FIRENZE - "È lei che ha fatto questo orrore?"
chiese l'ambasciatore tedesco Otto Abetz. "No, è opera vostra"
rispose Picasso. La scena era quella dell’Esposizione Mondiale di Parigi del
1937, per la precisione il padiglione spagnolo dove il grande pittore esponeva
quella che era destinata a diventare probabilmente la sua opera più celebre.
Picasso era nato nel 1881 e si
era trasferito a vivere nella capitale francese fin dal 1900. All’epoca dell’Expo era già famoso per essere il più
grande pittore iberico e uno dei più grandi in assoluto della sua epoca, se non
di sempre. Il governo repubblicano spagnolo gli chiese espressamente di
decorare il suo padiglione parigino con un quadro che lui aveva dipinto in soli
due mesi, sull’onda dell’emozione suscitata da un grave fatto di guerra
successo nella sua patria.
Il 26 aprile 1937 la città di
Guernica, nei Paesi Baschi spagnoli (Gernika
Lumo è il nome originario in lingua basca) fu praticamente rasa al suolo
dal bombardamento a tappeto condotto dagli aerei della cosiddetta Legione Condor, un distaccamento della Luftwaffe
che Hitler aveva mandato in supporto dell’esercito golpista di Franco, che da
un anno si era sollevato contro il legittimo governo repubblicano nelle mani
del Fronte Popolare social-comunista vincitore alle elezioni del 1936.
La Condor era stata costituita ed inviata in Spagna espressamente per
l’occasione. Con essa il dittatore nazista, a cui un Mussolini già formalmente suo
alleato nel Patto Tripartito aveva affiancato apparecchi dell’Aviazione
Legionaria Fascista d’Italia, aveva inteso cogliere al volo l’occasione irripetibile
di “testare” sul campo di battaglia le tattiche ed il potenziale bellico della
forza aerea germanica, in vista di un futuro non lontano conflitto generale.
L’esperimento, dal punto di vista
tedesco, fu un successo totale. La città santa dei Baschi andò molto vicina ad
essere cancellata dalla carta geografica. L’episodio destò scalpore e
preoccupazione nell’opinione pubblica di tutto il mondo, perché dimostrò –
almeno a chi aveva occhi e orecchie attente – le vere intenzioni della Germania
nazista e la potenza devastante che essa era in grado di dispiegare sul piano
militare, nonché la sua totale assenza di scrupoli nell’usarla. Fu anche il
segnale più eclatante delle mutate sorti della guerra civile spagnola, poiché a
partire dalla primavera di quel 1937 le truppe insurrezionaliste di Franco
avrebbero preso lentamente ma inesorabilmente il sopravvento sui legittimisti.
Pablo Picasso era stato
fortemente colpito dal bombardamento e dai suoi effetti, nonché dalla sorte
della democrazia e della libertà nel suo paese. Il quadro fu terminato a tempo
di record e – in ossequio alla volontà del governo repubblicano di Madrid dalla
cui parte il pittore era chiaramente schierato – offerto al mondo in occasione
dell’esposizione. Al termine della quale, secondo gli accordi, il dipinto
doveva andare in Spagna. Ma Picasso, resosi conto che il governo frontista
aveva i giorni contati, negò il suo assenso all’ultimo momento. Il quadro finì
al Museum of Modern Arts di New York,
dove rimase fino al 1981.
All’epoca in cui Guernica lasciò il MOMA per arrivare finalmente nella sua patria ideale, Pablo Picasso
era morto da otto anni, Francisco Franco da sei, e da quattro anni Re Juan
Carlos di Borbone aveva assunto la corona spagnola ristabilendo democrazia e
libertà nella penisola iberica. Da allora il quadro si trova al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia
di Madrid.
L’orrore a cui si riferiva l’ambasciatore
nazista Abetz era quello del cubismo
di Picasso applicato ad una rappresentazione allegorica e volutamente deformata
del presepio. La madre stravolta con il neonato in braccio è contornata da un
toro e da un cavallo, in luogo dei tradizionali bue ed asinello. Il toro
rappresenta la brutalità, l’oscurità calante sulla Spagna ad opera delle armate
delle tenebre scatenate dai dittatori trionfanti, l’orrore a cui invece si era
riferito Picasso. Il cavallo, agonizzante al suolo, è il popolo spagnolo messo
in ginocchio dalla devastazione causata da una guerra senza quartiere. Come
tutte le guerre, pensava l’autore, ma in questo caso anche di più.
Picasso rimase coraggiosamente nella
Parigi occupata dai nazisti per tutta la durata della guerra mondiale, ma
ovviamente non poté fare ritorno nel suo paese per tutta la sua vita, perché il
franchismo gli sopravvisse di due anni. La sua opera immortale invece gli
sopravvive per l’eternità.
Nel corridoio che si trova
davanti alla sala del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. a New York si trova
un arazzo che riproduce fedelmente il suo quadro più famoso. Guernica viene inquadrata alle spalle
dei relatori ogni qual volta escono a fare dichiarazioni per la stampa. Unica
eccezione, la votazione in occasione dell’intervento in Iraq nel 1991. All’atto
di scatenare una guerra che metteva in campo la più ingente coalizione dai
tempi della Seconda Guerra Mondiale non parve opportuno al Consiglio di
Sicurezza che l’opera che incarna da 80 anni il simbolo del pacifismo facesse
da sfondo all’avvio di Desert Storm.
E l’arazzo fu coperto opportunamente con un panno blu.
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