giovedì 26 maggio 2016

CONTROCORRENTE: BUCA TORRIGIANI, CHI PAGA



Da vecchio navigatore della pubblica amministrazione, faccio una previsione su come andrà a finire questa vicenda del Lungarno Torrigiani. Ricapitoliamo, nessun morto o ferito, ma cinque milioni di danni stimati, a pochissimi passi da un Ponte Vecchio alla cui destabilizzazione nessuno vuole neanche pensare. Il sindaco Nardella tuona: “Errore umano, chi ha sbagliato pagherà!
Ecco, appunto. Caro sindaco, non pagherà nessuno. In questo sistema, che l’ha promossa ai vertici della politica e che la ricomprende, non paga mai nessuno. E’ un sistema autoreferenziato, si sale e si scende (rarissimamente, e mai di stipendio) non per meriti personali reali, ma per logiche d’altro genere. Di partito, di loggia, di consorteria o corporazione.
In Italia, è così. In Toscana, a Firenze, più che altrove. Sappiamo quanto contino da queste parti logge, corporazioni, e partiti. O per meglio dire, partito. Perché qui da vent’anni a questa parte ce n’è uno solo.
Chi è funzionale a questo sistema, non paga mai. Al massimo, come l’arrocco negli scacchi, viene spostato ad altro incarico, da Publiacqua all’ARPAT, all’ATAF, all’ANAS, all’AISCAT, alla Società Autostrade, da qualche altra parte dove potrà continuare a fare danni imperterrito, mentre i suoi vecchi danni saranno continuati – al vecchio posto – da qualcun altro. Sicuramente altrettanto inqualificato e inqualificabile di lui.
Funziona così. Lo sa Nardella, lo sa chiunque lavori nel “pubblico”, lo sa chiunque stamattina si affanni, a vario titolo, ad arrampicarsi sugli specchi per fornire una versione di comodo, per archivio. Un qualcosa che acquieti il momentaneo bisogno del popolino di veder impiccato, squartato e bruciato qualche “colpevole”. Bisogno che peraltro dura poco, tra una settimana al massimo sarà crollato o sventrato qualcos’altro. Qualcuno avrà fatto qualche altra cazzata madornale. E della Buca Torrigiani non se ne parlerà più.
In un paese normale, stamattina Publiacqua e gli altri soggetti implicati nella vicenda avrebbero un bel da fare per arrampicarsi su quegli specchi, con i loro addetti stampa ed i loro funzionari indignati ma nello stesso tempo non in grado di rispondere all’opinione pubblica perché c’è un disturbo nell’audio, un ritorno in cuffia.
Ma noi un paese normale non lo siamo mai stato. Ora meno che mai. Sono almeno quindici anni che il sistema governativo nazionale e regionale e quello delle autonomie locali non fanno più nulla per mantenere il ben di dio che le passate generazioni ci hanno lasciato in eredità. E che noi vorremmo passare intatto ai nostri figli e nipoti. Sarà dura, perché il tempo passato nell’incuria, nella negligenza quando non nello spreco, nell’abuso, nell’omissione e nel furto è stato tanto e i segni che ha lasciato sono profondi. E chissà se reversibili.
Genova non ha più la sua Lanterna, Pompei perde pezzi quotidianamente in mondovisione. Non vogliamo neanche pensare ad una certa eventualità per i nostri monumenti più cari, quel Ponte attraversato da Lorenzo il Magnifico per andare da “casa” a “ufficio”, quel Battistero dove Dante aveva ricevuto i sacramenti. Non vogliamo pensarci, c’è un limite all’orrore immaginabile. Ma purtroppo sappiamo almeno a livello inconscio che è nel novero delle possibilità. Un dysaster movie anni 70 ambientato nella nostra città ormai è più che verosimile.
Mi rendo conto che parlo come un vecchio, di quelli che scuotono la testa sconsolati appena mettono il naso fuori di casa, al solo vedere che cosa è diventato il “loro” mondo. Quando lo facevano il mio nonno, il mio babbo, non capivo. Ero un ragazzo, mi sembrava il migliore dei mondi possibili. Il nonno aveva ritirato su il paese dalle macerie della Guerra, il babbo da quelle dell’Alluvione. E il mondo che stavano vedendo cambiare mentre invecchiavano non piaceva più loro. Ora che sto raggiungendo anch’io quella fase della vita, dico che il babbo ed il nonno non avevano ancora visto nulla.
Caro Nardella, non pagherà nessuno. Quanto all’errore umano, sono sempre gli elettori i primi a commetterlo. La volta scorsa furono il sessanta per cento. La prossima volta, chissà. Ma almeno gli elettori, i cittadini, pagano. Sulla loro pelle. Sempre.

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