E adesso tutti su Wikipedia a vedere chi è Paolo
Gentiloni. Pronti a leggere la biografia del nulla. Del resto,
chi erano Mario Monti, Enrico Letta e Matteo
Renzi prima di ricevere la fatal chiamata dal Colle? Il nulla appunto.
Che un bel giorno il Sistema ha elevato a se stesso.
C’era un motivo se Giorgio Napolitano insisté tanto
sul nome di Sergio Mattarella come suo successore, e se Matteo
Renzi si dette tanto da fare per farlo eleggere, in un Parlamento già allora
riottoso. Non era il cursus honorum dell’uomo (peraltro da
sempre discutibile e discusso) a raccomandarlo, quanto la sua fedeltà al
sistema. Che era stato determinante a perpetuare in passato (ricordate il Mattarellum,
in barba al referendum sul maggioritario ed
al popolo sovrano che l’aveva approvato?), e che sarebbe – se ci fosse stato
bisogno – stato pronto a perpetuare di nuovo. Come uno di quei seguaci di Baden
Powell tanto cari al presidente del consiglio uscente. Estote
parati.
Il giorno è venuto, e dopo la consueta promenade di
consultazioni più o meno inutili, Sergio Mattarella – presidente pro-tempore,
grazie a Dio, di questa disgraziata Repubblica – ha chiamato al Colle il
quarto nulla, Paolo Gentiloni, per conferirgli l’incarico del
quarto governo istituzionale consecutivo. Nel senso che per la
quarta volta, le Istituzioni hanno fatto come pareva loro. Con buona pace del
popolo sovrano, che neanche una settimana fa si era illuso di aver ritrovato
giustappunto la sua sovranità.
Dice: ma se volevi una Costituzione diversa da quella
che c’è, perché non hai votato quella di Renzi? Perché, caro amico immaginario,
nel novero degli universi paralleli dev’essercene un terzo, oltre a quello di
una Carta che ha sempre avuto un solo difetto (giustificabile
nel 1947, un po’ meno negli anni più recenti): quello di favorire le manovre
della Casta rispetto alle scelte del popolo; ed a quello
proposto da Renzi, che avrebbe eliminato definitivamente il popolo lasciando
soltanto la Casta, una bella semplificazione.
La Casta il potere non lo molla, popolo o non popolo.
Nella storia, le Caste il potere non lo mollano mai, volontariamente. Sono i
popoli che devono insegnare loro, con le buone ma più spesso
fatalmente con le cattive, a mollarlo quand’è il momento. Il
nostro, di popoli, ha fatto un bel passo in avanti domenica scorsa. Ma la Casta
gli ha subito ricordato che ne deve fare ancora chissà quanti altri, prima di
spuntarla. Ammesso che succeda.
E così, Paolo Gentiloni. Recita Wikipedia: discendente
della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, nientemeno. Imparentato con
quell'Ottorino Gentiloni che si fece promotore circa un secolo fa
di un celebre ed omonimo Patto grazie a cui i cattolici
entrarono nella vita politica italiana (ché prima ne erano esclusi a pena di
scomunica dai tempi di Pio IX), ed ancora siamo a domandarci se fu
un bene o un male, viste le conseguenze a lungo termine.
Ma soprattutto, come tanti rampolli della nobiltà e dell’alta
borghesia, membro militante della sinistra extraparlamentare negli anni della
contestazione, assieme ad altri fuoriclasse del ramo come Chicco Testa ed Ermete
Realacci. Poi autore di una marcia più lunga di quella di Mao,
verso la Margherita e poi verso la casa comune finale
di tutti i peccatorum del rifugium, il Partito
Democratico che non farà mai abbastanza danni a questo paese.
Dceva Winston Churchill, chi non è stato di
sinistra da giovane non aveva cuore, chi non è di destra da vecchio non ha
cervello. A tutto c’è un limite, è c’è da giurare che il grande statista
inglese lo ponesse ben prima di Gentiloni e della sua congrega. C’è anche da
giurare altresì che nemmeno per lui Pierpaolo Pasolini avrebbe
modificato il proprio giudizio, a proposito di proletari veri e figli di papà. Al
giudizio di Iosif Vissarionovič Džugašvili detto Stalin a
proposito di simili figure evitiamo di far riferimento, per non incorrere in
querele.
Ministro degli Esteri del precedente governo, si è distinto per
l’assoluta assenza di presenza e di iniziativa. Acquiescente al Premier,
acquiescente alla Unione Europea, acquiescente a tutto (sarà per
questo che il suo nome si è imposto così prepotentemente all’altro acquiescente
per antonomasia che risiede al Colle?). Verrebbe da ascrivergli
almeno un merito, quello di aver condotto a soluzione la vicenda dei Marò detenuti
illegalmente in India. Se non sapessimo che detta conclusione è
frutto soltanto del gran lavoro della nostra diplomazia condotto attraverso – e
malgrado - ben tre governi, ognuno dei quali era pronto a prendersene il
merito. E’ toccato a Gentiloni, ed al ragazzo fortunato che
fino a una settimana fa era Matteo Renzi.
A quest’uomo è chiesto adesso di portare a termine una missione più
delicata ancora di quella a cui assolse brillantemente – dal suo punto di vista
– il suo mentore Mattarella più di 20 anni fa. Vanificare una
precisa espressione della volontà popolare. Mentre la Consulta deciderà
con tutto comodo a proposito dell’Italicum, mentre qualcuno - sempre dei
paraggi governativi - consegna alla storia la dichiarazione I
governi non sono come lo yogurth, non hanno scadenza, a Gentiloni l’ardua
sentenza. Far sì che di tutto quanto in ballo, ai posteri non arrivi nulla.
Di questo passo e con questa gente, viene da pensare sicuramente che è
difficile arrivi una nazione italiana, ai posteri.
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