No, cara signora Di Francisca. Certe
iniziative te le puoi permettere quando sei una libera professionista, non
quando vai a giro per il mondo a spese del C.O.N.I., e quindi nostre. Se sei
nella squadra azzurra di Rio, sei una dipendente dello Stato italiano, appena
qualcosa di meno di una militare in servizio. E se ti capita di finire sul
podio, ci vai con la bandiera italiana, perdio, non con questo fazzoletto
ridicolo, che tra l’altro è poco più di un brand di un associazione di diritto privato
di banchieri e speculatori.
Per me la medaglia di questa
signora non esiste, non conta nel Medagliere azzurro. E fossi dirigente della sua Federazione, o del C.O.N.I., prenderei in considerazione l’opportunità di
sbatterla fuori, radiarla e revocarle la medaglia.
Abbiamo tuti ancora negli occhi il
dolore e la rabbia repressi di Fehaid Aldeehani, il tiratore del Kuwait che ha
battuto in finale del Double Skeet il nostro Marco Innocenti. E che si è visto
avvelenare il giorno più bello – probabilmente – della sua vita dal fatto di
non poter salire il gradino più alto del podio sulle note del suo inno
nazionale e sullo sfondo della bandiera del proprio paese che sale più in alto
di tutte.
A quella persona batto le mani, e
le sono nel cuore, al di là di ogni altra considerazione. Non a una cialtroncella
che gira il mondo a spese nostre senza rendersi conto nemmeno di dove va e
perché ci va, e che soltanto altre due cialtrone come Laura Boldrini e Federica
Mogherini potevano applaudire pubblicamente, in spregio anch’esse ai rispettivi
ruoli e funzioni.
Possiamo affrontare tutto con
serenità e dignità, a cominciare da quella legge di natura che ha avviato al
declino autentiche signore del nostro sport, come Federica Pellegrini (bella,
bellissima, splendida nella sua divisa di Armani e sotto quella bandiera
tricolore), Sara Errani, Roberta Vinci, Jessica Rossi, le ragazze del Volley, e
chissà chi altre da qui alla fine.
Ma non possiamo accettare quel
fazzoletto con le stellette in mano ad una nostra atleta al posto della
bandiera italiana. Di gente come Elisa Di Francisca, che rappresenta solo se
stessa a carico del contribuente, non abbiamo e non avremo mai bisogno.
Per me gli argenti azzurri a Rio
2016 sono cinque.
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