E adesso, povera UEFA? Dopo le polemiche che avevano
rischiato di travolgere le istituzioni del calcio europeo e mondiale,
organizzare la tredicesima edizione della Coppa Henri Delaunay,
ovvero Euro 2008, non era cosa facile.
Nel 2006, a Berlino, si era avuta una avvisaglia dello stato di
crescente criticità nei rapporti tra FIFA e UEFA, e tra i
rispettivi organi di vertice. Al mondiale che doveva essere dei padroni di casa
tedeschi, o in seconda scelta dei gettonatissimi francesi che avevano come
leader in campo Zinedine Zidane e come deus ex machina fuori
dal campo Michel Platini, aveva vinto l’Italia.
Joseph Blatter, potentissimo capo della FIFA, si era rifiutato
di andare a consegnare agli azzurri la Coppa del Mondo, lasciando l’incombenza
al suo omologo dell’UEFA Lennart Johansson. Tra i due non correva
buon sangue, tanto che un anno dopo, al posto dello svedese, Blatter, aveva
favorito l’ascesa di quel Platini che, scornato per non poter onorare con la
medaglia d’oro i propri connazionali, era stato ben contento di tenere a quella
famigerata premiazione un profilo altrettanto basso di quello di Blatter. La
versione ufficiale di quest’ultimo aveva ridimensionato le cose, ma tutti
sapevano cosa era successo, e cosa stava per succedere, perché lo stesso
Platini una volta insediato all’UEFA si sarebbe rivoltato contro il suo stesso
pigmalione.
UEFA e FIFA erano campi di battaglia di potentati e carrieristi del football.
Difficile raggiungere decisioni equanimi, se non unanimi, in simili contesti. A
ciò si aggiungevano altre avvisaglie, quelle della crisi economica che avrebbe
attanagliato il pianeta negli anni successivi, mettendo in discussione
ricchezze e tenori di vita consolidati e modelli economici affermati da lunga
data.
In queste condizioni, organizzare una competizione sportiva
internazionale non era più uno scherzo, se mai lo era stato nell’era moderna.
Dopo la nouvelle vague introdotta da Belgiolanda e Corea-Giappone,
le joint venture erano diventate di gran moda. Si dimezzavano
le spese e si raddoppiavano utili e agevolazioni. Due squadre qualificate di
diritto come paesi organizzatori, due occhi di riguardo per i padroni di casa,
e via dicendo.
La cerimonia d'apertura a Salisburgo di Euro 2008 |
Ad ospitare l’Europeo 2004, poi andato al Portogallo, si
era candidata una accoppiata che faceva tanto ancien régime,
nientemeno che l’Austria-Ungheria. Ad ospitare quello del 2008 si
presentarono mezzo United Kingdom (Scozia e Irlanda),
un revival di Jugoslavia (Croazia e Bosnia
Erzegovina), il vecchio regno vichingo di Danimarca (che
oltre a Copenhagen riuniva anche l’intera penisola scandinava con Norvegia, Svezia e Finlandia),
oltre ad un tentativo di compromesso storico rappresentato da Grecia e Turchia,
non più sanguinose rivali ma partner economici. La Russia si
presentava da sola, ma era grande come metà del continente asiatico e aveva
trascorsi federativi. L’Ungheria si presentava anch’essa da sola, poiché
l’Austria aveva scelto una più prosaica e meno nostalgica (ma sicuramente più
redditizia) partnership con la Svizzera.
A pensar male si fa peccato ma ci si indovina quasi sempre, diceva un
noto uomo politico italiano. Alla fine, la nomination fu
conferita proprio alla Svizzera, gemellata con l’Austria. Sotto l’influenza
dello svizzero Blatter, che in quanto a manipolazione di votazioni aveva
dimostrato di avere un’esperienza da capitano di lungo corso. Con buona pace di
Budapest e dei nostalgici asburgici.
Der UEFA Fußball-Europameisterschaft von 2008, dunque, fu messo
in programma tra il 7 ed il 29 giugno 2008. Ancora novità organizzative, quali
l’azzeramento delle squalifiche dopo i quarti di finale e la disputa delle
qualificazioni sulla base di sette gironi di cui due da otto e cinque da sette
partecipanti, anziché i dieci dell’edizione precedente, probabilmente per
accorciare i sovraccarichi calendari UEFA degli impegni internazionali.
In una simile congestione, era inevitabile che qualche situazione
spinosa venisse a crearsi. Italia e Francia si erano lasciate malamente dopo la
finale di Berlino. La testata di Zidane a Materazzi aveva
menomato i transalpini, che poi avevano ceduto ai rigori grazie all’errore di
un rigorista come Trezeguet (una specie di vendetta del
destino rispetto all’Europeo 2000). I francesi si sentivano i vincitori morali
della Coppa del Mondo, e volevano dimostrarlo. Il sorteggio UEFA mise nello
stesso girone – il B - le due nazionali, che a settembre 2006
a soli due mesi dalla finale di Berlino si ritrovarono di fronte.
Italia - Francia quattro volte in due anni |
All’andata, a Saint Denis a Parigi, un’Italia che non aveva ancora
smaltito i festeggiamenti estivi e che il nuovo tecnico Donadoni aveva
rivoluzionato, soccombette ai più motivati avversari per 3-1. Al ritorno a
Milano un anno dopo, il clima era rovente. Il tifo italiano, esacerbato da un
anno di polemiche alimentate dai francesi, rispose malamente, fischiando
addirittura la Marsigliese. Sul campo fu 0-0. La Francia non seppe
mantenere tuttavia il vantaggio acquisito nel girone, perdendo in casa a
sorpresa con la Scozia e lasciando all’Italia il primo posto. Azzurri e bleus si
qualificarono dunque con lo stesso ordine di arrivo di Berlino, la resa dei
conti era rimandata.
Dagli altri gironi uscirono: A Polonia e Portogallo, C le
ex socie Grecia (campione in carica) e Turchia, D Rep. Ceca e
Germania, E Croazia e Russia (con eliminazione
dell’Inghilterra), F Spagna e Svezia, G Romania
e Olanda. 14 squadre senza necessità di spareggi, più le due padrone di casa.
Il sorteggio del 2 dicembre 2007 a Lucerna, in Svizzera, sembrò dare
l’impressione che qualcuno fosse ancora in cerca di rivincite dai tempi del
mondiale, o quantomeno in cerca di complicazioni. Italia e Francia furono
riaccoppiate dalla sorte (probabilmente aiutata dalla solita mano fatata) nel
girone C, dove per soprammercato finirono anche Olanda e Romania.
Nel girone A Svizzera, Portogallo, Turchia e Rep. Ceca. Nel girone
B Austria, Croazia, Germania e Polonia.
Nel D Grecia, Svezia, Spagna e Russia.
Non c’era una vera e propria favorita, anche se era d’obbligo un
occhio di riguardo alle finaliste di Berlino, al Portogallo che ancora viveva
sull’onda lunga della sua generazione di fenomeni, e alla Spagna che sembrava
sul punto di produrne una propria. Al pari di Italia e Francia, anche Svezia e
Spagna e Romania e Olanda si erano già incontrate in fase di qualificazione. La
fantasia all’UEFA non era più al potere.
Van Nistelroy segna il primo gol all'Italia in fuorigioco |
Se qualcuno tra gli svizzeri padroni di casa nonché della FIFA e
dell’UEFA aveva nutrito speranze di gloria, il campo gliele smorzò subito. Nel
girone A Cristiano Ronaldo guidò il Portogallo ad una facile
qualificazione, mentre al secondo posto si issava a sorpresa la Turchia, a
spese appunto della Svizzera ed anche della Rep. Ceca. Nel B, fu eliminata
l’altra nazione ospitante, l’Austria, insieme alla Polonia. Passarono Croazia e
Germania. Nel C, tra i due litiganti sembrò godere il terzo. Gli olandesi di
mister Marco Van Basten ne rifilarono tre all’Italia e quattro
alla Francia, qualificandosi. L’Italia andò sotto con i rumeni grazie ad un
gran gol di Mutu, ma poi pareggiò eguagliando il risultato dei
francesi. Tutto era rimandato alla terza e decisiva partita, la quarta in due
anni per azzurri e bleus. Pe run giorno, Zurigo diventò Berlino e
gli azzurri di Donadoni quelli di Lippi. Francia travolta 2-0 con
rigore di Pirlo e punizione di De Rossi, Italia ai
quarti.
Nel girone D Spagna e Russia ebbero facile ragione di Svezia e Grecia.
Il Mito degli Argonauti si era esaurito. Gli spagnoli
cominciavano a far intravedere la possibilità di dettare a poeti e cantori una
mitologia loro. Nei quarti, la Spagna toccava ad un’Italia che voleva
dimostrare di essere ancora lei la più forte, ma le cui energie fisiche e
nervose erano state prosciugate dalla battaglia di Francia. I tempi
regolamentari finirono 0-0, ai rigori gli Eroi di Berlino cedettero ai Grandi
di Spagna, decisivi gli errori di Grosso e De Rossi, che due
anni prima non avevano fallito.
Negli altri quarti, una Germania che non brillava ma che aveva
recuperato la consueta solidità eliminò 3-2 il Portogallo, con Cristiano
Ronaldo in ombra e Klose e Ballack protagonisti.
La Turchia eliminò sempre di rigore la Croazia, e la Russia (in una
sorprendente rivincita contro quel Van Basten che l’aveva fatta piangere nel
1988) fece fuori l’Olanda per 3-1 ai supplementari.
La pubblicità Adidas n vista della finale |
In semifinale, successo tedesco per 3-2 sui turchi e spagnolo per 3-0
sui russi. Incidenti in Germania nei quartieri turchi, quindi pronostico
d’obbligo a favore dei bianchi di Joachim Loew, che aveva preso il
posto sulla panchina tedesca di Jurgen Klinsmann, lo sconfitto di
Dortmund. Visti i precedenti (sempre arrivata in fondo o quasi dal 1966 in
poi), era d’obbligo pronosticare Germania.
Ma la Spagna aveva finalmente trovato la sua generazione di fenomeni.
Dopo tanti anni di corse a vuoto, di delusioni e lacrime per i suoi tifosi, era
venuto il momento per loro di cantare di nuovo Que Viva Espana,
come in quel lontano giorno del 1964.
Non c’era ancora il Polpo Paul a fare pronostici. Ma
il 29 giugno 2008 all’Ernst Happel Stadion di Vienna, lo stadio del Prater reintitolato
in onore della vecchia gloria locale appena scomparsa, la Spagna non aveva
bisogno di pronostici. Fernando Torres al ’33 indirizzò verso
Madrid una partita che la Spagna giocò meglio, fornendo un antipasto di quello
che avrebbe servito al mondo negli anni successivi.
La Spagna in festa a Vienna |
La festa spagnola nello stadio austriaco fu coinvolgente. Nessuno
poteva immaginare che si sarebbe ripetuta spesso. Anche la gioia di Re Juan
Carlos fu coinvolgente, ed il sovrano non poteva immaginare che quella
Coppa Delaunay sarebbe tornata nelle sue mani anche in futuro, inframmezzata da
un trofeo ancora più prestigioso: la Coppa del Mondo.
Il Cup Winner Fernando Torres |
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