spendere. L’anno scorso, la sua Samp ereditata in acque
tanto per cambiare tempestose aveva strappato un pareggio, ed era sembrata
allora tanta roba.
In un anno, secondo quelle
traiettorie misteriose che prende a volte la vita, lo scenario si è
ulteriormente modificato. A Marassi è scesa in campo una Fiorentina che tutt’ora
gioca al calcio meglio della Sampdoria, ma che tutt’ora si dimentica a volte
dimettere in campo anche l’anima. Cosa che non succede mai più ai blucerchiati,
i quali, opportunamente istruiti da quel condottiero arrabbiato del loro
allenatore, l’hanno presa di infilata, gettandosi all’arrembaggio sui suoi
portatori di palla quasi fossero una squadra di rugby, più che di calcio.
E così, una Fiorentina che aveva
cominciato benino mangiandosi il consueto gol iniziale con Babacar si è fatta
pian piano sopraffare nel primo tempo da una Samp che senza fare cose
trascendentali si gettava su ogni pallone sbagliandone praticamente nessuno e
creando pericoli più o meno grandi per la retroguardia viola, dove Gonzalo Rodriguez
riprendeva il suo posto a fianco di Savic, Richards e Marcos Alonso. Arrembanti
i padroni di casa, sussiegosi gli ospiti, che macinavano il consueto gioco per
vie orizzontali con la certezza di trovare prima o poi la via del gol con una
prodezza del giovane Baba o dei giocolieri
Borja Valero e Ilicic. Tra le linee, Aquilani e Badelj sembravano farcela a
reggere botta e a mettere ordine. E invece è toccato proprio all’Aquila prendere parte all’episodio che
ha portato sotto la Fiorentina.
Il sig. Giacomelli della federazione
di Trieste, dopo aver giudicato a favore della Fiorentina uno scontro tra Okaka
e Neto, ha pensato forse di aver qualcosa da farsi perdonare e ha concesso ai
padroni di casa un rigore fatiscente per scontro tra Aquilani e Soriano. I due
guardano entrambi il pallone che si allontana, i loro piedi si incrociano.
Giacomelli non ha dubbi, Palombo non ha paura. 1-0 per i Sinisa Boys, Montella si incupisce, non sarà una rimpatriata facile
la sua in quel di Genova.
Ancora Giacomelli forse pensa di
dover correggere qualcosa dando anche alla Fiorentina un rigore di quelli che “si
possono non dare”, anche se la trattenuta di Palombo su Babacar in area doriana
c’è più del fallo di aquilani nella circostanza precedente. Sul dischetto va
Gonzalo, o meglio quello che ne rimane, perché il centrale argentino in questo
avvio di stagione è lontano parente del campione ammirato nelle due precedenti,
incerto ed esitante in difesa, ininfluente in attacco. Il suo tiro dagli undici
metri finisce tra le braccia del connazionale Romero come un ultimo respiro
esalato. La partita dei viola si mette veramente male, l’arbitro non ha più
debiti con loro, la Samp non ha più riguardi né tantomeno timori reverenziali.
Ci si mette anche Neto a fine
primo tempo a complicare la vita dei compagni, evitando di fare il miracolo di
turno su un tiro di Rizzo lasciato completamente solo dalla difesa fiorentina.
Fortuna che Savic riapre il match saltando bene di testa sull’unico angolo
battuto decentemente dai gigliati in tutta la gara. Bello il gesto con cui il
centrale serbo incita i compagni tornando a centrocampo, pugno chiuso alzato,
una tigre che lancia la sfida al cospetto di un’altra tigre.
La Fiorentina comincerebbe la
ripresa ancora viva, e con tutte le chances di raddrizzare la giornata ed
evitare la vendetta del suo ex allenatore. La Samp cala di fiato, i viola
possono ruminare il loro gioco quasi senza opposizione fino alla tre quarti
doriana per quasi tutta la ripresa. A quel punto, i problemi sono i soliti, con
Cuadrado in giornata di scarsa vena l’uomo non lo salta nessuno. Borja, Ilicic,
Babacar, Aquilani le tentano tutte a tocchi e tocchetti, i sampdoriani hanno però
sempre buon gioco a spazzare via con il randello le puntate di fioretto dei
leziosi avversari.
In compenso, le rare volte che
riescono a partire in contropiede i padroni di casa danno l’impressione di
poter far male a una retroguardia viola distratta a causa forse dei lunghi
tratti di inattività. Potrebbe farlo Okaka, è invece il nuovo entrato blucerchiato
Eder a partire in fuga al 77’ e a farsi tutto il campo bevendosi tre avversari
in serpentina prima di battere Neto.
3-1, quasi una beffa per la
Fiorentina ma un premio all’agonismo della Sampdoria. Una brutta rimpatriata
per Montella (che opera tre cambi, Pizarro per Badelj, Pasqual per Richards e –
udite, udite – Mario Gomez per Cuadrado assolutamente ininfluenti) che deve
porgere a denti stretti l’omaggio al
vecchio compagno, quel Sinisa Mihajlovic che consuma la più gustosa delle
vendette. La sua Samp è dove la Fiorentina dei Della Valle in 12 anni non è mai
arrivata nemmeno per un giorno, al terzo posto in classifica.
Nemmeno il ritorno di Supermario
riscalda un po’ l’animo dei tifosi viola, infreddoliti da questa giornata più
di quanto potesse far supporre il clima da fine estate. Sull’unica palla che
gli capita, il bomber tedesco scivola malamente come un contadino in un campo
di patate dopo la pioggia. E’ vero che il terreno di Marassi è una vergogna per
la serie A, ma quella vergogna c’è anche per i giocatori della Sampdoria, che
riescono spesso a stare in piedi meglio dei viola.
Concessa la rivincita a Miha, adesso la Fiorentina si rituffa in
Europa ad aggiustarsi una volta di più le ossa rotte da un campionato che
proprio non ne vuole sapere di vederla tra le favorite. Poi c’è il Napoli, e
qui la rivincita spetterebbe alla Fiorentina, per le note vicende. Chissà se
gli uomini di Benitez saranno d’accordo, domenica prossima.
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