Tentare di far
ragionare un popolo che ormai ha perso – volontariamente o involontariamente,
consapevolmente o in consapevolmente – tutti gli strumenti per una critica
della ragione pura, gli assi cartesiani della propria coscienza nazionale e
sociale, è una impresa disperata. La si fa a proprio rischio e pericolo, tra
l’altro. Ma va fatta.
Emmanuel Chidi Namdi e la sua compagna Chinyery |
Premessa. Morire
a Fermo dopo essere sfuggiti a Boko Haram è una beffa del
destino, prima ancora che una tragedia assurda. Un’altra tragedia, comunque,
consegue sempre al parlare e schierarsi prima di avere appreso e compreso i
fatti. Come si sono svolti, non come ci piace pensare che si siano svolti. Nei
giorni della sentenza sul caso Bossetti, la sindrome di Girolimoni
è sempre in agguato, sia che la pancia italiana si riempia di
brandelli di Corriere della Sera o di Novella Tremila.
Altra premessa.
E’ certo, è ovvio che l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi da
parte di Amedeo Mancini ha connotazioni razziste. Direi che
possiamo escludere senz’altro motivazioni calcistiche, di corna o di
estorsione. Se uno ti dà della scimmia nera, supporre intenti razzisti
è lapalissiano. Non c’è bisogno della grancassa mediatica del partito
democratico né di una perizia condotta da quotati criminologi per acclarare
questo connotato. Passare una intera giornata come hanno fatto ieri quasi tutti
i mezzi – chiamiamoli così – di informazione a porsi, e porci, l’atroce dilemma
non è, appunto, fare informazione. E’ rendere un servizio alla disinformazione.
Che poi è proprio ciò di cui ha bisogno quel partito democratico che al momento
governa. O sgoverna, che dir si voglia.
Sui fatti di
Fermo farà luce, a Dio piacendo e magari per una volta nella vita, l’autorità
inquirente. Su quello che ne segue o vi ruota intorno può tentare di fare luce
chiunque di noi. Applicando magari le ultime briciole di tecnica di
ragionamento che ci sopravvivono dai tempi di Kant, Cartesio
e altri i cui nomi e le cui referenze sui media non si trovano citati.
L'arresto di Amedeo Mancini |
A pensar male,
diceva Andreotti…… uno che di pensieri maligni a suo tempo ne
ha alimentati parecchi, a torto o a ragione. Sarà un caso, ma in questo paese
quando un governo va in crisi, va sotto, rischia quello che sta
rischiando il governo delle larghe intese messoci in testa dagli ultimi
due presidenti della repubblica (che poi è diventato un governo PD a collo
torto, più Alfano, più Verdini, una splendida intesa), puntualmente
succede qualcosa di tragico che ricompatta il paese attorno ai buoni
sentimenti.
Il prototipo di
questo modus operandi fu brevettato ai tempi del delitto Moro.
Mutatis mutandis e fatte le debite proporzioni, nella seconda
repubblica e seguenti il giochino – se di giochino si può parlare –
viene ripetuto ad ogni pié sospinto al manifestarsi di grandi e piccole difficoltà
governative.
Nel 2011 ci
voleva una delle crisi economiche più assurde e fittizie della storia d’Europa
perché l’Europa stessa ci chiedesse di privarci di un governo
democraticamente e liberamente eletto sostituendolo con un altro presieduto e
composto da personaggi usciti dal più fosco episodio della Saga di Harry
Potter e con nessun’altro fondamento legale che il volere di un
anziano signore che al pari del vecchio re d’Italia non avevamo e non abbiamo
strumenti per detronizzare, in casi come questo.
Nel 2013, il
traballante governo Letta uscito da elezioni che nessuno aveva
vinto ma che PD e PDL si misero d’accordo per
far perdere ai Cinque Stelle, fu accompagnato al voto a Montecitorio
dagli spari che il folle Preiti indirizzò verso due
poveracci di agenti delle forze dell’ordine (si badi bene, non due
parlamentari, di cui la piazza era piena appressandosi il voto alla Camera, ma
due semplici agenti). Qualcuno ne ha saputo più niente? Né di lui né delle sue
vittime?
Anno domini
2016. Matteo Renzi si è mangiato tutto il consenso che a torto
o a ragione gli era stato destinato due anni fa, addirittura creando
all’interno del suo partito qualcosa che non era mai esistito: una minoranza
ufficiale e apertamente in dissenso. Perde le elezioni amministrative con un
margine storico negativo per ritrovare il quale bisogna forse risalire al 1919,
e le perde addirittura in più comuni – a suo dire – di quelli che risultano
presenti sul territorio italiano, se non abbiamo studiato male geografia.
O con me o contro
di me, dice l’ex ragazzo di Rignano, e trasforma il referendum
costituzionale del prossimo ottobre in un plebiscito contro se stesso
ed il proprio regime. Sembra Honecker negli ultimi giorni
della D.D.R., nel 1989. Lo stesso PD sembra il PCUS
sovietico negli ultimi tempi di Gorbaciov, vorrebbe tanto
liberarsi del leader ma non sa a che santo votarsi, perché le vecchie
alternative sono inguardabili. Nel frattempo, è chiaro che se si vota, il PD
sparisce.
Serve qualcosa.
Serve – di qui a ottobre – o l’attentatuni o comunque la disgrazia che
ricompatti il paese. La Brexit è stata un fuoco di paglia, l’Inghilterra
si è già ripresa e ha mostrato a tutti che fuori dall’Europa la vita continua,
c’è ossigeno e vita animale e vegetale. Tocca fare la direzione PD, e prendersi
gli annunciati schiaffoni. Il NO alla riforma costituzionale passa in
vantaggio, perfino per i sondaggisti di regime, come quelli dei telegiornali
delle 20,00.
Bossetti è
andato in galera a vita, il rotocalco giudiziario è finito. Il colpevole di cui
non è stata provata la colpevolezza va incontro al suo destino, e comunque la
gente si è già stufata. L’Italia nel frattempo è fuori dagli Europei di calcio.
Serve qualcos’altro. La strage di Dacca potrebbe fare al caso,
ma se da un lato tocca le corde emotive giuste, dall’altro va a toccare
equilibri di politica internazionale che il PD delle cooperative ONLUS e della
ricerca spasmodica di una futura base elettorale alternativa non si può
permettere di toccare. E poi, diciamoci la verità, Sergio Mattarella
è improbabile come testimonial della lotta al terrorismo, non ha il phisique
du role, non ha il carisma, e chissà se ha il background,
malgrado le sviolinate che gli pervengono dai soliti mezzi di stampa pronti a
creare eroi dove non ve ne sono.
E allora? A
Fermo un bianco e un nero se le danno. C’è di mezzo il disagio sociale
consapevolmente alimentato in questi anni da una sinistra di sgoverno
tra le più irresponsabili della storia. C’è di mezzo la storia personale dei
due rissaioli, che questo e nient’altro erano prima che la loro vicenda finisse
nelle mani dei media. C’è di mezzo anche il razzismo, sì, cari signori. Non
viviamo in un mondo perfetto, e abbiamo preteso di andare a toccare con
faciloneria equilibri psico-sociali delicatissimi.
Ricordo un amico
americano in visita, che quarant’anni fa circa mi diceva, a proposito della
questione nera e del razzismo (erano i tempi di Clay – Alì
che lottava per riavere la corona dei massimi toltagli per il Vietnam, di Rubin
Carter Hurricane in galera per un delitto che non
aveva commesso e che avrebbe potuto diventare il campione del mondo,
come cantava Bob Dylan): «voi non avete idea, non la
potete avere e non l’avrete mai finché non toccherà anche a voi confrontarvi
con i rapporti tra le razze».
Proteste della popolazione di colore a Minneapolis contro la polizia |
Adesso ci siamo.
E francamente gli indignados del partito democratico che da ieri
battono sulla grancassa del razzismo, dando dell’assassino non solo a Mancini
(che lo è) ma anche a tutta quella parte civile e politica che non la pesa come
loro, gettano più benzina sul fuoco dell’odio razziale di coloro che
intenderebbero stigmatizzare. Ad esempio quella Lega Nord, che
a loro dire è un partito che incita normalmente a sparare o malmenare le
persone di colore, e che invece cerca soltanto di richiamare l’attenzione
di una opinione pubblica emotivamente infantile e sempre più disattenta su un
problema, quello dell’immigrazione, che sta travolgendo il
nostro paese. Tra poco senza più possibilità di ritorno.
Nelle stesse
ore, a proposito di America, giunge la notizia che nel Minnesota
la polizia durante un controllo stradale ha fatto due vittime, due persone di
colore. Gli indignados di sinistra, il cui antiamericanismo affonda da
sempre le radici nel post-fascismo ed è sempre pronto a rianimarsi, per una
volta tacciono, troppo presi come sono dall’indignarsi per Fermo, e per tutti i
boia che a loro dire hanno armato la mano di Mancini.
Il Minnesota è
uno degli stati più a nord dei cinquanta dell’Unione. E’ quasi Canada. Minneapolis
non è la Louisiana, non si può invocare il famigerato razzismo
sudista. La realtà è che di tutti i mestieri quello che non vorremmo fare
è il poliziotto in una qualunque città americana, tutte allo stesso modo ormai
socialmente degenerate. Chi si infila la mano in tasca, non sai mai se é per
tirarti fuori il portafoglio o la pistola. Se va in crisi la polizia, va in
crisi l’ordine pubblico, va in crisi la società, lo stato di diritto, la
convivenza, tutto quanto.
Ci stiamo
arrivando anche noi. Fermo ormai è Minneapolis, e poco importa – con tutto il
dovuto cordoglio per la vita stroncata di Emmanuel Chidi Namdi – come sia
andata, da questo punto di vista. Ci siamo arrivati. Il partito democratico ha
avuto il suo morto da gettare sul tavolo dell’indignazione, e ne farà l’uso che
l’establishment italiano fa sempre in questi casi di queste vittime.
L’immigrazione continuerà selvaggia, e a costi economici e sociali altissimi.
Guai a chi ne discute ragioni e metodi. Al parti della Lega Nord, sarà
rubricato come fascista, razzista ed assassino.
Il governo Renzi
continuerà. Basta guardare la faccia di Bersani riempire lo
schermo televisivo per capire che non ha alternative, anche se non ha più base
di consenso. Ma siccome se si vota a ottobre rischia di sparire, e con lui
tutto il PD, per ottobre bisogna inventarsi qualcosa. Un povero morto a Fermo
forse non basta a riempire l’estate.
L’attentatuni?
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