La notizia del giorno è che Paulo
Sousa ha sconfitto anche la Befana. La vecchina che porta doni e/o carbone era
tradizionalmente uno degli avversari più temibili della Fiorentina, alla quale
spesso e volentieri in epoca recente è andato di traverso il panettone
natalizio al ritorno sui campi di gioco.
In sede di presentazione
dell’impegno da cui era attesa la banda viola in questa diciottesima giornata,
la prima del 2016 e l’ennesima ormai in veste di squadra virtualmente in lotta
per lo scudetto, avevamo presentato il Palermo come il cliente più scomodo tra
quelli posti di fronte alle varie pretendenti al titolo. Malgrado il trend
positivo degli ultimi anni al Barbera, tornare via dalla Sicilia ancora una
volta con un risultato pieno non pareva cosa facile. E poi c’era di mezzo lei,
la temibile Befana. O per meglio dire l’Epifania, quella che tutte le feste le
porta via. E spesso anche i sogni.
Avevamo lasciato i nostri eroi ad
un punto dalla vetta della classifica della serie A, dopo diciassette turni
giocati bene come nessun altro e qualche sconfitta di troppo, maturata sì per “episodi”
e contro “pari grado” ma che proprio in virtù di quei ricorrenti episodi
lasciava qualche dubbio sulla tenuta psicofisica della squadra allenata da
Paulo Sousa. Nello scambiarci gli auguri di buone feste ci eravamo anche detti
che nei giorni in cui la palla non avrebbe rimbalzato sull’erba, essa sarebbe doverosamente
passata alla società, intesa come staff di addetti al mercato. La splendida
coperta viola sembrava corta più che mai, e lo stesso mister che aveva piacevolmente
sorpreso in quanto a chiarezza di idee e capacità di trasmettere il proprio
carattere a giocatori abituati da tre anni ad altra personalità ed altri schemi
sembrava egli stesso in difficoltà in quanto a gestione di questa coperta. Da
cui non si era fatto scrupolo tra l’altro di tagliare via una bella fetta di
scampoli per un motivo o per l’altro ritenuti non all’altezza della trama
complessiva.
Palermo-Fiorentina non scoglie
tutti i nodi bene o male venuti al pettine viola nell’ultima fase del 2015, ma
consente un ottimo avvio di 2016, a prescindere da cosa farà l’A.C.F. al
calciomercato appena iniziato e che si protrarrà fino alla fine del corrente
mese. Qualunque cosa sia destinato a trovare Paulo Sousa nella calza della
Befana che tardivamente gli verrà aperta il 31, egli sa che deve partire a
razzo con quello che ha in mano. I suoi undici fedelissimi, a cui come a tutto
il resto della squadra ha concesso ferie ridotte e che evidentemente ha saputo
tenere sulla corda – psicologicamente e fisicamente parlando – in senso
decisamente positivo.
La Fiorentina aggredisce il
Palermo come ha fatto più o meno con tutti quest’anno, grandi e piccini. Difesa
a tre con recupero di Roncaglia a fianco di Gonzalo e Astori, con Alonso
(fresco di rinnovo) e Bernardeschi sulle fasce a tenere il baricentro della
squadra più alto possibile. Borja, Badelj e Vecino sono quelli che ci
ricordavamo là in mezzo. Davanti, per un Kalinic che non sembra ritornato
ancora quello migliore, c’è un Ilicic che meglio di così non si può. Il Palermo
dimostra subito di essere tutt’altro che lo spauracchio paventato, la
Fiorentina di essere per una volta passata indenne attraverso la lunga sosta
natalizia.
Dopo dieci minuti, Kalinic ha già
mangiato un gol grosso come una casa. Dopo altri tre, Ilicic va via al
marcatore con una giocata degna di Roberto Baggio e si presenta davanti a
Sorrentino spostato sulla destra con uno spazio di tiro in porta così ridotto
che metterebbe in difficoltà una sarta provetta. Per di più, la palla è sul piede
meno benedetto, il destro. Ma alla sarta slovena il ricamo riesce alla
perfezione. Partita in discesa, ottimo inizio per i viola e per i loro
aficionados. Come si dice, buona fine e buon principio, meglio di così….
Come già il Chievo, il Palermo
sembra una squadra che ti può dare filo da torcere per segnargli il primo gol,
ma una volta che l’ha preso difficilmente te lo rifa. La truppa agli ordini di
Ballardini non è un granché, ma insomma giocando davanti al proprio pubblico
qualcosa di più e di meglio lo potrebbe combinare. Invece lo score del primo
tempo rosanero è una fila di zeri. Merito anche di una Fiorentina che gioca la
partita perfetta.
Al 42’ Kalinic recupera una delle
tante palle controllate oggi non alla perfezione e serve divinamente al centro
un Ilicic solo soletto al limite dell’area. Se lo sloveno ha il tempo di
aggiustarsi la palla sul sinistro e di pensare a cosa farne, da quella
posizione difficilmente perdona. Doppietta e commozione profonda per un
giocatore che in questo stadio ha giustamente lasciato un bel pezzo di cuore, e
che pur facendo il suo dovere di professionista fino in fondo signorilmente
limita la sua esultanza al rispetto per una maglia e per tifosi che fino a tre
anni fa erano i suoi.
Prima del riposo, c’è tempo
perché Borja Valero sciupi una prodezza alla Baggio (anche questa) servendo
tardivamente Kalinic che completa la sua scorpacciata di gol praticamente già
fatti. Dice, ma siamo sul due a zero, che vuoi che sia, e poi siamo in
controllo totale del match.
Una squadra che studia da grande
come la fiorentina deve imparare che i gol “già fatti” vanno fatti davvero,
sempre e comunque. Perché prima o poi servono. Nella ripresa, vuoi
l’impossibilità viola di mantenere il ritmo del primo tempo a questo stadio
della preparazione, vuoi l’orgoglio (e la paura di Zamparini) che impone ai
rosanero di mettere in campo qualcosa che assomigli ad una reazione per quanto
tardiva, la musica sembra fin da subito diversa. Ed il 3-0 fallito pochi
istanti prima del riposo assume una connotazione un tantino diversa.
Bernardeschi e Alonso non tengono
più le fasce come nel primo tempo, ed anche in mezzo il trio di centrocampo non
appare più infallibile. Lasciata a se stessa, una difesa fino a quel momento
inoperosa comincia a mettere in risalto i consueti affanni, con Astori in
particolare che compie un paio di “roncagliate” (molto meglio il Facundo
propriamente detto, quest’oggi), una delle quali consente a Tatarusanu di
riprendere diversi dei punti persi durante l’autunno.
Sousa capisce che la squadra non
tiene più il campo come prima, subendo le ricorrenti folate palermitane.
Peccato che reagisca da allenatore nostrano vecchio stampo, togliendo
attaccanti e mettendo difensori. Prima esce Ilicic per il redivivo Kuba.
Volontà di non infierire sui suoi ex da parte dello sloveno, oppure affanno? Il
polacco comunque si sistema a destra e mostra di essere rientrato in squadra
con buona condizione e soprattutto buona testa.
Bernardeschi andrebbe al centro a
fare quello che sa fare meglio: il numero 10. Senonché appare un po’ in calo,
stremato dalle continue rincorse a Lazaar. La decisione del mister di toglierlo
a beneficio di Tomovic qualche perplessità per la verità la suscita. Fatto sta
che, ne sia consapevole Sousa o meno, da quel momento per la Fiorentina
ripassare la metà campo diventa ovviamente un problema non da poco.
Nel frattempo tra i rosanero è
entrato l’ex di turno, Alberto Gilardino. La Fiorentina resiste fino al 32’ a
negargli la soddisfazione che ha concesso a tutti i suoi ex, prima o dopo. Poi,
Morganella diventa incontenibile come Cristiano Ronaldo, Vazquez crossa come
David Beckam e Astori non salta sul Gila, che avendo spazio e tempo a pochi
passi dalla porta viola di testa non perdona. 2-1 e partita complicata assai,
perché ormai la Fiorentina tiene pochi palloni a centrocampo e non riparte più.
I minuti finali sono quelli già
sofferti tante volte, e se il Palermo avesse più consistenza in avanti anche il
risultato potrebbe diventare quello di altre volte. Al 45’, con quattro da recuperare,
Sousa leva l’ultimo attaccante, quel Kalinic che forse è meglio aspettare un
po’ prima di paragonare a Omar Gabriel Batistuta e che oggi ha dato vita ad una
prestazione difficilmente giudicabile come positiva, e mette dentro il vecchio
capitano Pasqual.
Si tratterebbe solo di far
passare i minuti calciando via i palloni, ma questa squadra ha un altro DNA.
Così, quando il pallone capita sulla tre quarti ad un esausto Borja Valero, lo
spagnolo per una volta e proprio nel momento più diffcile la gioca di prima sul
filo del fuorigioco lanciando a rete il più fresco e più lucido Kuba. Che
davanti a Sorrentino mantiene la giusta freddezza aspettando il momento di
metterlo a sedere e di piazzare la palla.
Finisce così, con la bella e
ancora un po’ corta coperta viola portata in trionfo dalla sparuta pattuglia di
tifosi viola spintasi fino in Sicilia per festeggiare degnamente l’anno nuovo.
Mentre scriviamo, Napoli ed Inter hanno ancora da giocare. Ma una Fiorentina a
38 punti è difficile non celebrarla. E non viene certo voglia di criticarla per
quei difetti che ancora emergono, complicandole la vita.
La vita in viola continua ad
essere bella. La palla è tornata a rimbalzare sull’erba verde dopo la lunga (e
per una volta benigna) sosta. Mentre i giocatori vanno al meritato riposo, la
società però continui a palleggiare. Presto arriverà un avversario ben più
temibile della Befana. Si chiama stanchezza. L’abbiamo già intravista, essa
corre accanto ai nostri ragazzi.
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