Questa volta, Sergio Mattarella fa sapere per tempo
che non ci sarà. Precedenti e superiori impegni. Lo Stato italiano, alla
commemorazione dei Martiri delle Foibe, non ci sarà. La prima
carica di quello Stato ha di meglio da fare. Del resto, dopo nove anni di presidenza
del comunista Napolitano, ci siamo in qualche modo abituati: i
morti giuliani e istriani della metà degli anni Quaranta sono morti di serie B.
Recupero di cadaveri alla Foiba di Vines |
Sapevamo di dovercelo aspettare dall’uomo che aveva cominciato la sua
carriera inneggiando ai carri armati sovietici a Budapest nel 1956, e che l’ha
conclusa dando una robusta spallata alla democrazia nel suo paese, nel 2011.
Non sapevamo ancora bene cosa aspettarci dal suo successore, il democristiano
Mattarella. Adesso è chiaro, stessa retorica a vuoto, stesso assenteismo
istituzionale, quando non peggio.
La seconda carica del medesimo Stato, il presidente del Senato Pietro
Grasso, si accoda volentieri, come suo solito. Non ci sarà nemmeno lui. Da
Grasso, sapevamo di dovercelo aspettare, punto e basta.
Con la terza carica, la presidentessa della Camera Laura
Boldrini, non siamo così fortunati, è il caso di dire. La donna che si è
fatta un dovere di insultare quasi quotidianamente il popolo che rappresenta (e
per di più, a sue spese) ha tirato fuori dal cilindro l’ennesimo coniglio
prodigioso. Ecco dunque invitata a tenere una conferenza stampa alla Camera
dei Deputati la storica (si fa per dire)
negazionista Alessandra Kersevan, le cui tesi sono
riassunte esaurientemente in questo estratto: Commemorare i morti nelle
Foibe significa sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e
collaborazionisti del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei
conti o vendette personali, c’è il 2 novembre.
Non c’è che dire, sostituire il Giorno del Ricordo (stabilito
con legge della Repubblica 30 marzo 2004 n. 92, che recita tra l’altro: al
fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di
tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani,
fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del
confine orientale) con il Giorno dell’Insulto rappresenta veramente
l’ultima frontiera per l’ineffabile presidentessa della Camera, che veramente
non si pone più limiti.
La donna che vorrebbe mettere sotto controllo tutto il web non riesce
più a tenere sotto controllo la propria brama distruttiva del sentimento
nazionale e dei valori fondanti di questo paese, affermatisi tra l’altro nel
bagno di sangue che questo paese stesso come il resto del mondo affrontò negli
anni tra il 1940 ed il 1945.
Quello che salta agli occhi, oltre al già ricordato silenzio delle
istituzioni, è il parallelo silenzio della comunità civile, eccezion fatta per
i sopravvissuti ed i discendenti di quei poveri martiri di cui la signora
Kersevan ha così brillantemente concionato nelle stanze di Montecitorio.
Quando si fa avanti il negazionismo dell’Olocausto del popolo
ebraico, le comunità e le istituzioni interessate si fanno subito sentire,
stigmatizzando giustamente questa pratica incentivata dall’analfabetismo
popolare di ritorno, non soltanto sul piano storico. Per gli istriani ed i
giuliani non si fa sentire nessuno, se non quei pochi che hanno avuto la
ventura di conoscere la loro tragica vicenda, o per retaggio familiare o per
fortunosa acquisizione sui banchi di una scuola che è sempre stata
vergognosamente acquiescente alle ragioni della parte comunista e di chi con
essa voleva più o meno storicamente compromettersi, nelle varie epoche fino al
1992.
L’Istria è persa ormai per la nostra comunità nazionale, e
nessuno vi andrà mai a scavare per riportare alla luce quelle fosse comuni,
quelle foibe piene di cadaveri giustiziati in modo atroce,
bestiale, che smentirebbero in cinque minuti la cialtroneria storica della
signora Kersevan e svergognerebbero i motivi non meno abbietti di chi l’ha
ospitata a tenere la sua vergognosa conferenza. Ma Trieste è
tornata all’Italia, nel 1954, dopo i 40 giorni di terrore assoluto vissuti
sotto la scorribanda e la razzia dell’esercito del popolo di Tito nel
1945 e dopo i quasi dieci anni di purgatorio sotto l’amministrazione e la
(provvidenziale) difesa dei Blue Devils americani installati
nel Castello di Miramare. A Trieste chiunque può raccontare la
verità storica sulle Foibe, e basta fare pochi chilometri e salire
sull’altopiano carsico, dove il Sacrario di Basovizza parla
più di qualsiasi parola.
Un altro Giorno del Ricordo trascorrerà nel doloroso silenzio a cui le
vittime sono abituate da settant’anni, così come i superstiti. Lo Stato
italiano ha dimenticato, quando non ha sbeffeggiato come stavolta. Il popolo
italiano, per il suo stesso bene, è il caso però che non dimentichi.
Il sangue dei giuliani, degli istriani, degli italiani del nord-est
riposi in pace, finalmente, se può.
bravo Simone
RispondiEliminaGrazie Marilena
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