Da vecchio navigatore della
pubblica amministrazione, faccio una previsione su come andrà a finire questa
vicenda del Lungarno Torrigiani. Ricapitoliamo, nessun morto o ferito, ma
cinque milioni di danni stimati, a pochissimi passi da un Ponte Vecchio alla
cui destabilizzazione nessuno vuole neanche pensare. Il sindaco Nardella tuona:
“Errore umano, chi ha sbagliato pagherà!”
Ecco, appunto. Caro sindaco, non
pagherà nessuno. In questo sistema, che l’ha promossa ai vertici della politica
e che la ricomprende, non paga mai nessuno. E’ un sistema autoreferenziato, si
sale e si scende (rarissimamente, e mai di stipendio) non per meriti personali
reali, ma per logiche d’altro genere. Di partito, di loggia, di consorteria o
corporazione.
In Italia, è così. In Toscana, a
Firenze, più che altrove. Sappiamo quanto contino da queste parti logge,
corporazioni, e partiti. O per meglio dire, partito. Perché qui da vent’anni a
questa parte ce n’è uno solo.
Chi è funzionale a questo
sistema, non paga mai. Al massimo, come l’arrocco negli scacchi, viene spostato
ad altro incarico, da Publiacqua all’ARPAT, all’ATAF, all’ANAS, all’AISCAT,
alla Società Autostrade, da qualche altra parte dove potrà continuare a fare
danni imperterrito, mentre i suoi vecchi danni saranno continuati – al vecchio
posto – da qualcun altro. Sicuramente altrettanto inqualificato e
inqualificabile di lui.
Funziona così. Lo sa Nardella, lo
sa chiunque lavori nel “pubblico”, lo sa chiunque stamattina si affanni, a
vario titolo, ad arrampicarsi sugli specchi per fornire una versione di comodo,
per archivio. Un qualcosa che acquieti il momentaneo bisogno del popolino di
veder impiccato, squartato e bruciato qualche “colpevole”. Bisogno che peraltro
dura poco, tra una settimana al massimo sarà crollato o sventrato qualcos’altro.
Qualcuno avrà fatto qualche altra cazzata madornale. E della Buca Torrigiani
non se ne parlerà più.
In un paese normale, stamattina
Publiacqua e gli altri soggetti implicati nella vicenda avrebbero un bel da
fare per arrampicarsi su quegli specchi, con i loro addetti stampa ed i loro
funzionari indignati ma nello stesso tempo non in grado di rispondere all’opinione
pubblica perché c’è un disturbo nell’audio, un ritorno in cuffia.
Ma noi un paese normale non lo
siamo mai stato. Ora meno che mai. Sono almeno quindici anni che il sistema governativo
nazionale e regionale e quello delle autonomie locali non fanno più nulla per mantenere
il ben di dio che le passate generazioni ci hanno lasciato in eredità. E che
noi vorremmo passare intatto ai nostri figli e nipoti. Sarà dura, perché il
tempo passato nell’incuria, nella negligenza quando non nello spreco, nell’abuso,
nell’omissione e nel furto è stato tanto e i segni che ha lasciato sono
profondi. E chissà se reversibili.
Genova non ha più la sua
Lanterna, Pompei perde pezzi quotidianamente in mondovisione. Non vogliamo
neanche pensare ad una certa eventualità per i nostri monumenti più cari, quel
Ponte attraversato da Lorenzo il Magnifico per andare da “casa” a “ufficio”,
quel Battistero dove Dante aveva ricevuto i sacramenti. Non vogliamo pensarci,
c’è un limite all’orrore immaginabile. Ma purtroppo sappiamo almeno a livello
inconscio che è nel novero delle possibilità. Un dysaster movie anni 70
ambientato nella nostra città ormai è più che verosimile.
Mi rendo conto che parlo come un
vecchio, di quelli che scuotono la testa sconsolati appena mettono il naso
fuori di casa, al solo vedere che cosa è diventato il “loro” mondo. Quando lo
facevano il mio nonno, il mio babbo, non capivo. Ero un ragazzo, mi sembrava il
migliore dei mondi possibili. Il nonno aveva ritirato su il paese dalle macerie
della Guerra, il babbo da quelle dell’Alluvione. E il mondo che stavano vedendo
cambiare mentre invecchiavano non piaceva più loro. Ora che sto raggiungendo
anch’io quella fase della vita, dico che il babbo ed il nonno non avevano
ancora visto nulla.
Caro Nardella, non pagherà
nessuno. Quanto all’errore umano, sono sempre gli elettori i primi a
commetterlo. La volta scorsa furono il sessanta per cento. La prossima volta, chissà. Ma
almeno gli elettori, i cittadini, pagano. Sulla loro pelle. Sempre.
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